Capitolo 2
Mentre il gruppo avanzava verso la foresta, io tenni la fronte appoggiata alla spalla muscolosa di Arne. La sua pelle profumava di terra, con un pizzico di spezie. Alzai la testa per guardarlo negli occhi, incontrando i suoi, dorati. La Bestia era vicina alla superficie, e minacciava di liberarsi. Eppure era bellissimo, i suoi occhi dorati a risplendere nel buio della foresta.
«Qualcosa ti ha spaventato, al villaggio», disse dolcemente. «Stavi bene quando siamo arrivati.»
«È stato il calore del Sole» sussurrai, abbassando lo sguardo. «Il Sole, e tutte quelle persone.»
I suoi occhi scintillarono. «Non mentirmi… Eri spaventata. Riuscivo a sentirlo. Hai visto qualcosa al mercato che ti ha fatto paura.»
Prima di poter negare un’altra volta, lui chiamò Erik.
«Prendila tu», disse, spostandomi sulle braccia del guerriero tatuato prima di dirigersi di nuovo al mercato.
«Che sta facendo?»
«Sta andando a vedere cosa ti ha fatto paura.» Erik mi strinse più forte. «Non preoccuparti per lui, piccolina. Sa prendersi cura di se stesso.»
Mi morsi il labbro inferiore mentre le falciate sicure e profonde di Erik ci portavano più in fondo alla foresta. «Non c’è bisogno di tenermi… Posso camminare.»
«Lo so che puoi, piccola Fleur», mi rassicurò, eppure non mi lasciò andare.
Portai le braccia intorno alle sue spalle. Quella volta mi assicurai di non guardare il guerriero negli occhi. I lupi avevano delle regole rigide, che determinavano il posto di ognuno di loro all’interno del branco. Guardare un lupo più forte direttamente negli occhi era considerata una sfida per la supremazia, e poteva risultare in un combattimento, se non in una punizione di fronte a tutto il branco. E anche se io e le mie sorelle eravamo trattate con il massimo rispetto, considerate fondamentali e preziose, gli Alpha ci avevano avvertito che, fino a quando tutti i Berserker non sarebbero stati più stabili, la loro natura selvaggia—che loro chiamavano “Bestia” —addomesticata, quelle regole dovevano essere ancora applicate. Gli unici lupi che le mie sorelle potevano guardare direttamente negli occhi erano i loro compagni.
Dopo qualche minuto tra i sentieri della foresta, Erik si fece rigido, cambiando direzione. Dietro di noi, Muriel e il suo compagno non c’erano più.
«Dove stiamo andando?»
«Arne ha visto qualcosa che non gli è piaciuta, al mercato. Stiamo cambiando rotta.»
«Ma—» Qualsiasi cosa stessi dicendo per protestare mi morì in gola. Gli Alpha avevano sempre avvertito me e le mie sorelle dei pericoli cui andavamo incontro, a restare da sole con uno dei guerrieri, ma io ero indifesa contro di lui. Sarebbe stato meglio, per me, non andargli contro.
«Tua sorella è al sicuro con il suo compagno. Ci stiamo dividendo.»
Erik lasciò il sentiero e si diresse verso uno nascosto da alberi fitti, ritrovandosi ad abbassarsi contro alcuni rami più bassi, io stretta a lui.
«Non aver paura» disse, la voce calma come fossimo intenti a fare una passeggiata piacevole invece di scappare tra la foresta fitta da qualcosa intento a rincorrerci. «Qualsiasi cosa sia, Arne si assicurerà di fargli perdere le tue tracce. È il migliore in questo, nel branco. Ci mandano spesso in missione insieme.»
Invece di guardarlo direttamente negli occhi, poggiai lo sguardo sulle sue labbra piene e formose. «Sei il suo guerriero fratello?»
«Sì. Lui mi ha salvato la vita, ed io ho salvato la sua. Il nostro legame si è formato allora, ed è più forte di qualsiasi tipico legame fraterno.»
Io deglutii. Le mie sorelle mi avevano spiegato qualcosa sui legami—delle linee psichiche ed impossibili da vedere che legavano i membri del branco insieme. Con il tempo, la magia del branco aveva permesso ad alcuni di loro di farsi più vicini, di creare dei legami più forti tra di loro che prescindevano da quello del branco. Questo legame fraterno li aiutava a tenersi in vita a vicenda. Se la Bestia minacciava di sopraffare uno di loro, l’altro era in grado di tenerlo fuori dall’abisso il più possibile, di tenerlo a galla.
