LA RAZZA DI MacCOY
Pyrenees coi fianchi metallici poco emergenti dall'acqua, per il suo pesante carico di grano, procedeva lentamente e facilitava l'operazione all'uomo che stava arrampicandosi sul ponte da una piccola canoa. Quando i suoi occhi raggiunsero il livello del parapetto, in modo da poter vedere sul ponte, gli sembrò di avere innanzi a sè una leggera quasi impercettibile nebbia. Era come illusione, come una scura membrana che gli fosse calata sugli occhi improvvisamente. Fece un movimento come per toglierla, e, nello stesso tempo, pensò che era invecchiato e che era ora di andare a S. Francisco a comperare un paio di occhiali.
Quando ebbe scavalcato il parapetto, gettò un'occhiata agli alti alberi e poi alle pompe. Erano ferme. Tutto era tranquillo sul grosso bastimento, e non poteva comprendere perché avessero alzato il segnale di pericolo. Pensò ai suoi fortunati isolani e sperò che a bordo non vi fossero malattie. Forse il bastimento aveva scarsità di acqua o di viveri.
Strinse la mano al capitano il cui viso scuro e gli occhi preoccupanti non nascondevano una disgrazia, qualunque essa fosse. Nello stesso tempo il nuovo venuto fu per svenire, per un odore indefinibile che lo colpì. Era simile a quello del pane bruciato, ma un po' diverso.
Si guardò intorno con curiosità. A venti piedi di distanza un marinaio dal viso stanco stava calafatando il ponte. Al momento che i suoi occhi si fermarono su di lui, vide uscire di sotto alle sue mani una sottile spirale di fumo, che si arricciava, si torceva e si disperdeva. Ora che aveva raggiunto il ponte, i suoi piedi nudi sentivano un calore intenso che penetrava rapidamente attraverso le callosità. Sapeva ora di qual natura fosse il guaio. I suoi occhi si portarono verso poppa, da dove tutta la ciurma dei marinai, dai visi sofferenti lo guardava ardentemente. Lo sguardo dei suoi occhi scuri si portò su di loro come una benedizione, carezzandoli e coprendoli come di un grande mantello di pace.
— Da quanto tempo c'è il fuoco, capitano? — chiese con una voce tanto gentile e calma che sembrava il tubare di una colomba. In principio il capitano provò un senso di pace, poi la sensazione di quello che aveva sofferto e di quello che soffriva l'abbattè, e ne provò risentimento. Per quale ragione quel cencioso cardatore indigeno, che indossava larghi calzoni da concimatore e una camicia di cotone, poteva emanare tanta pace e stenderla su di lui e sulla sua anima stanca? Il capitano non sapeva spiegarselo: il suo risentimento dipendeva da un inconscio processo di emozioni.
— Da quindici giorni — rispose brevemente. — Chi siete?
— Mi chiamo MacCoy — l'altro cominciò con un tono che dimostrava tenerezza e compassione.
— Siete forse pilota?
MacCoy passò la benedizione del suo sguardo sull'uomo alto, dalle larghe spalle, col viso pallido e selvaggio, che aveva raggiuto il capitano.
— Sono pilota come chiunque altro! — fu la risposta di MacCoy. — Qui, capitano, tutti siamo piloti, ed io conosco ogni pollice di queste acque.
Ma il capitano era impaziente.
— Ma io ho bisogno di parlare con qualcuna delle autorità. Ho bisogno di parlare con loro, e subito.
— Allora posso bastare io.
Ancora quell'insidioso invito di pace, mentre il bastimento, sotto i suoi piedi, non era che una fornace.
Gli sguardi del capitano mostravano maggior nervosità ed impazienza: egli stringeva il pugno, come se con esso volesse colpire.
— Chi diavolo siete voi? Venite dall'inferno?
— Sono il magistrato! — rispose con una voce che era la più dolce e soave possibile.
.L'uomo alto, dalle larghe spalle scoppiò in una risata in parte sincera ma molto nervosa. Egli e il capitano guardarono MacCoy con incredulità e meraviglia. Era una cosa inconcepibile che quel cardatore scalzo possedesse una così alta dignità. La sua camicia di cotone sbottonata lasciava vedere un petto grigio e mostrava che sotto era nudo. Un berretto cencioso gli copriva gli arruffati capelli grigi. Gli scendeva a metà del petto una incolta barba patriarcale. In una bottega di rigattiere lo si sarebbe potuto vestire tutto, come stava loro dinanzi, per due scellini.
— Vi è parentela fra voi e il capitano MacCoy del Bounty? — chiese il capitano.
— Era mio bisnonno.
