La musa lo combatté all'inizio, ma il dio aveva i polsi intrappolati sopra la sua testa. La musa era completamente indifesa e immobile con il corpo pesante del dio su di lei.
La lingua del dio entrò nella sua bocca come un serpente di fuoco ardente, ansioso e curioso. Scoprì, torturò e venerò ogni centimetro della sua bocca come se fosse un nuovo impero conquistato. Ed era esattamente quello che sentiva il dio, dentro di lui, il sangue scorreva come lava nelle sue vene. L'adrenalina, la felicità, la gloria di una guerra dalla quale è uscito vittorioso.
La sua testa era piena di nebbia, o era vapore? Forse poteva sentire il suo sangue ribollire.
Era grato che le sue mani fossero immobilizzate perché altrimenti si sarebbe aggrappato al collo del dio e non si sarebbe mai lasciato andare. Eppure le sue gambe si aggrapparono strettamente alla sua vita e tutto il suo corpo si avvicinò ancora di più a lui.
Non riusciva a pensare, aveva le vertigini, le sembrava di volare. Era ambrosia, una bevanda mortale per lei in un solo sorso, ma dalle labbra del dio funzionava come qualcosa di semplicemente più potente del vino.
Sentì le mani del dio che premevano le sue, i suoi denti che le mordevano le labbra e la sua lingua poi passarci sopra alleviando il dolore. La sua barba le solleticava e il suo corpo si strofinava contro il suo in un dolce ondeggiare.
Cercò di liberare le sue mani, non poteva resistere un altro secondo senza poterlo toccare, ma lui la strinse più forte. Tirò di nuovo e il dio la lasciò andare, forse rassegnato ad andarsene. Lascia le sue labbra ancora sulle sue, aspettando il rifiuto. Ma la musa affondò le dita nei capelli neri del dio e riprese a baciarlo.
L'estasi che il dio provava nell'essere accolto dalla musa era qualcosa che non riusciva nemmeno a spiegare. Niente, né vittoria, né gloria, erano paragonabili.
Con le mani ormai libere e sapendo di essere desiderato dalla musa. Iniziò ad accarezzare la sua pelle di seta, le sue gambe, agganciate alla sua vita, nude per l'apertura dell'abito ai lati, i suoi fianchi abbracciati dalle catene d'oro, il suo ventre con il tessuto dell'abito che si ostruiva fino a raggiungere la sua scollatura. Le accarezzò i seni sul tessuto sottile mentre si allontanava dalle sue labbra per scendere al collo, venerando ogni centimetro della pelle a portata di mano.
La porta fu sbattuta fuori dal felice transetto.
La musa allontanò le mani dal dio e lui ringhiò di rabbia. Si alzò pronto a uccidere chiunque fosse dall'altra parte della porta.
Aprendolo, i suoi occhi rossi e il fumo nero del suo essere già lampeggiante, non guardò nessuno tranne Era.
- Madre. - sbottò di nuovo tra sé e sé.
- Ares, dobbiamo parlare. Non è un brutto momento, vero?
Il dio si voltò verso la musa, che ancora non riusciva a riprendere fiato e la sua mascella serrò.
- No- si costrinse a mentire e lasciò la stanza chiudendosi la porta alle spalle. - Cosa vuoi mamma?
- Ares figlio... - rilasciò Era seduta su una sedia di velluto blu - Ho parlato con tuo padre oggi.
- O si? Di cosa ha bisogno questa volta il mio caro padre?
- Il bastardo è andato a lamentarsi che hai rubato una delle sue muse.
Lo sguardo di Era cadde su quello di suo figlio e vide un bagliore speciale. Una luminosità che non vedevo da tempo.
- Apolo ne ha molti. Non gli interessa che tenga questo.
- Lo so, ma tuo padre ha chiesto di vederti.
Ares era teso, odiava vedere suo padre. Era si alzò e gli accarezzò il viso.
- Ti accompagno. Non preoccuparti. Quel bastardo non ti passerà addosso.
Ares tornò nella stanza dove era rinchiusa la musa. Si alzò quando lo vide, era pallido e teso.
- Cosa sta succedendo?
- Devo far visita a mio padre- disse, togliendosi la veste e iniziando a indossare l'armatura. - Torno presto... Resta qui
La musa gli si avvicinò e gli prese il viso.
- Non hai un bell'aspetto.
- Odio presentarmi a lui, ok? - Si liberò seriamente come non l'aveva mai visto, sembrava persino spaventato.