A meno che la Bestia non se li prendeva entrambi, portandoli alla follia prima di ucciderli.
«Calmati, tesoro. Non c’è niente da temere in questa foresta, a parte, forse, me.» Il sorriso che mi scoccò in quel momento rivelò i suoi denti bianchi e appuntiti.
Mi fece battere il cuore più forte, e in quel momento non riuscii a capire se fosse per la paura.
Un’ombra si fece largo oltre i rami.
Io mi strinsi forte al Norvegese. «Qualcosa ci sta seguendo.»
«È solo Gunnr.»
E mentre Erik mi rassicurava, il lupo uscì fuori dai cespugli e poi tornò dentro, non producendo alcun suono.
«Resta dietro per farci la guardia. Sei al sicuro, piccola Fleur. Te lo prometto.»
Io non dissi nulla. Un anno fa mi ero ritrovata a provare paura verso i Berserker più di quanta ne provassi con le mie visioni. Oggi, invece, non ne ero più così sicura. Le mie sorelle mi avevano detto che, per quanto le vedessi adesso innamorate dei loro compagni, all’inizio ne erano spaventate. Ovviamente, da quello che riuscivo a vedere, quando i Berserker decidevano di reclamare le loro compagne, loro non avevano voce in capitolo.
E adesso che le mie sorelle erano accoppiate, era arrivato il mio turno.
Quando raggiungemmo un boschetto illuminato dal Sole, i passi di Erik si fecero più lenti.
«Possiamo fermarci qui per riposare.»
Una figura alta uscì fuori da dietro un albero, ed io mi ritrovai a sussultare. Ma quando si fece avanti verso la luce, notai una piuma ferma dietro il suo orecchio, molto simile a quella che pendeva dall’altro in un orecchino.
«Arne», sospirai di sollievo. Sorridendo a trentadue denti, lui venne a sedersi accanto a me. I suoi denti bianchi brillavano contro la sua pelle bronzea.
«Ti sono mancato, piccolo fiore?»
Alzando la mano, catturai la piuma sul suo orecchio. Non avevo mai visto un disegno così affascinante.
«Tienila», mi disse.
«Dove sono gli altri?», chiese Erik.
«Quasi arrivati alla loro casa vicino alla montagna. Era come sospettavo: qualsiasi cosa fosse quella presenza oscura, non stava seguendo loro. Voleva Fleur.»
Gunnr ringhiò, e la voce di Erik si fece bassa e gutturale. «Che cosa era?»
Arne scrollò le spalle. «Non lo so… Chiedi a lei.»
«L’hai vista?», chiesi io.
«No. Si è nascosta in qualche modo da me. Ma l’ho sentita vicino al sentiero che stavamo prendendo. E poi ha continuato verso il mercato, come un vento maligno. Gli umani hanno evitato la sua strada.»
«Muriel l’ha visto… ai suoi occhi è apparso come un uomo anziano», dissi.
«E com’è apparso ai tuoi?»
Io descrissi l’Uomo Grigio, e aspettai—perché era ciò che succedeva sempre—che loro mi prendessero in giro, o sbuffassero. Invece si scambiarono occhiate preoccupate.
«Qualsiasi cosa sia, è potente», disse Arne. «Riuscivo a sentire quanto fosse malvagia.»
«Restiamo qui fino a quando non ci siamo assicurati che non ci stia seguendo. E poi torniamo a casa dal branco», decise Erik.
«Vado a mettere qualche protezione in giro» disse Arne, e Gunnr camminò insieme a lui lungo il perimetro.
Incrociai le braccia attorno alle mie gambe, sentendomi ancora un po’ priva di forze. Qualsiasi cosa fosse l’Uomo Grigio, Arne aveva ragione: voleva me. Sarei già stata tra le sue grinfie se non avessi avuto i Berserker a farmi da protezione. Quando in passato avevo visto gli Uomini Grigi, loro aveva continuato ad avvicinarsi sempre di più, guardando me e le mie sorelle, ma senza venirmi addosso. Se avessi saputo che quello di quel giorno stava per attaccare, sarei scappata. Se era me che voleva, significava che chiunque fosse con me si sarebbe trovato in pericolo.
Con la testa ancora intenta a scoppiare, mi asciugai il naso con il tessuto del mio vestito, sperando non ci fosse più sangue.
Erik si inginocchiò di fronte a me. «Faccio io», disse, prendendo il mio mento e alzando la mia testa per lavare il mio viso con un pezzo di stoffa bagnato. Il suo tocco era incredibilmente gentile, per essere un guerriero così forte.