— Oh! — pensò il capitano, e rimase pensieroso. Io mi chiamo Davenport e questo è il mio secondo, Mr. Konig.
Si strinsero la mano.
— Ed ora parliamo di affari — disse il capitano, rapidamente, come se una grande furia spingesse le parole fuori dalla sua bocca.
— Il fuoco è comiciato da più di due settimane. La nave sta per spaccarsi e perdere la scafo da un momento all'altro. Per questo io volevo andare a Pitcairn. Bisogna che io la porti verso terra per salvare il carico.
— Ma avete commesso un errore, capitano — disse MacCoy. — Avreste dovuto dirigervi a Mangareva. Là vi è una spiaggia buona, nella laguna, dove l'acqua è simile a quella di uno stagno.
— Ma siamo qui, non è vero? — chiese il secondo. — E al punto in cui siamo, dobbiamo pur fare qualche cosa.
MacCoy scosse il capo con bontà:
— Qui non potete far nulla: non c'è spiaggia, non vi è neppure ancoraggio.
— Salame! — disse il secondo. — Salame! — ripetè a voce più alta, tanto che il capitano gli fece cenno di parlare più a modo. — Non venite a raccontare a me queste frottole... Dove mettete i vostri battelli, il vostro schooner, o il vostro cutter, o quello che è? Eh? Rispondete!
MacCoy sorrise tanto gentilmente come parlava. Il suo sorriso era una carezza, un abbraccio che circondava lo stanco secondo e cercava di avvolgerlo nella calma della tranquilla anima di MacCoy.
— Non abbiamo schooner nè cutter — rispose. — E portiamo le nostre canoe sulla cima della scogliera.
— Dovete mostrarmi — sbuffò il secondo — come fate ad andare nelle altre isole? eh? Dite un po'!
— Non ci andiamo: lo faccio io qualche volta, come governatore di Pitcairn. Quando ero giovane, fui assente per molto tempo, alle volte su schooners mercantili, ma più spesso sul brigantino missionario. Ma ora questo se ne è andato e dobbiamo dipendere dai bastimenti di passaggio. Alle volte ne passano anche sei in un anno, mentre, altre volte, per un anno o anche più, non ne vediamo. Il vostro è il primo dopo sette mesi.
— E voi intendete farmi credere... — cominciò il secondo, ma il capitano Davenport intervenne.
— Basta con le chiacchiere: perdiamo del tempo. Che cosa dobbiamo fare, Mr. MacCoy?
II vecchio volse gli occhi, dolci come quelli di una donna, verso terra, e il capitano e il secondo seguirono il suo sguardo dalla roccia solitaria di Pitcairn alla ciurma che attendeva ansiosamente una decisione. MacCoy non aveva premura. Egli pensò con calma e lentamente, passo per passo, con la sicurezza mentale di chi non è mai annoiato o offeso dalla vita.
— Il vento — disse finalmente: — c'è una forte corrente che spinge verso ovest.
— È appunto per questo che siamo andati sottovento! — interruppe il capitano, volendo riabilitare la sua capacità di navigatore.
— Sì, ciò vi ha spinto sottovento! — rispose MacCoy. — Oggi non potete andare contro questa corrente, e, se anche lo faceste, qui non c'è spiaggia. Il vostro bastimento sarebbe completamente perduto.
Si interruppe, e il capitano e il secondo si guardarono disperatamente.
— Ma vi dirò ciò che potete fare. La brezza questa notte, a mezzanotte circa, si rinfrescherà. Vedete quella striscia di nuvole e quelle altre più dense contro vento, là, dietro a quel punto? Verrà di là, da sud-est, impetuosa. Siamo a trecento miglia da Mangareva. Approfittate di quella brezza.
II secondo scosse il capo.
— Andiamo in cabina, consulteremo la carta — disse il capitano.
MacCoy trovò nella cabina chiusa un'atmosfera soffocante, velenosa. Gli effluvi cattivi di un gas invisibile, colpirono i suoi occhi e provò un gran bruciore. Il ponte era sempre più caldo e insopportabile per i suoi piedi nudi. Il sudore scorreva dal suo corpo. Guardò, quasi con apprensione intorno a sù. Quel calore interno, infernale, era incredibile. Meravigliava il fatto che la cabina non fosse invasa dalle fiamme. MacCoy provava la sensazione di trovarsi in un immenso forno, nel quale la temperatura aumentasse di momento in momento, terribilmente, e gli pareva di raggrinzirsi a quel calore, coane un filo d'erba.
Quando sollevò un piede e ne sfregò la pianta scottante ai lunghi calzoni, il secondo scoppiò in una selvaggia e stridente risata.
