Lailah Gazt…
Ci sono diverse menzioni di alcune allergie e del braccio che mi sono rotto da bambino, continuo a leggere di seguito finché non arrivo dove volevo andare.
Becchi ossei multipli, compreso il braccio sinistro e due costole; diversi strappi muscolari e grave ictus da un grave colpo al cranio causato da un oggetto sconosciuto ...
Deglutisco forte. Mi è davvero successo tutto questo? Non so se voglio continuare a leggere.
...causato da un incidente stradale, insieme ad altri due soggetti, che ha provocato un coma di tre mesi.
Sbatto le palpebre più volte e controllo se l'ho letto correttamente o se ho la cronologia sbagliata. Ma vedo che sono io.
Sono in coma da tre mesi.
Chiudo tutte le schede, spengo la luce ed esco dall'archivio, chiudendo a chiave la porta. Torno da dove sono venuto e una volta alla reception vado a parlare con la donna.
-Scusa- La mia voce lo fa rabbrividire- Non ha un calendario da queste parti?
Mi guarda con la faccia di pochi amici, sicuramente si starà chiedendo perché ho bisogno di un calendario a quest'ora del mattino. Mentre lo cerca, lascia le chiavi degli archivi dietro un vaso di fiori sul bancone e senza dire niente me lo porge. Guardo la data che indica.
3 settembre.
Le lacrime minacciano di uscire ma le trattengo. Quindi torno a tre mesi prima, l'incidente deve essere stato a giugno. Ricordo poco a poco e giorno per giorno i miei ultimi giorni al liceo. Finché non trovo la chiave. Le lacrime minacciano di uscire ma le trattengo. Quindi torno a tre mesi prima, l'incidente deve essere stato a giugno. Ricordo a poco a poco e giorno per giorno i miei ultimi giorni in istituto. Finché non trovo la chiave.
Il ballo di fine anno.
-Tutto bene caro? -mi chiede la signora dal bancone, devo avere un aspetto orribile perché mi guardi con quella faccia di compassione.
Scuoto la testa.
-Posso fare una chiamata, per favore? - Annuisce e mi porge il telefono fisso dell'ospedale. Faccio il numero di cellulare di Alison, ma non risponde nessuno.
Decido di non chiamare più per non svegliarla, è sempre di cattivo umore quando qualcuno la sveglia. Quindi decido di chiamare Jason. Aspetto qualche secondo finché non risponde il quinto squillo, confuso.
-Chi mi chiama a quest'ora? - chiede con tono seccato.
-Jason, sono io Lailah.
Non si sente nulla sull'altra linea.
-È uno scherzo del cazzo? Perché non è fottutamente divertente- dice quasi offeso.
-Non è uno scherzo, ti chiamo dall'ospedale. -Pochi secondi dopo, gli risponde, rilasciando un grande sospiro.
-Oh mio Dio, Lailah. Vedo sollievo nella sua voce, forse un po' di incredulità. - Sei davvero tu?
Rido del suo stupore.
-Sì, mi sono svegliato ieri ma nessuno vuole dirmi niente.- spiego. Sento sul collo lo sguardo della signora al bancone.
-Ci vado subito. In che stanza sei?
I visitatori sono vietati di notte, quindi Jason potrebbe arrampicarsi nello stesso punto in cui suppongo si sia arrampicato il ragazzo che era saltato fuori dalla finestra della mia stanza pochi istanti prima. Perché non riesco a spiegarmi in altro modo che sia entrato se non così, visto che essendo al secondo piano neanche lui è molto alto.
Ma ovviamente non posso dirti tutto questo davanti alla signora, quindi uso un gioco che usavamo da bambini per parlare in codice.
-Jason, i piccoli utensili imbevuti di salsa estrema hanno ottime recensioni ma li adoro davvero. Secondo per il ragno, non ha amici. Duecentoundici.
La signora al bancone mi guarda come se fosse impazzita, le offro un sorriso e le passo il telefono ringraziandola, per poi tornare con il contagocce in camera mia.
