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1561 Words
Il dio si svegliò nel suo enorme letto avvolto nelle sue lenzuola di seta nera. Ricordava di essersi addormentato accarezzando i capelli infuocati della musa mentre cantava una dolce melodia in un linguaggio ferrico. Si mosse, aspettandosi di trovarla al suo fianco, proprio dove l'aveva lasciata prima di essere condotto da Morfeo. Ma era solo. Si alzò rapidamente dal letto, cercandola in tutto il tempio. Ogni secondo che non riusciva a trovarla, si arrabbiava sempre di più. Finì per distruggere la tavola insieme alla colazione e all'ambrosia che la musa gli aveva lasciato prima di partire. Accanto al bigliettino dove si diceva che era tornato con Apollo. Come osa? Come osa andarsene senza il suo permesso? Nel tempio di Apollo, tutte le muse erano uscite nei giardini. Daría era rimasta a riposare, non aveva dormito affatto perché stare vicino al dio della guerra la rendeva troppo nervosa. Le muse solevano dormire durante il giorno, preferivano ispirare durante la notte, quando il tempo è calmo e l'anima è irrequieta. Tuttavia, non aver dormito tutta la notte l'aveva logorata, forse era stata l'energia del dio, così brutale e... diversa dall'usanza di Apollo, che era dolce e pacifica. Si distese come un gatto sul divano con le gambe di grifone, cercando di dormire. Nonostante fosse venuta a "casa" ore prima, non riusciva a sentirsi tranquilla. Si alzò e bevve qualche sorso di vino. Metto da parte il bicchiere, sperando di ritrovarmi abbastanza rilassato da addormentarmi. Dopo qualche secondo a letto, si alzò di nuovo e bevve il vino in un sorso. Infastidito dal non poter riposare, butto a terra il bicchiere. Si sedette di nuovo sul letto determinata a dormire ma proprio non ci riusciva. Il volto pacifico del dio della guerra mentre dormiva raggiungeva i suoi pensieri, non importava quanto cercasse di allontanarlo. Era un tiranno, era il dio della guerra. Era un barbaro. Perché non riusciva a toglierselo dalla testa? Perché aveva deciso di parlargli della sua gente, di se stessa? Si morse le labbra mentre lui si chiedeva. Forse era stata così sola per così tanto tempo, aveva voluto così tanto parlare dei suoi, ricordarli, che era corsa a parlarne alla prima persona che glielo avesse chiesto. Si, deve essere così. Era disperata anche solo per dire alla sua famiglia che non si era fermata a pensare a chi lo stava dicendo. Sorrise al ricordo. Sembrava così interessato, persino rapito nel sentirla. L'aveva persino accarezzata mentre la ascoltava parlare mentre la ascoltava cantare le ninne nanne della sua gente. E lui le sorrise, così magnificamente che lei poteva vederlo solo in quello splendore dorato di un dio. E proprio per questo, era fuggita dal tempio di Ares non appena si era addormentato, aveva avuto paura del calore nel suo petto. Aveva avuto paura perché... perché si stava abituando alla vicinanza degli dei. Da quel dio. Cosa avrebbe detto sua madre quando l'avesse vista a letto con quel grande barbaro? Cosa le è successo? Aveva dimenticato chi erano e chi era lei. Era una fata, e loro, i barbari che massacravano la loro gente ogni volta che potevano. Tanto più lui, il dio della guerra. Ha distrutto tutto quello che ha toccato... non dovrebbe avvicinarsi a lui, non dovrebbe essere suo... Cosa? La sua amica? Era sicura che la guerra non avesse amici... era sicura che la cosa migliore che potesse fare era mantenere le distanze dagli dei come aveva fatto da quando era stata costretta a stare in quel posto. Si alzò dal divano spaventata, i pensieri annebbiati. Cos'è stato quel rumore? Corse nella sua stanza spaventata dai passi rumorosi che echeggiavano attraverso il tempio. Fu una fortuna che proprio oggi Helios avesse richiesto il suo carro e Apollo fosse nel tempio. - APOLLO! La chiamata fu udita fino all'ultimo angolo del tempio. Il dio Apollo uscì per incontrare l'esaltato nuovo arrivato. - Fratello, per favore abbassa la voce, sei in un luogo sacro. - Santo cielo, ora che sono arrivato. - sbuffò Ares. Apollo alzò il viso indignato. - Cosa vuoi? - La musa, se n'è andata, senza la mia autorizzazione. - ha negato il dio della guerra. Daría si coprì la bocca con le mani, lui era lì per lei. Ero arrabbiato con lei. - L'ha fatto con il mio permesso. - Rilasciato Apollo sfidandolo. Il dio della guerra riprese a brillare, il fumo nero cominciò a coprirlo. - Aveva l'ordine di tornare non appena stavi meglio. - Dov'è? - Dove devono essere tutte le mie muse. - fu l'unica cosa che il dio diede