«Ti pare dunque graziosa?»
«Graziosissima, veramente; ma non insistiamo. È quella sua aria di essere qualcuno che, principalmente mi piace in lei. Chi è, che cosa è questa rara creatura? Dove l’hai pescata? Come l’hai conosciuta?»
«In una vecchia casa in Albany, mentre, durante un giorno piovoso, seduta in una malinconica stanza, leggeva un libro, annoiandosi a morte. Lei propriamente non sapeva d’annoiarsi, ma quando la lasciai, sono certa che mi fu grata della visita. Oh, tu puoi dirmi che avrei potuto lasciarla stare, e forse non avresti torto; ma io agii come la coscienza mi suggeriva, e pensai che la ragazza fosse fatta per qualche cosa di meglio. Pensai anche che sarebbe stata una bella cosa se l’avessi portata un po’ in giro, se l’avessi introdotta nel mondo. Lei crede di conoscerlo il mondo, come la maggior parte delle ragazze americane, ma come loro, si sbaglia in modo ridicolo. Se proprio vuoi sapere tutto: mi venne anche in mente che mi potrebbe essere utile. A me piace si pensi bene di me, e per una donna della mia età non c’è raccomandazione migliore, in un certo senso, che un’attraente nipote. Da anni, come sai, non vedevo le figlie di mia sorella; disapprovavo completamente il padre, ma avevo sempre in animo di fare qualcosa per loro, quando egli se ne fosse andato. Dopo essermi accertata dove avrei potuto trovarle, andai da loro senza tanti preamboli. Ce ne sono altre due maritate, ma di queste non conobbi che la maggiore, la quale ha, in ogni modo, un marito molto villano. Si chiama Lily e sembrò felicissima dell’idea che io potessi interessarmi a Isabel. Disse che era proprio quello di cui sua sorella aveva bisogno: che qualcuno s’interessasse di lei. Mi parlò di sua sorella come di un vero genio, bisognoso d’incoraggiamento e di protezione. Può darsi che Isabel sia un genio, ma in questo caso non ho ancora capito in che cosa potrebbe riuscire. La signora Ludlow insisté specialmente sul fatto che io la portassi in Europa. Laggiù considerano ancora l’Europa come un paese d’emigrazione, di sbocco, di rifugio per la loro popolazione superflua. Isabel sembrò molto lieta di venirci, e la cosa fu in breve sistemata. Ci fu un po’ di difficoltà per la questione del denaro, poiché la ragazza era decisamente contraria all’idea di contrarre degli obblighi, ma ha una piccola rendita e crede di viaggiare a sue spese.»
Ralph aveva ascoltato attentamente questo fedele racconto e il suo interesse per la fanciulla, non ne fu per nulla sminuito. «Bene, se è un genio, - disse - cercheremo di scoprirne la vocazione. È forse il flirt?»
«Non credo. A prima vista si potrebbe sospettarlo, ma ci s’ingannerebbe. Oh, temo che non ti sarà facile farti un’idea esatta di lei.»
«Allora anche Warburton s’inganna, - esclamò Ralph quasi con gioia - se si lusinga d’esserci già riuscito.»
Sua madre scosse la testa. «Lord Warburton non può capirla. È inutile che ci si metta.»
«È un ragazzo intelligente, - disse Ralph - ma è bene che una volta tanto rimanga un po’ imbarazzato.»
«Isabel si godrà un mondo a confondere un Lord.» osservò la signora Touchett.
Il figlio aggrottò di nuovo le ciglia. «Che cosa sa lei di Lords?»
«Nulla, io credo. E questo renderà il Lord sempre più confuso.»
Ralph accolse queste parole con una risata e si affacciò alla finestra, poi chiese: «Quando scendi a vedere il babbo?»
«Alle otto meno un quarto.» rispose la signora Touchett.
Il figlio guardò l’orologio. «Hai un altro quarto d’ora. Dimmi ancora qualcosa di Isabel.»
Ma la signora Touchett vi rinunciò, dichiarando che avrebbe ormai dovuto arrangiarsi da solo. E allora egli seguitò: «Mi dici che ti potrà essere utile, ma non credi che ti potrà dare anche delle noie?»
