9. Aprii gli occhi e lo sentii dentro di me, di nuovo duro, di nuovo pronto. Avevo finito di mangiare e sebbene avessi ancora fame avevo pensieri ben più urgenti di cui occuparmi. Mi sfilai da sopra di lui e andai in bagno, lasciandolo lì, legato alla testiera del letto, debole per la perdita di sangue e con un’erezione da mandare giù in qualche modo. Mi feci una doccia alla mia velocità, infradiciando d’acqua tutto il bagno. Poi uscii e mi rinfilai il vestitino che avevo indossato quando fingevo di essere una lap-dancer, senza però rimettermi quelle ridicole calze autoreggenti. Cooper sbatté le palpebre, attonito per la mia velocità. «Quando...» disse, ma si fermò. Non intendeva irritarmi e aveva ancora un sacro terrore di me. «Ieri» risposi, tuttavia. «Non ci pensare. Non ti riguar