Ma quello che ho veramente detto a Jason è:
"Si può salire, secondo piano duecentoundici"
È un semplice gioco di parole in cui dici parole casuali e prendi solo le loro iniziali, ad eccezione dei numeri o dei nomi propri. Da bambini giocavamo qui in ospedale quando mia madre lavorava e non c'era nessuno che si prendesse cura di noi, quindi conoscevamo l'ospedale a memoria.
Aspetto circa mezz'ora dove ne approfitto per sgranchirmi braccia e gambe quando sento dei rumori. Guardo fuori dalla finestra e vedo i capelli castani della mia migliore amica che si arrampicano lungo il tubo.
-Oh, Romeo. -sussurro. Alza la testa e sorride.
-Oh, Giulietta. -Risponde guardandomi speranzoso.
Una volta di sopra, lo aiuto a passare dalla finestra. Sta di fronte a me, guardandomi negli occhi affascinato e con un alone di tristezza. Mi passa una mano sul viso e poi mi pizzica una guancia. Aggrotto la fronte, non capisco cosa stia facendo.
-Dimmi che non sto sognando- mormora. Alzo le braccia con cautela e le avvolgo intorno alle sue spalle, abbracciandolo.
-Non stai sognando- gli sussurro.
Noto come le sue braccia mi circondano e sospira. Quando ci separiamo, i suoi occhi sono bagnati.
-Ti ricordi? -Si riferisce all'incidente. Scuoto la testa. Ricordo qualcosa, ma sono ricordi sfocati.
-Mi sono svegliato ieri e non ho capito niente, poche ore fa sono andato nella stanza degli archivi e ho guardato nel mio file.
Due costole rotte e un braccio, lividi, lacrime, ictus e tre mesi di coma. Glielo recito come se l'avessi memorizzato- Cos'è successo, Jason?
I suoi occhi si bagnano. Una lacrima scivola lungo la sua guancia e la asciugo con il pollice.
-Era il giorno del ballo di fine anno. Eravamo tutti e tre in viaggio nella mia macchina, cantando una canzone a squarciagola, distratti, quando dietro l'angolo, un'auto proveniente dalla direzione opposta si è schiantata contro di noi. -Respira profondamente.- La mia macchina ha fatto un giro completo, il mio airbag è saltato e ha impedito che si accendesse ma ...
La sua voce e le sue mani tremano. Non mi piace dove sta andando tutto questo.
-Continua -la incoraggio. Anche se un groppo inizia a formarsi in gola.
-Ma non il tuo. Hai sbattuto la testa contro il vetro dell'auto e non ci vedevo più perché ho perso conoscenza, ma so che sei apparso fuori dall'auto.
Chiudo gli occhi e mi tornano in mente le immagini che ricordo di quel giorno. Ricordo già. Le lacrime iniziano a scendere sulle mie guance, così come Jason, facendo piangere entrambi.
-E Alison? - Chiedo, sperando che stia bene.
Jason non mi risponde, se ne sta lì, guardandomi negli occhi con aria colpevole.
No... no... Scuoto la testa. Togliendo da questo i pensieri che mi attraversano e che non portano nulla di buono.
-Cos'è successo ad Alison, Jason? -Ripeto ancora. Sento un singhiozzo dal suo fianco e si stropiccia gli occhi. Lui ancora non mi risponde e sento che dentro di me si rompe qualcosa, ho un grosso nodo in gola che non mi permette di ingoiare saliva e le gambe sono deboli.- No, vero?
Sa già cosa gli sto chiedendo e annuisce.
-No no no. Jason no, per favore. È impossibile, la mia migliore amica non può... Lei non può... - Non posso dirlo.
In questo momento voglio solo abbracciarla e che mi dica un'altra delle sue stupide frasi, che discuta con me di qualsiasi cosa stupida, o che mi costringa a truccarmi. Non mi interessa tutto, voglio solo vederla, voglio stare con lei.
-Non ha messo la cintura, non l'ha messa e... ha sparato - Aspetta qualche secondo. Il mio respiro a volte è debole. Mi sembra di non respirare. Un enorme segnale acustico inizia a risuonare nelle mie orecchie: è tutta colpa mia. Mi dispiace tanto.
Un vortice di oscurità offusca la mia vista mentre l'aria che dovrei inspirare si esaurisce.
-Jason. - È l'unica cosa che posso dire prima che le mie gambe cedano e cado a terra svenuto.