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1319 Words
La musa si è svegliata tra braccia enormi e forti. Si agitava, di solito non si svegliava con qualcun altro, si intrufolava quasi sempre nelle ombre della notte dopo essere stata tra le lenzuola di un amante. Le fate solevano non dormire vicino a nessuno. Più che altro per paura di essere catturata, nonostante fosse per lei consuetudine, era già in trappola. Il dio si svegliò quando sentì la donna che cercava di allontanarsi. - Stai ferma, musa. - Sussurro ancora assonnato. E come se la musa avesse seguito il suo ordine, rimase statica. Il dio sapeva che non era perché gli aveva obbedito, ma perché aveva finalmente capito cosa stava succedendo. Dopo un paio di secondi la musa saltò giù dal letto, il dio la guardò e si alzò anche lui. - Porta la colazione. - È stato rilasciato quando ha visto che la donna non sapeva cosa fare. La musa annuì e corse fuori di lì. Dopo pochi minuti tornò con un paio di fauni dietro di sé. Questo portò frutta, pane, formaggio, carne e vino. Sembrava più calma. I fauni deposero il cibo e lanciarono alla musa uno sguardo compassionevole. Ares li fissò. La musa preparò la tavola davanti allo sguardo del dio. Quando alla fine ebbe finito, alzò lo sguardo. - Siediti- le ordinò quando la vide in piedi ad aspettare che lui la lasciasse andare. La musa si sedette con riluttanza di fronte a lui e il dio le porse un bicchiere di vino e un piatto. La musa senza altra scelta iniziò a mangiare. - Dimmi, musa... Raccontami tuo passato. - parlare della sua vita con i Fae la faceva sorridere e rassicurare. Daría lo guardò con riluttanza, non voleva parlare, non voleva stargli vicino, voleva semplicemente scappare dal tempio del dio della guerra e non tornare più. Non avrebbe tradito il suo popolo per un... barbaro. - Sono... una Fae, tutto qui... - esclamò orgogliosa. Determinata a trattarlo come qualsiasi altro dio. - Non può essere tutto se ti manca così tanto la foresta, deve essercene di più. La musa annuì, ricordando la foresta, la sua amata terra e i suoi cari. Quanto gli mancavano i boschi, Eldrick, sua madre, i suoi giaguari... il guaritore Moh. La verità era che non aveva molti amici tra i Fae, ma quelli che aveva erano molto apprezzati da lei. Sicuramente avrebbero pensato che fosse già morta. - Sono la prima musa tra i Fae. - Ha rilasciato senza rendersene conto. Il dio la guardò e inarcò le sopracciglia. Si rese conto del suo dolore, questa volta non c'era malinconia come le altre volte che le aveva raccontato del suo passato, questa volta c'era dolore e rabbia. - Veramente? - La incoraggio a continuare. - L'unione di una fata e di un dio. Non sarebbe mai dovuto succedere e non accadrà mai più, sono una vergogna. - Ha rilasciato acido. Il dio si accigliò. Disonore? Lo credeva di se stessa? Le sue mani si strinsero al pensiero di chi glielo avrebbe fatto credere. - Le fae ci rinnegano eh. - Cerco di deviare l'argomento. Non lo stava guardando, stava guardando tristemente il bicchiere di vino di fronte a lei. - Sì. Io... non dovrei essere qui. - Ares sapeva che la musa stava per scoppiare, si avvicinò un po' a lei, pronto ad abbracciarla se da un momento all'altro la fata si fosse messa a piangere. - Di cosa stai parlando? - Non sapevo se intendesse, sull'Olimpo o, qui, con lui. La musa lo guardò e negò. Il suo sguardo si indurì di nuovo. - Quando sono nata, mia madre mi ha protetto contro tutto, era la sua piccola e fragile bastarda. Dato che sono per metà olimpionico, pensavano che sarei stato più debole e non mi avrebbero lasciato fare le cose che facevano gli altri ragazzi. Non passò molto tempo prima che scoprissi cosa ero, io sono. Mia madre è quasi morta di rabbia. Una musa, una