Era proprio così. Senza scrupolo, senza scuse, senza mostrare molta esitazione, Mr. Elton, l’innamorato di Harriet, si professava suo innamorato. Essa cercò di fermarlo, ma invano; egli voleva arrivare fino in fondo. Irata com’era, un momento di riflessione le fece decidere di frenarsi quando parlava. Sentiva che metà di questa scempiaggine doveva essere ubriachezza, e perciò poteva sperare che fosse un fenomeno passeggero.
Così, con un tono tra il serio e il faceto, che sperava fosse il più adatto al suo stato inperscrutabile rispose:
«Sono proprio stupita, Mr. Elton. Questo a me! Voi non sapete quel che fate... mi prendete per la mia amica... qualunque comunicazione abbiate per Miss Smith io sarò lieta di riferirla: ma basta di ciò a me, vi prego.»
«Miss Smith!... Comunicazione a Miss Smith!... Che cosa vuol mai dire!»
Ripeteva le parole di lei con tal sicurezza d’accento, tale ostentata pretesa di stupore, che essa non poté fare a meno di rispondere rapidamente:
«Mr. Elton, questa è una condotta veramente straordinaria! E io posso spiegarmela solo in un modo; voi non siete voi stesso, o non potreste parlare a me, o di Harriet, in tal modo. Padroneggiatevi sufficientemente da non dir altro, e io cercherò di dimenticare.»
Ma Mr. Elton aveva solo bevuto abbastanza vino da elevare il suo spirito, non però da offuscare il suo intelletto. Sapeva benissimo quel che voleva dire; e dopo aver protestato calorosamente contro il sospetto di lei come assai offensivo, e aver toccato di sfuggita circa il rispetto che egli nutriva per Miss Smith come per un’amica di lei - pur confessando la sua meraviglia che Miss Smith dovesse venire affatto ricordata, - riprese il tema della sua propria passione, e insisteva per una risposta favorevole.
Meno pensava che fosse ebbro, più essa era colpita dalla sua incostanza e presunzione; e senza più tanto sforzarsi a esser cortese, rispose:
«È impossibile per me avere ulteriori dubbi. Vi siete spiegato abbastanza. Mr. Elton, il mio stupore va al di là di quanto io possa esprimere. Dopo una condotta come quella che ho visto coi miei propri occhi per tutto il mese scorso verso Miss Smith, tali premure quali mi è capitato di osservare quotidianamente, rivolgersi a me in questo modo... questa è un’incostanza di carattere, proprio, che non avrei mai supposta possibile! Credetemi pure, signore, io sono tutt’altro, ma proprio tutt’altro che lieta d’essere l’oggetto di tali proteste.»
«Buon Dio!» Esclamò Mr. Elton, «che cosa può voler dire questo?... Miss Smith!... Ma io non ho mai pensato a Miss Smith in tutto il corso della mia esistenza... non le ho mai usato riguardi se non come vostra amica: non mi è mai importato se fosse morta o viva, se non perché era vostra amica. Se lei s’è immaginato qualcos’altro, i suoi propri desideri l’hanno ingannata, e me ne dispiace assai... me ne dispiace davvero... Macché Miss Smith!... Oh, Miss Woodhouse, chi può pensare a Miss Smith, quando Miss Woodhouse è vicina! No, parola d’onore, non c’è alcuna incostanza di carattere. Io ho pensato soltanto a voi. Protesto di non aver prodigato la più piccola attenzione a qualunque altra. Qualunque cosa io ho detta o fatta, da parecchie settimane a questa parte, è stata col solo intento di sottolineare la mia adorazione per voi. Non potete davvero, sul serio, dubitarne. No! (con accento che voleva essere insinuante)... son sicuro che mi avete visto e compreso.»
Sarebbe impossibile dire quel che sentì Emma a udir queste parole, quale di tutte le sue spiacevoli sensazioni predominasse. Era troppo completamente sopraffatta per poter rispondere subito: e due attimi di silenzio costituirono abbondante incoraggiamento per lo stato d’animo ottimista di Mr. Elton, perché tentasse di riprenderle la mano, mentre esclamava con gioia:
«Affascinante Miss Woodhouse! Permettetemi d’interpretare questo commovente silenzio. Esso è la confessione che voi mi avete capito da un pezzo.»
«No, signore,» esclamò Emma, «non confesso niente di simile. Ben lontana dall’avervi capito da un pezzo, io sono stata nel più completo errore riguardo alle vostre intenzioni, fino a questo momento. Quanto a me, mi dispiace assai che abbiate dato libero corso a qualsiasi sentimento... Nulla potrebbe essere più lontano dai miei desideri... il vostro attaccamento alla mia amica Harriet... il vostro star dietro a lei, ché tale appariva, mi facevano molto piacere, e io ho desiderato vivamente per voi ogni successo: ma se avessi supposto che essa non era ciò che vi attirava a Hartfield, certamente avrei pensato che voi giudicavate male nel rendere le vostre visite così frequenti. Debbo dunque credere che voi non avevate mai cercato di raccomandarvi in modo particolare a Miss Smith? Che non avete mai pensato seriamente a lei?»