«Non credo. Ma se me ne darà, non indietreggerò; non l’ho mai fatto.»
«Mi pare una creatura molto semplice.» disse Ralph.
«La gente semplice non è quella che di solito dà più noie.»
«No, -disse Ralph - tu stessa ne sei una prova. Tu sei estremamente semplice, e sono certo che non hai dato noia a nessuno. Ti darebbe noia il farlo. Ma dimmi, è una cosa che m’è venuta in mente adesso: Isabel è capace di rendersi antipatica?»
«Ah, - esclamò sua madre - tu fai troppe domande! Scoprilo da te.»
Ralph non si lasciò confondere. «In tutto questo tempo, - soggiunse - non mi hai ancora detto che cosa intendi fare di lei.»
«Di lei? Parli come se fosse un metro di semplice tessuto. Ma nulla farò di lei, assolutamente. Lei farà quanto le piacerà. Oh, si è affrettata già a notificarmelo.»
«Quel che volevi dire nel tuo telegramma, era dunque che il suo carattere è indipendente.»
«Non so mai quello che voglio dire nei miei telegrammi, specialmente in quelli che spedisco dall’America. La chiarezza costa troppo. Andiamo da tuo padre.»
«Non sono ancora le otto meno un quarto.» osservò Ralph.
«Non importa. Posso concedere qualche minuto alla sua impazienza.» rispose la signora Touchett.
Ralph sapeva cosa pensare dell’impazienza di suo padre; ma senza contraddire offrì il braccio alla madre. Il che lo mise in grado tuttavia, mentre scendevano insieme, di trattenerla un momento sul ripiano, a metà della scala: la grande scala di quercia annerita dal tempo che si svolgeva salendo nobilmente in ampi giri, e che era una delle più suggestive particolarità di Gardencourt.
Le chiese d’un tratto: «Non avresti, per caso, il progetto di darle marito?»
«Darle marito? Oh, non le giocherei mai un tiro simile. Oltretutto è capacissima di trovarselo da sola, un marito. Non ha che da scegliere.»
«Intenderesti dire che ne ha già uno sottomano?»
«Non so nulla; so soltanto che c’è un giovanotto di Boston...»
Ralph riprese a discendere. Non aveva nessuna voglia di sentir parlare del giovanotto di Boston. «Come dice il babbo, sono tutte fidanzate.» brontolò.
Sua madre gli aveva detto che, riguardo a Isabel, avrebbe potuto soddisfare la sua curiosità risalendo direttamente alla fonte, e presto comprese che non avrebbe dovuto faticare molto, per trovarne l’occasione.
Quella sera i giovani rimasero soli nel salotto. Lord Warburton, che era giunto a cavallo da casa sua, una decina di miglia distante, rimontò in sella e si congedò prima di pranzo, e un’ora dopo il pranzo, il signore e la signora Touchett, che pareva avessero esauriti tutti i loro argomenti, si ritirarono, col validissimo pretesto della stanchezza, nei rispettivi appartamenti.
Il giovane rimase alzato con la cugina che, pur avendo viaggiato metà della giornata, non sembrava affatto stanca. In realtà lo era e lo sapeva, come sapeva benissimo che il giorno seguente ne avrebbe certamente risentito. Ma era diventata sua abitudine, in quel periodo, di portare la stanchezza sino all’estremo e di confessarla soltanto quando proprio non ne poteva più. Dissimulare le era, per il momento, ancora possibile, e dopotutto era interessata o, come diceva a se stessa, eccitata.
Domandò a Ralph di condurla a vedere i quadri: ce n’erano molti nella casa, e la maggior parte scelti da lui. I migliori stavano raccolti in una galleria, tutta in quercia, di belle proporzioni, che terminava in due capi con due piccoli salotti, e la sera era di solito illuminata; ma non lo era in modo sufficiente da mostrare i quadri nella loro luce migliore.
Sarebbe stato meglio rimandare la visita all’indomani. Ralph si arrischiò a suggerirlo, ma Isabel fu un po’ contrariata, e sempre sorridendo disse: «Se non vi spiace, desidererei darvi appena uno sguardo.» Era impaziente, sapeva di esserlo e di sembrarlo, ma non poteva farne a meno.
