Capitolo Due
Hunter strattonò le catene che lo legavano al tavolo di metallo. La sua testa ricadde per la frustrazione contro la superficie dura. Lo avevano legato con diverse catene, dalle spalle fino ai piedi. Scosse la testa, cercando di levarsi il bavaglio dalla bocca, ma era inutile, perché esso era fermato dal nastro adesivo.
Serrò i pugni in preda alla collera al pensiero dell’inganno perpetrato dagli umani. Persino delle loro donne non c’era da fidarsi. Aveva sentito parlare dagli altri guerrieri di quanto fosse primitivo e ostile quel mondo. Imprecò contro l’istinto che lo spingeva a proteggere le femmine di qualunque specie.
Quando era accaduto il fattaccio, lui era di ritorno dopo aver consegnato diversi umani che avevano fatto esplodere delle bombe vicino al punto in cui loro stavano costruendo un centro di supporto per gli umani che vivevano nella zona. Quello avrebbe dovuto essere il suo ultimo turno di servizio prima di essere riassegnato a casa. Ora, non avrebbe mai più rivisto le splendide vallate, le montagne e gli oceani del suo mondo.
Il suo unico rimpianto era di non aver ucciso la donna vile che lo aveva ingannato. Essere stato raggirato gli bruciava nell’orgoglio, anche se ciò si era rivelato un bene. Quelli erano gli umani che loro stavano cercando prima di incontrare coloro che avevano messo le bombe. Avevano sentito parlare di un gruppo di umani che stava cercando di catturare un guerriero Trivator per portarlo in un laboratorio. Ma non si era aspettato che fosse coinvolta anche una femmina.
Sapeva quanto potessero essere subdole le donne umane. Aveva assistito ad alcune delle azioni di cui erano capaci molte volte nel corso dei tre anni che aveva trascorso su quel pianeta. Aveva reagito d’istinto quando aveva visto i maschi aggredirla. Le grida di terrore dell’umana avevano risvegliato l’istinto di protezione della sua specie.
Rimase immobile quando il portellone del mezzo di trasporto in cui si trovava si aprì e il grosso maschio umano che lo aveva colpito sulla nuca entrò sogghignando. Un ringhio basso e minaccioso gli esplose dal petto mentre fissava di rimando i freddi occhi azzurri dell’umano. I suoi occhi giallo scuro bruciavano di odio e di una promessa di morte alla prima occasione.
“Puoi ringhiare quanto ti pare,” disse l’uomo con un ghigno crudele mentre si chinava su di lui. “Entro domani sera, userò le tue palle, se ne hai, come decorazione per il retro del mio furgone. Vediamo quanto ancora riuscirai a ringhiare dopo che Betty ti avrà tagliato i gioielli di famiglia per me.”
L’uomo indietreggiò di un passo quando Hunter strattonò di nuovo le catene. Rise nuovamente nel vedere che gli sarebbe stato impossibile spezzarle. Dopo avergli rivolto un saluto militare, si voltò e balzò fuori dal retro del furgone, lasciando Hunter di nuovo solo nell’oscurità.
Hunter si rilassò, cercando di pensare a un modo, a un qualunque modo, per fuggire. La prima cosa che avrebbe fatto una volta libero sarebbe stata dare la caccia a quell’uomo; poi avrebbe pensato alla donna. Avrebbe mostrato loro ciò che accadeva a chiunque aggredisse e minacciasse un guerriero Trivator.