«Mai, signora,» esclamò egli, offeso, a sua volta. «Mai, ve l’assicuro! Io pensare seriamente a Miss Smith!... Miss Smith è una gran buona ragazza; e sarei lieto di vederla felicemente accasata. Le desidero ogni bene: e, certo, ci sono uomini che potrebbero non trovar da obiettare a... Ognuno ha il suo livello: ma quanto a me, non credo di essere a così mal partito. Non ho da disperare così totalmente in un matrimonio con una mia pari da dovermi rivolgere a Miss Smith!... No, signora, le mie visite a Hartfield sono state soltanto per voi e l’incoraggiamento che ho ricevuto...»
«Incoraggiamento!... Io vi ho dato incoraggiamento!... Signore, vi siete sbagliato del tutto nel supporlo. Io vi ho veduto solo come un ammiratore della mia amica. Sotto nessun’altra luce voi avreste potuto essere per me qualcosa di più d’una conoscenza ordinaria. Mi dispiace moltissimo: ma è bene che l’errore finisca come finisce. Se fosse continuata la stessa condotta vostra, Miss Smith avrebbe potuto essere indotta a fraintendere le vostre intenzioni; non accorgendosi, più di quel che mi accorga io, della gran disparità a cui siete così sensibile. Ma, stando così le cose, la delusione è unilaterale, e confido che non sia duratura. Per il momento io non ho nessuna idea di sposarmi.»
Egli era troppo adirato per dire un’altra parola; la maniera di lei troppo decisa per invitare suppliche; e in questo stato di crescente risentimento, e di profonda mortificazione reciproca, dovevano rimanere insieme ancora per qualche minuto, ché i timori di Mr. Woodhouse li avevano ridotti a passo d’uomo. Se non ci fosse stata tanta collera, ci sarebbe stato un imbarazzo disperato; ma le loro emozioni rettilinee non lasciavan posto pei piccoli serpeggiamenti dell’imbarazzo. Senza accorgersi di quando la carrozza voltò per la via della canonica, o di quando si fermò, essi si trovarono d’un tratto alla porta della casa di lui ed egli era uscito prima che fosse scambiata un’altra sillaba. Emma allora sentì che era indispensabile augurargli la buona notte. Il complimento fu appena ricambiato, con freddezza e superbia; e, in uno stato d’indescrivibile irritazione di spirito essa fu poi trasportata a Hartfield.
Là fu accolta, con la massima letizia, dal padre, che non aveva fatto che tremare pei pericoli d’una scarrozzata solitaria dalla via della canonica - voltare una cantonata a cui non poteva pensare senza orrore - e affidata alle mani d’un estraneo, non di James, e pareva che ci volesse solo il ritorno di Emma perché tutto andasse bene; ché Mr. John Knightley, vergognoso del suo malumore, era adesso tutta cortesia e premura; e così particolarmente ansioso per il benessere del padre di lei, da parere - se non addirittura pronto a fargli compagnia per una scodella di pappa d’avena - perfettamente convinto delle incomparabili qualità di quel piatto; e la giornata si concludeva in pace e benessere per tutta la loro piccola comitiva, eccetto che per Emma. Ma il suo spirito non aveva mai sentito tanto turbamento, e le ci volle un bello sforzo per apparire attenta e allegra fin quando la consueta ora della separazione le consentì il sollievo di riflettere tranquillamente ai casi suoi.
Capitolo XVI
I capelli furono arricciati nei diavoletti, la cameriera fu mandata via, ed Emma si sedette a riflettere e ad arrovellarsi. Era davvero una brutta faccenda! Un tal rovesciamento di ogni cosa da lei desiderata! Un tale sviluppo d’ogni cosa più sgradita! Un tale colpo per Harriet! Codesto era il peggio. Per ogni verso la circostanza recava pena e umiliazione, d’un genere o d’un altro; ma, in confronto del male che significava per Harriet tutto il resto era leggero; e lei si sarebbe volentieri rassegnata a sentire d’aver preso un abbaglio ancor più grosso, d’aver fatto un errore ancor più madornale, a sentirsi ancor più screditata dal giudizio erroneo, di quel che non fosse, se gli effetti delle sue balordaggini fossero potuti ricadere su lei sola.
«Se io non avessi persuaso Harriet a trovar di suo gusto l’uomo, avrei potuto tollerare ogni cosa. Raddoppiasse pure la sua presunzione nei miei riguardi... Ma la povera Harriet!»
Come aveva potuto ingannarsi così!... Lui protestava di non aver mai pensato a Harriet sul serio... mai! Cercò di guardare al recente passato come meglio poté, ma tutto era confusione. Lei s’era messa in testa quell’idea, supponeva, e aveva fatto piegare ogni cosa ad essa. Tuttavia le maniere di lui dovevano essere state poco chiare, oscillanti, dubitose, altrimenti lei non avrebbe potuto ingannarsi tanto.