dannata musa. Ares si infilò della carne in bocca e si costrinse a masticarla e ingoiarla. - Cosa è successo? - Beh, alla fine... lo accetto. Non aveva scelta, ispirare i mortali è ciò che mi rende felice. È quello che sono. Anche se ha cercato, con tutti i mezzi, di liberarsi di me... come se fosse... una qualche malattia. - Sei stata fortunata. Almeno alla fine... ha capito che questo sei chi sei. - Sì, mia madre è... una regina- Sorrise alla sua battuta e un bagliore argenteo la illuminò con un lampo. - Perché i brillantini? Voglio dire... tu risplendi... a volte. - Ares rilasciato. - Oh beh, è ​​solo che... essendo mezzo olimpionico... non sono abbastanza forte per brillare tutto il tempo. Gli altri brillano sempre, io solo quando i miei sentimenti sono abbastanza forti. La musa ha bevuto il suo vino. Si versò un altro bicchiere e bevve anche quello, rilassandosi abbastanza da continuare a raccontare la sua vita con i Fae. - Come sei arrivata con i mortali? - chiese il dio. Aveva già finito la frutta ed era la seconda bottiglia di vino che aveva aperto. - All'improvviso... ho bisogno di più. Li osservavo e questo era abbastanza per dargli la mia ispirazione, ma un giorno... ho deciso che... ne volevo uno, solo uno per ispirarlo giorno e notte. Ares sorrise. Immagino che questo debba essere molto intimo, la musa e il suo mortale. Giorno, notte, creando legami indissolubili, pensando come te stesso. - E...? Chi hai scelto? - Era... era una ragazza, una ragazza greca. La furia è scomparsa. Una ragazza, una donna. Non Achille come aveva supposto all'inizio. Il dio vide la paura nello sguardo della musa. Si rese conto che la sua aura rossa stava lampeggiando mentre la immaginava così intimamente con il guerriero. - E bene? - Cerco di far finta che non sia successo niente. - Adesso dovrei andare ... - Te ne andrai quando te lo mando. - Ha rilasciato più forte di quanto intendesse. La musa si alzò e versò altro vino, lo bevve d'un sorso e ripeté il procedimento. - Quanto tempo mi tieni qui? Ho bisogno di ispirare. Non lo faccio da due notti. Anche Ares si alzò. Era per questo che eri ansioso di andare? Non voleva Apollo, voleva ispirare i mortali. Sentì una sensazione di calore espandersi nel suo petto. Dopotutto, la notte prima lo aveva baciato, baciato con passione e ansia. Forse aveva solo bisogno di tempo per raccogliere i suoi pensieri. E in effetti, era nelle stesse condizioni. - Beh, ti porterò al tempio di Apollo, ispirerai e torneremo ... - No, non è qui adesso, non posso ispirare senza di lui. - Perchè no? - La furia è tornata. Perché avrebbe bisogno di Apollo? Era solo il loro... capo, come lui prima del suo esercito, se mancava i suoi guerrieri potevano anche combattere senza di lui. Perché le muse avevano bisogno di Apollo? Perché ne aveva bisogno? Come se avesse letto i suoi pensieri, la musa rispose. - È l'energia di Apollo che mi aiuta alla mia ispirazione a raggiungere i mortali. Il dio si accigliò di nuovo. - Allora andremo di notte. La musa si abbracciò. E il dio si sentiva a disagio. Perché non voleva stargli vicino? - Dimmi di più sui Fae. - Perché vuoi sapere di loro? - Improvvisamente la musa spalancò gli occhi. - Hai intenzione di iniziare una guerra contro di loro? Il dio si accigliò. - No, no, è solo che... sembri felice quando parli di loro. - E perché ti interessa la mia felicità? Il dio si voltò. Per quella domanda, non aveva risposta. Sapeva solo che stare al suo fianco sembrava... come l'inizio di una battaglia. Era come rotolare giù per una collina abbastanza ripida, il suo cuore batteva forte e poi si fermava a lungo. Era... fastidioso, era un fastidio che non voleva smettere di provare.
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