Capitolo 2

3028 Words
2 PARKER Nel momento in cui la signorina Millard salì sul vagone ferroviario a Billings, seppi che era quella giusta. Mentre il facchino la seguiva portando la sua piccola valigia, lei inciampò lungo il corridoio, mentre il treno prendeva velocità. Allungando le braccia, sfruttò gli schienali dei sedili per tenersi in equilibrio. Io mi alzai subito, attirando lo sguardo di Sully dal libro che teneva in grembo verso la donna che ci saremmo sposati. Il vestito che indossava era del taglio più elaborato, di una seta verde chiaro con un luccichio intenso che, sotto le mie dita, non sarebbe stata altrettanto morbida quanto la pelle del suo collo lungo. Non dovevo essere una donna per riconoscere il taglio alla moda o la ricercatezza dei materiali. Il suo piccolo cappello, appena inclinato sulla testa carica di riccioli biondi, si abbinava alla perfezione. L’abito era del tutto modesto, dalle maniche lunghe fino al collo alto, ma non nascondeva affatto le sue curve invitanti. Per una donna così minuta – mi arrivava solamente alla spalla – aveva dei seni pieni e i fianchi larghi. Era florida e quasi rotonda, ma era così che mi piacevano le donne. Quando mi avrebbe cavalcato l’uccello – e l’avrebbe fatto – sarei stato in grado di afferrarla saldamente da quei fianchi pieni. Quando le avessi sculacciato il sedere – a giudicare dalla sua natura gentile, sarebbe stato più per piacere che per punizione – mi avrebbe vibrato sotto la mano assumendo un perfetto colorito rosato. I suoi seni mi avrebbero riempito deliziosamente i palmi ed io potevo solamente immaginarmi i suoi occhi che si annebbiavano di passione quando le avessi strattonato i capezzoli duri. Facendo un passo avanti, presi la valigia dal facchino, poi estrassi una moneta per lui dalla mia tasca. Con un breve cenno del capo, lui girò i tacchi e lasciò il vagone. Posando la sua valigia sotto al sedile, le feci cenno di sedersi di fronte a noi. Per quanto il vagone non fosse pieno e lei avrebbe potuto scegliersi un altro posto, la privai di quell’opzione. Le sue buone maniere le imponevano di accettare il mio invito. Sully si alzò rispettosamente in piedi, chinando la testa dal momento che era altissimo, e le fece cenno di unirsi a noi. Mentre lei prendeva posto, sistemandosi le lunghe gonne, io lanciai un’occhiata a Sully. Un leggero cenno del capo fu tutto ciò di cui ebbi bisogno per sapere che era d’accordo con me. Nel giro di un solo minuto, le nostre vite cambiarono. Irreparabilmente. Quella bellezza dai capelli chiari sarebbe stata nostra. E così avevamo parlato con lei da Billings fino a Butte. Be’, io le avevo parlato. Sully non era un tipo di molte parole e trascorse il tempo ad osservarla attentamente. Notai la leggera curva verso l’alto del suo labbro quando sorrideva, ogni lentiggine che aveva sul naso, la curva delicata delle sue orecchie. Parlammo di tutto, dalla sua visita alla nonna nell’ultimo mese ai libri, alla politica del Territorio del Montana. Era molto preparata, chiaramente ben istruita. Per quanto il mio cazzo la desiderasse per il suo corpo, ero felice che avesse una mente acuta e uno spirito gentile dentro ad un pacchetto tanto delizioso. Fu facile fantasticare su come sarebbe stato con lei mentre ascoltavo la sua voce morbida, mi immaginavo come sarebbe stata nel gridare il mio nome mentre le davo piacere, come avrebbe implorato Sully di prendersela. Più forte. Più a fondo. Più veloce. Per fortuna, in lontananza si scorse un sorprendente branco di alci. Mentre li osservavamo, mi sistemai l’uccello, quasi sul punto di esplodere dagli stretti confini dei miei pantaloni. Sully si limitò a sogghignare. Fu allora, una volta che fummo giunti a Butte ed io la aiutai a scendere dal treno, che fui grato del fatto che si fosse rivolta a me. Sul momento, non avevo saputo perchè fosse andata nel panico, ma l’avevo già considerata mia e avrei risolto qualunque suo problema. Anche Sully. Quando avevo scoperto chi fosse, il fatto che fosse un’ereditiera del rame con un padre insensibile deciso a sfruttarla per un accordo d’affari, i