«Grazie» dissi quando finì, sperando di vederlo allontanarsi. C’era qualcosa in quella sua vicinanza che mi faceva sentire le guance fin troppo calde.
I suoi tatuaggi si intrecciavano intorno ai muscoli forti delle sue braccia nude. Il suo farsetto di pelle gli fasciava il petto muscoloso. Era un Berserker, un guerriero potente e centenario. Veloce, brutale, mostruosamente forte, eppure bello e robusto come un uomo umano. Dal primo giorno in cui era entrato in casa mia e mi aveva portata via, era rimasto affascinato da me.
Il suo sguardo si fece più profondo mentre mi studiava, ed io studiavo lui.
«Quella cosa—quella che hai chiamato l’Uomo Grigio… ti ha fatto ammalare.»
«Sto spesso male. Non c’è nulla di nuovo.»
Lui continuò a studiarmi, inclinando la testa «E tu vuoi nascondere questa cosa.»
Io abbassai gli occhi. «Le mie sorelle sanno già quanto io sia debole. Loro hanno i loro compagni, adesso, ed io non voglio più farle preoccupare per me.» Strinsi le labbra. Non c’era bisogno che sapessero la verità; che avevo visto la mia stessa morte. In ogni caso, non avrei vissuto a lungo. Ero solo grata di essere riuscita a sopravvivere abbastanza da poterle vedere felici e sposate.
«Non ti prendi abbastanza cura di te», disse Erik, spingendo un pezzo di carne essiccata sulla mia mano. «Hai bisogno di mangiare, per rimetterti in forze.» Afferrando il mio polso, diresse con il suo tocco il pezzo di carne verso la mia bocca. E quando io non presi neanche un morso, lui fece un verso.
Aggrottai la fronte, sentendo il battito del mio cuore accelerare sotto la sua presa. «Hai il permesso di toccarmi?»
«A te piace», mi scoccò un sorrisetto lui.
Mi rifiutai di cadere nella sua trappola. «Gli Alpha ci hanno avvertito di non mostrare una preferenza verso un Berserker in particolare, perché renderebbe gli altri gelosi e creerebbe problemi. Se il branco scopre che abbiamo passato del tempo insieme da soli, si arrabbieranno con te.»
«Ti preoccupi per me, piccolina?»
«Non voglio essere la causa dei vostri problemi.» Presi un morso della carne che mi offriva, e lui lasciò andare il mio polso, restando comunque vicino a me.
«La tua mera presenza all’interno del branco è abbastanza per creare problemi. Ogni singolo guerriero senza una compagna vuole stare con te. Ma non devi preoccuparti, piccolina, io e i miei guerrieri fratelli sappiamo come difenderci dal resto del branco.» Mi toccò di nuovo il braccio, un ordine silenzioso per farmi continuare a mangiare.
«E sul nostro toccarti in questo momento, ti stiamo soltanto portando a casa sana, salva e senza fame. Non c’è nessuna colpa in questo. E poi, qui siamo soltanto noi tre, e noi abbiamo un legame fraterno. Condividiamo un legame, e in questo legame non siamo gelosi. Se appartenessi ad uno di noi, apparterresti a tutti noi.»
Io inghiottii il boccone, abbassando la voce. «Però non appartengo a nessuno di voi.»
Alla mia risposta lui si limitò a sorridere dolcemente, portando una ciocca dei miei capelli dietro l’orecchio. Il calore si fece immediatamente largo dentro di me quando le sue dita mi accarezzarono le tempie e le guance.
Portò un altro pezzo di carne vicino alle mie labbra. «Mangia, piccolo fiore.»
Il mio stomaco si strinse per la sua vicinanza e il suo tono fermo, ma riuscii a mangiare un altro po’.
«Ecco» disse Arne, sedendosi accanto a me e porgendomi il mio cibo preferito. «Dolci al miele.»
«Questi ti piacciono», sorrise Erik.
Io toccai un pezzo dei dolci. «Mi osservate», dissi.
«E tu osservi noi, se hai notato che ti guardiamo.» Arne mi scoccò un sorrisetto, portando una mano sulla sua testa rasata. Con quei suoi colori esotici e quegli occhi, era davvero bellissimo.
Mi ricordai troppo tardi di dover abbassare lo sguardo.
«Va tutto bene, piccola», disse Erik, il tono divertito. «Ci puoi guardare.»
«Pensavo che avrebbe fatto eccitare la Bestia. Non vi volevo tentare.»
«Troppo tardi», mormorò Arne.
Erik si fece più vicino. «Alla Bestia piacciono, le tue attenzioni.»