- Come mai?
- Perché…- Ares posò le mani sulla musa ancora sul suo viso e chiuse gli occhi- È un accidenti.
Daría provò un immenso dolore per il dio. Sembrava un bambino spaventato. Lo abbracciò, il dio l'abbracciò e seppellì il viso nell'incavo del suo collo. Respiro il suo profumo e le bacio la fronte.
- Io tornerò presto. Resta qui... per favore.
Detto questo, lasciò la stanza verso il tempio più imponente di tutto l'Olimpo. Il tempio di Zeus.
XXX
Il dio è tornato quando è iniziata la notte. La musa aveva camminato disperata per il tempio per vari motivi. Uno, perché non era stata ispirata da diversi giorni, per lei era come una droga, aveva bisogno di respirare o il suo corpo cominciava a indebolirsi. Due, Ares. Il dio era stato molto nervoso prima di presentarsi a Zeus e Daria sapeva che suo padre era un maledetto. Perché l'avrebbe chiamato?
- Ares - Cammino verso di lui quando varco la porta.
Il dio non disse una parola, non rallentò nemmeno il passo, la prese per la vita e la portò a letto. La bacio e la carezzo pronta a finire quello che avevano iniziato.
- Aspetta... aspetta Ares. Cosa c'è che non va?
Non ottenne risposta, il dio continuò ad accarezzarla con la passione della sconfitta
- Ares. Per favore.
Il dio si allontanò un po', la musa poteva vedere il dolore nei suoi occhi.
- Cosa è successo? - chiese carezzandole teneramente le guance.
- Non capisco perché lo preferisci a me. Sono suo figlio legittimo. - Ha rilasciato frustrato.
Daria si accigliò.
Il dio seppellì di nuovo la testa sul suo collo mentre la stringeva possessivamente.
- Chi intendi?
- Apollo.
- Apollo? Quello che è successo?
- Cosa ha Apollo che tutti amano? È solo un piagnucolone viziato, non ha mai sofferto, non si è mai sentito senza speranza. Non ha mai fatto un vero sforzo, non ha mai donato il suo sangue per l'Olimpo. Io ho liberato il dio supremo, ho vinto una guerra dopo l'altra per lui, ho conquistato imperi in suo onore. Perché mi disprezzi ogni volta?
Daría sentì il dolore nelle parole di Ares e lo abbracciò più forte.
- Lo preferisci anche tu. - affermò il dio a bassa voce, quasi da bambino.
- No... no... è... è solo che... è lui che mi dà l'energia per ispirare i mortali
- Volevi tornare da lui dal momento in cui sei arrivato qui.
- No non è vero. Mi piace stare con te... ma...
- Ma?
- Io... non dovrei... io... dovrei odiare essere qui, dovrei... odiare tutti gli dei... non posso... amare nessuno di loro.
Ares annuì con la mascella serrata, comprendendo i sentimenti della musa.
- Pensi di tradire i tuoi se ti permetti di provare qualcosa per... qualche dio?
- Non mi perdonerebbero mai se...
- Ma tu non sei con loro, sei con noi.
La musa voltò il viso dall'altra parte.
- Ma tornerò, un giorno... riuscirò a scappare da qui e... tornerò nella mia foresta, con la mia.
- E no... ti mancherà, essere qui? Con... qualche dio particolare
Lei sorrise.
- Non. Sono solo barbari.
- Solo barbari? - La baciò ed entrambi per un momento dimenticarono chi erano, perché non potevano stare insieme e semplicemente si lasciarono essere un uomo e una donna che si volevano e si amavano anche.
- Comincio a piacermi stare qui. - La musa è stata rilasciata dopo pochi minuti e diversi baci.
- Ed è ora che dovrai andare. - Ares è stato rilasciato tristemente.
La musa lo guardò, c'era disperazione nel dio e capì che Zeus aveva dato un ordine.
- Apollo? - Ares annuì, la musa capì che quello non era un arrivederci, era un ultimo addio, Apollo non avrebbe permesso ad Ares di rivederla, mai più. - Mi dispiace... mi dispiace che... - Gli accarezzo le guance, le tempie, la barba e le labbra con la punta delle dita. - Non volevo questo... no... volevo lasciarti.
- Provalo. - Ares è stato rilasciato quasi per supplica.
Lo bacerei, con passione e tristezza. Dire addio e arrendersi al dio della guerra.