in risposta. Tra gli dei iniziò una guerra di sguardi, gli occhi di Ares iniziarono a diventare rossi e Apollo capì che sarebbe iniziata una battaglia. Daria corse davanti ad Apollo coprendolo con il suo corpo. Doveva molto ad Apollo, non avrebbe lasciato che la guerra lo massacrasse a causa sua. Quindi, vedendosi in quel casino, ha fatto l'unica cosa che odia fare, l'ultima cosa che lei avrebbe voluto fare... ha pregato. - Chiedo scusa... mio signore. Non avevo idea che avrebbe avuto bisogno di me stamattina. Per favore, non incolpare Apollo per colpa mia. Il bagliore malvagio svanì dal dio della guerra vedendola. La prese per un braccio e cominciò a camminare trascinandola fuori dal tempio. Apollo lo fermò bruscamente. - Non osare provare... - Mia madre ha dato l'ordine che la musa mi tratti. E così sarà fatto. - La voce di Ares sembrava provenire dall'Oltretomba stesso. Apollo rimase sbalordito. La dea Era lo odiava, odiava ogni bastardo di Zeus ma non era mai arrivata al punto di ferirlo. Tutti sapevano che le sue muse erano il suo cuore e con Zeus al suo fianco nessuno aveva mai osato toccarle. - Parlerò con mio padre Ares. - Minaccio lo schema di altre muse. - Parla quanto vuoi, intanto prendo la musa. Daría si voltò verso di lui terrorizzata. E Apollo con uno sguardo lo convinse che l'avrebbe riportata a casa presto. Il dio l'ha praticamente buttata nella carrozza. Non c'era nessun posto dove resistere e mentre per il dio era perfetto, per lei immenso. I destrieri erano contenti di vederla mentre nitrivano e si voltavano per cercare di vederla. Ares si scagliò contro di loro con la sua frusta e cominciarono a correre al galoppo. - Aspetta - lo sento ordinarle ma lei era così perplessa che cadde a faccia in giù nella parte anteriore dell'auto. Sentì il braccio di Ares intorno alla sua vita che la sollevava. - Ti ho detto di resistere. - le sussurro all'orecchio con la mascella serrata. - Non c'è da nessuna parte - rimprovera la musa. Sentì che stavano volando, la carrozza stava già andando così veloce che una caduta l'avrebbe uccisa. - Trova da dove - Gli ordino. Ho colpito più forte i cavalli e loro hanno accelerato ancora di più il ritmo. La musa urlò e abbracciò la vita del dio. Premette la guancia sul suo petto e si sentì più protetta di quanto non si fosse mai sentita prima, nemmeno nella foresta, nemmeno tra le braccia di sua madre. Dopo alcuni minuti in cui il suo cuore batteva al ritmo dei destrieri, la carrozza si fermò. Il dio non si mosse finché lei non lo lasciò un po' alla volta. Alzò lo sguardo, i suoi occhi dorati la osservavano dall'alto con un misto di furia e gloria. - Sei un barbaro! - gli gridò. Scese dal carro e si avvicinò ai destrieri, per fuggire da ciò che sentiva dentro. - Come osi ferirli in quel modo? I destrieri si avvicinarono felici alle sue braccia. - Non gli fa male, te l'ho già detto. - Questo è quello che pensi. I poveri non possono difendersi dalla tua tirannia. Si voltò a guardarlo infastidita e gli andò a sbattere contro il petto. Fece un passo indietro, inciampò nelle zampe degli animali e per poco non cadde. Di nuovo, sentì le forti braccia di Ares avvolgerle la vita. Il suo viso era così vicino a quello di lei che poteva sentire il suo respiro caldo e le sue labbra, che coloravano le sue, così dannatamente invitanti. - Perché vuoi Apollo-così? La fronte del dio si corrugò. E la musa ha colto l'occasione per liberarsi dalle sue braccia. - Sai che le muse sono la cosa più preziosa per lui... - Non sono venuto per te per disturbarlo. - Allora perché? - Sei partito senza la mia autorizzazione, non si ripeterà. Tutto in questo tempio mi appartiene, anche le persone che entrano. - La lasciò guardandola con gli occhi socchiusi. - Capisci? - Non. - Rilasciò la musa, incrociando le braccia. - Non? - Il suo tono era basso e cupo. - No, non appartengo a nessuno, tanto meno agli dei. Tanto meno un grande barbaro. - Ora sì. - Rilasciato Ares facendo un passo verso di lei. La musa non si mosse. - Non. - Ha rilasciato più che furioso. Il dio si accigliò di nuovo. - I tuoi capelli- prendo una delle sue ciocche rossastre- si alzano come il fuoco stesso. La guardò come se fosse una stella e sorrise compiaciuto. Si voltò e iniziò a camminare verso il tempio. Dopo pochi passi, si voltò verso di lei. - Camminerai o dovrò portarti dentro? La musa lo seguì infastidita, le braccia incrociate desiderando di poter rendere la sua vita infelice solo osando dire tali atrocità.
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