Il ritratto!... Che ardore aveva mostrato a proposito del ritratto! E la sciarada! E cento altre circostanze... come eran parse indicare chiaramente Harriet! Certo, la sciarada, col suo «pronto ingegno...» ma d’altronde i «teneri occhi...»: di fatto, non conveniva né all’una né all’altra; era un pasticcio senza gusto o verità. Chi avrebbe potuto raccapezzarsi in quella balordaggine?
Certo essa aveva sovente, specie negli ultimi tempi, notato che i suoi modi verso di lei erano inutilmente galanti; ma ciò era passato per la sua maniera, per un mero errore di giudizio, di comprensione, di gusto, come una prova fra tante che egli non aveva sempre vissuto tra la miglior società, che con tutta la gentilezza del suo modo di porgere, talora mancava la vera eleganza; ma, fino al giorno presente, essa non aveva mai sospettato, neanche un attimo, che ciò significasse qualcosa di più d’un riconoscente rispetto verso di lei quale amica di Harriet.
A Mr. John Knightley doveva la sua prima idea della vera intenzione di Mr. Elton, il primo avviso della sua possibilità. Non si poteva negare che quei fratelli possedessero penetrazione. Si ricordava ciò che le aveva detto una volta Mr. Knightley di Mr. Elton, l’avvertimento che aveva dato, la convinzione da lui espressa che Mr. Elton non avrebbe mai fatto un matrimonio poco giudizioso; e arrossiva a pensare quanta maggior conoscenza del suo carattere s’era li rivelata, di quella a cui essa era giunta da sé. Ciò la mortificava terribilmente; ma Mr. Elton si dimostrava, per molti rispetti, proprio l’opposto di quello che essa l’aveva voluto e creduto; orgoglioso, pretenzioso, pieno di sé; molto compreso dei propri diritti, e ben poco preoccupato dei sentimenti degli altri.
Al contrario di ciò che accade di solito, il desiderio di Mr. Elton di corteggiarla l’aveva fatto scadere nella sua opinione. Le sue proteste e le sue proposte non gli giovavano. Dell’attaccamento di lui non gliene importava niente, anzi, si sentiva insultata dalle sue speranze. Egli voleva sposarsi bene, e, avendo l’arroganza d’innalzare i suoi occhi fino a lei, faceva l’innamorato; ma essa si sentiva perfettamente tranquilla che lui non soffriva di alcuna delusione meritevole di riguardo. Non c’era stato vero affetto né nelle sue parole né nei suoi modi. C’era stata, si, gran profusione di sospiri e di belle parole; ma essa non poteva pensare a un genere d’espressioni, o immaginare un tono di voce, meno imparentati col vero amore. Non doveva darsi pena d’aver compassione per lui. Egli voleva soltanto migliorare il suo stato e arricchirsi; e se Miss Woodhouse di Hartfield, l’ereditiera di trentamila sterline, non poteva ottenersi così facilmente come aveva immaginato, egli avrebbe presto provato Miss Talaltra dei Tali con venti, o magari con dieci.
Ma che egli dovesse parlare d’incoraggiamento, che dovesse considerare lei consapevole delle sue intenzioni, pronta ad accettare le sue attenzioni, in una parola, a sposarlo!... Che dovesse supporsi l’eguale di lei per stato sociale o per intelletto!... Guardare dall’alto in basso la sua amica, rendendosi conto così bene dei gradini sociali sotto di lui, ed essere così cieco a quelli sopra di lui, da immaginarsi di non mostrare presunzione facendo la corte a lei!... Ciò era quanto mai irritante.
Forse non era giusto aspettarsi da lui che sentisse quant’era inferiore a lei nell’ingegno e in tutte le eleganze dello spirito. L’assenza stessa di questa eguaglianza poteva impedire che egli se ne accorgesse; ma egli doveva pur sapere che per patrimonio e per importanza sociale essa gli era di molto superiore. Doveva sapere che i Woodhouse avevano risieduto a Hartfield per parecchie generazioni, ramo cadetto d’una famiglia antichissima, e che gli Elton non erano niente. La proprietà terriera di Hartfield certo era insignificante, non essendo che una specie di intaccatura nella tenuta dell’Abbazia di Donwell, a cui apparteneva tutto il resto di Highbury; ma il loro patrimonio, per altri cespiti, era tale da non farli figurare secondi neppure all’Abbazia di Donwell per ogni altro rispetto d’importanza sociale; e i Woodhouse per lungo tempo avevano avuto un alto posto nella considerazione di quell’ambiente in cui Mr. Elton era entrato da men di due anni, per farsi strada il meglio che poteva, senz’altra parentela che tra commercianti, e senza null’altro che la sua posizione e la sua urbanità che potessero renderlo degno di nota.