«Non le piacciono i suggerimenti.» osservò Ralph tra sé, senza irritarsi. Anzi, adesso la sua impazienza lo divertiva, quasi gli piaceva.
Nella galleria le lampade sporgevano dal muro a intervalli uguali e se l’illuminazione era imperfetta, era però ben studiata. La luce cadeva artisticamente sui vaghi rettangoli dai ricchi colori, sull’oro vecchio delle pesanti cornici, e suscitava strani bagliori dal lucido pavimento.
Ralph prese una candela e cominciò ad andare attorno, indicando i quadri che gli piacevano di più; mentre Isabel, fermandosi ora davanti a un dipinto, ora a un altro, faceva osservazioni o usciva in mormorii di ammirazione.
Era, senza dubbio, una buona intenditrice e aveva un gusto innato che colpì il giovane. Dopo un po’, prese anch’essa un candeliere e ripercorse lentamente la galleria, tenendolo alzato per vedere meglio.
Fu mentre lei s’indugiava in questa posizione, che lui si accorse che la stava guardando ammirato, invece di contemplare i suoi quadri. Ma non ci perdeva nulla, giacché essa meritava di essere guardata più di molte opere d’arte. Era innegabilmente, saldamente leggera, e certamente alta. Tanto che la gente, per distinguerla dalle altre due ragazze Archer, la definiva quella che sembra un giunco . I suoi capelli scuri, fino al nero più corvino, erano stati oggetto dell’invidia di molte donne. I suoi vividi occhi grigi, forse un po’ troppo fissi nei momenti di gravità, avevano un’incantevole varietà d’espressione.
Passeggiarono da un capo all’altro della galleria. A un tratto lei disse: «Bene, ora so molto di più di quando sono entrata.»
«A quanto pare avete un gran desiderio di sapere.»
«Credo di sì; la maggior parte delle ragazze è così tremendamente ignorante!»
«Mi date l'impressione di essere molto diversa dalla maggior parte di loro.»
«Ce ne sarebbero, sapete, di quelle a cui piace imparare; ma tutti parlano con loro in un modo...» mormorò Isabel che non amava parlare troppo di sé. Tacque un momento e riprese per cambiare soggetto: «Dite un po’, qui non avete un fantasma?»
«Un fantasma?»
«Sì, quei cosi che fanno apparizioni, uno spettro-del-castello. In America li chiamiamo fantasmi.»
«E fantasmi li chiamiamo anche noi, quando li vediamo.»
«Ah, dunque li vedete. Ce ne dovrebbero proprio essere in questa vecchia casa romantica.»
«Oh nient’affatto romantica. - rispose Ralph - Temo che avrete delle delusioni in proposito. È una casa disperatamente noiosa, niente romanticismo qui, eccetto quello che potrete portarci voi.»
«Io ne ho portato molto; ma se mai, mi sembra di averlo portato nel posto giusto.»
«Per tenerlo lontano dal male, certo. Nulla di male accadrà al vostro romanticismo qui, tra mio padre e me.»
Isabel gli gettò un’occhiata. «Perché? Non c’è altri qui?»
«Mia madre, naturalmente.»
«Conosco vostra madre, non è affatto romantica. E altri?»
«Quasi mai.»
«Mi rincresce. Mi piace tanto vedere gente.»
«Se non è che questo... inviteremo tutta la contea per divertirvi.»
«Ecco che vi fate gioco di me.» osservò la ragazza, quasi gravemente.
«Chi era quel signore che stava con voi sul prato, quando io arrivai?»
«Un vicino, ma viene solo di rado.»
«Peccato, è simpatico.» disse Isabel.
«Come potete saperlo? Non gli avete quasi parlato.» obiettò Ralph.
«Non importa, mi piace lo stesso. Anche vostro padre mi piace, immensamente.»
«Non potrebbe essere altrimenti. È il più caro uomo del mondo.»
«Mi spiace che sia ammalato.»