— L'anticamera dell'inferno! — disse. — L'inferno stesso è lì sotto i vostri piedi.
— Scotta! — strillò involontariamente MacCoy, asciugandosi il viso con un fazzoletto a colori.
— Qui è Mangereva — disse il capitano, curvandosi sulla tavola e indicando un punto nero sul candore della carta; — e qui, a metà strada, vi è un'altra isola. Perché non ci dirigiamo qui?
MacCoy non guardava la carta.
— Quella è l'isola Crescent — rispose: — è inabitabile ed emerge soltanto due o tre piedi dall'acqua: ha una laguna, ma non vi è ingresso. No, Mangareva è l'isola più vicina che possa convenire per voi.
- Mangareva è qui — disse il capitano Davenport,
interrompendo le obbiezioni che il secondo stava per fare. — Chiamate la ciurma, Mr. Konig.
I marinai ubbidirono, e si trascinarono disordinatamente attraverso il ponte, cercando, con fatica, di fare in fretta. In ogni loro movimento era evidente che si sentivano sfiniti. Il cuoco uscì dalla sua galera per ascoltare, e il mozzo della cabina apparve vicino a lui.
Quando il capitano Davenport ebbe chiarita la situazione e comunicata la sua intenzione di far rotta per Mangareva, scoppiò un tumulto. In mezzo al confuso vocìo di parole e frasi e grida inarticolate, si udirono bestemmie e urli di rabbia.
Una voce squillante sorse e dominò il frastuono per un minuto, gridando:
— Accidenti! Dopo essere stati quindici giorni in questo inferno, vuole farci navigare ancora in questa fornace galleggiante?
Il capitano non riuscì a frenarli, ma la presenza di MacCoy sembrò calmarli: i brontolamenti e le bestemmie cessarono. Tutta la ciurma si sparpagliò qua e là guardando con ansia il capitano, dirigendo poi lo sguardo alle cime coperte di verde e alla bruna costa di Pitcairn.
La voce di MacCoy, lieve come un'auretta primaverile, disse:
— Capitano, mi è parso di sentire che alcuni di essi stanno per morire di fame.
— Già — fu la risposta. — Siamo giunti a questo punto. Negli ultimi due giorni abbiamo mangiato soltanto un biscotto e una cucchiaiata di salmone a testa. Siamo vuoti. Dovete sapere che quando abbiamo scoperto l'incendio cercammo immediatamente di soffocarlo. Poi ci accorgemmo di avere pochissimi viveri, ma era troppo tardi. Affamati? Lo sono io come loro.
Poi parlò ancora ai marinai, e di nuovo si elevarono il mormorio e le bestemmie, e le loro facce divennero convulse per una rabbia bestiale. Il secondo e un altro ufficiale si avvicinarono al capitano, standogli dietro, verso poppa. I loro visi erano rigidi e senza espressione; sembravano impressionati più per l'ammutinamento della ciurma che per tutto il resto.
Il capitano Davenport guardò interrogativamente il secondo, e questi alzò semplicemente le spalle, per dimostrare la sua impotenza.
— Vedete? — disse il capitano a MacCoy. — Non potete obbligare i marinai a lasciare una terra che è la salvezza per continuare a navigare sopra una nave che sta bruciando. Per più di due settimane, essa è stata la loro bara galleggiante. Vogliono lasciarla: sono affamati e ne hanno abbastanza. Ci dirigeremo a Pitcairn.
Ma il vento era leggero: lo scafo del Pyrenees era in cattive condizioni e non poteva opporsi alla forte corrente dell'ovest. Dopo due ore aveva perduto tre miglia.
I marinai lavoravano accanitamente, come se colla loro forza potessero spingere il Pyrenees contro gli elementi. Pure, regolarmente, da babordo a tribordo, andava sempre verso ovest.
Il capitano camminava continuamente su e giù arrestandosi soltanto per sorvegliare le vaganti spire di fumo e tenere loro dietro fino a quei punti del ponte da cui provenivano. Il carpentiere era occupato costantemente a individuare quei punti, e, quando vi riusciva, cercava di soffocarli.
— Bene. Che cosa pensate? — chiese finalmente il capitano a MacCoy che stava osservando il carpentiere con l'interesse e la curiosità di un bambino.
— Penso che è meglio andare verso Mangareva. Col vento che soffia, vi potrete arrivare domani mattina.
— Ma come si farà se scoppierà il fuoco. Ciò può accadere da un momento all'altro.
— Tenete pronti i battelli: la stessa brezza li porterà a Mangareva se la nave si spezzerà.
Il capitano Davenport rimase in dubbio per un momento, poi MacCoy udì delle parole che non avrebbe voluto udire, ma che si aspettava.