«Potreste aiutarmi a curarlo. Dovete essere una buona infermiera voi.»
«Non lo credo. Anzi, mi hanno detto che non lo sono. Sostengono che ho troppe teorie. Ma non mi avete ancora raccontato nulla dello spettro.»
Ralph sembrò non fare attenzione alle sue ultime parole. «Vi piace mio padre e vi piace Lord Warburton, mormorò. Suppongo che vi piaccia anche mia madre.»
«Mi piace moltissimo, perché, perché...» Isabel s’interruppe imbarazzata; non riusciva a trovare la ragione che le rendeva simpatica la zia.
«Non si sa mai il perché.» disse il suo compagno ridendo.
«Io so sempre, invece, il perché dei miei sentimenti. - ribatté la ragazza - Perché lei non si aspetta che le si voglia bene; perché non le importa niente che gliene si voglia o no.»
«Così voi l’adorate grazie alla sua indifferenza? Bene, io somiglio molto a mia madre.» disse Ralph.
«No, non credo che voi le assomigliate. Voi siete il tipo che vuole farsi amare dalla gente e che fa di tutto per rendersi simpatico.»
«Buon Dio, come sapete leggere negli animi!» esclamò il giovane con una confusione che non era tutta ironica.
«Ma mi piacete ugualmente. - continuò la cugina - Il modo migliore di essermi grato di tanta magnanimità sarebbe quella di mostrarmi lo spettro.»
Ralph scosse tristemente la testa. «Potrei mostrarvelo, ma voi non riuscireste a vederlo. Non è un privilegio concesso a tutti, e non è neanche invidiabile. Lo spettro non è mai stato visto da una persona giovane, felice e innocente come voi. Dovreste prima aver sofferto, aver molto sofferto: esservi guadagnata un po’ di triste sapienza. Solo così i vostri occhi potrebbero aprirsi a vederlo. Io lo vidi, molto tempo fa.»
«Vi ho detto or ora che ho un gran desiderio di sapere.»
«Sì, ma di sapere cose liete, cose piacevoli. Voi non avete sofferto e non siete nata per soffrire. Spero che non lo vediate mai lo spettro.»
La ragazza l’aveva ascoltato attenta, con un sorriso sulle labbra, ma con una certa gravità negli occhi.
Sebbene Ralph la trovasse affascinante, gli aveva dato l’impressione di essere un pochino presuntuosa. Forse anche questa sua sicurezza era parte del suo fascino. E ora aspettava curiosamente quello che gli avrebbe risposto.
«Non ho paura, sapete.» disse Isabel. E l’affermazione sembrò non smentire l’idea che egli si era fatto di lei.
«Non avete paura di soffrire?»
«Di soffrire sì, forse, ma non ho paura dei fantasmi. E penso che la gente soffra troppo facilmente.» aggiunse.
«Non credo che voi apparteniate a quella sorta di gente.» disse Ralph, fissandola con le mani in tasca.
«E io non credo che questa sia una colpa. - rispose Isabel - Non è assolutamente necessario soffrire. Non siamo fatti per questo.»
«Voi, no di certo.»
«Non parlo di me.» Si mise a passeggiare lentamente.
«Non è una colpa, - riprese il cugino - è una qualità l’essere forti.»
«Già, ma se non soffrite, vi chiamano senza cuore.»
Attraversarono una delle piccole sale, in capo alla galleria, e si fermarono nel vestibolo, ai piedi della scala. Qui Ralph porse alla compagna il candeliere della sua camera che aveva prelevato da una nicchia.
«Non curatevi del come vi chiamano. Quando soffrite poi, dicono che siete un’idiota. La questione è di essere più felici che si può.»
Isabel lo fissò un istante. Aveva preso la candela e stava già sulla scala di quercia.
«Bene, - disse - è proprio per questo che sono venuta in Europa. Per essere più felice che posso. Buona notte!»
«Buona notte! Vi auguro tutto il successo e sarò felicissimo se potrò io pure contribuirvi.»
La ragazza si volse ed egli la guardò; la guardò salire lentamente. Poi, sempre con le mani in tasca, ritornò nel salotto deserto.