miei istinti protettivi avevano preso il sopravvento. Quando avevo scoperto che avrebbe dovuto sposare quello stronzo, Benson, ero stato felice che Sully ci avesse raggiunti. Benson era spietato. Un uomo d’affari crudele, per lui i soldi importavano più delle persone. La sua miniera non era sicura: si verificavano crolli con una frequenza pericolosa, sapendo che un uomo morto avrebbe potuto essere rimpiazzato facilmente da altri due disperati. Il rame veniva estratto ad un ritmo che lo rendeva ancora più ricco di chi possedeva la linea ferroviaria. Osservando il padre della signorina Millard, dovetti presumere che lui potesse essere ancora più ricco. Uomini così avidi sfruttavano la gente come pedine, perfino le figlie innocenti per delle alleanze matrimoniali. La signorina Millard aveva riso e si era sciolta durante la nostra conversazione arguta sul treno, per cui sapevo che sarebbe diventata una donna impaurita e spaventosamente sottomessa se avesse sposato Benson. Non ci sarebbe stato alcun senso dell’umorismo, alcun affetto, alcuna devozione. Ci sarebbero state delle scopate, quello sicuro, ma lei non se le sarebbe godute, non avrebbe provato una sola goccia di desiderio. Benson si era fatto strada tra due mogli e tutte le puttane di Butte. Aveva la pessima fama di essere crudele – talmente pessima che perfino l’innocente signorina Millard ne era al corrente – e solamente la prostituta più insensibile e dalle tendenze più oscure avrebbe potuto apprezzare le sue necessità. La signorina Millard era una donna passionale, non ne avevo dubbi. Sarebbe stato un piacere risvegliare ogni suo desiderio. scoprire cosa le piacesse, cosa le facesse ansimare il mio nome, urlare quello di Sully, mentre ce la prendevamo. Ma solamente un anello al dito e il suo disperato bisogno della nostra protezione da Benson ce lo garantiva. Per quanto si fosse aspettata un accordo temporaneo, nella sua paura non era riuscita a vedere che qualcosa di temporaneo non avrebbe funzionato. Porre fine ad un fidanzamento avrebbe solamente rallentato i piani di suo padre. Un vero matrimonio era l’unico modo per impedire l’inevitabile. E un vero matrimonio avrebbe ottenuto. Sully, in qualità di suo marito, avrebbe potuto offrirle più protezione di me. Era una decisione rapida e astuta, spostare gli aspetti legali della nostra unione a lui. In quanto suo marito, lui l’avrebbe protetta da gente come Benson e suo padre già solo col proprio nome. Con il suo background, la sua notorietà, nessuno avrebbe osato mettersi in mezzo. Quando l’avevamo avvertita che lui non era come Benson, che avrebbe preteso cose da lei, col tempo avrebbe scoperto quali sarebbero state quelle pretese. Includevano il sottomettersi al controllo di due uomini dominanti in camera da letto e in un bel po’ di altri posti al di fuori di essa. Sì, Benson sarebbe stato uno sposo autoritario, ma non sarebbe stato affettuoso. Da quel momento in avanti, la signorina Millard sarebbe stata il centro del nostro mondo e si trovava esattamente dove sarebbe dovuta essere – in mezzo a noi due. Quando Sully sollevò il dito dalle sue labbra, si sporse in avanti e disse, «Sorridi, amore. Non sei più da sola.» Aveva ragione. Non sarebbe mai più stata da sola. Non avrebbe più dovuto affrontare suo padre da sola, non avrebbe più dovuto avere a che fare con gente come Benson. Non potevano toccarla. Non fisicamente nè emotivamente. Essere sposata con due mariti non era la norma per la società, specialmente a Butte. Al Ranch di Bridgewater, non era quello il caso. Tutti erano sposati a quel modo: due – o più – uomini per ogni sposa. «Non conosco nemmeno il vostro nome di battesimo,» mormorò lei, rivolgendo a Sully una breve occhiata nervosa, prima di voltarsi verso gli uomini in avvicinamento. La guardai torturarsi l’abito con le mani, mordersi un labbro e spalancare gli occhi con ansia. «Il mio nome è Sully.» Le accarezzò un braccio. «Non preoccuparti, dolcezza. Ci prenderemo cura di te. Sempre.» Traendo un respiro profondo – che le fece gonfiare i seni sotto l’abito – lei tirò indietro le spalle e sollevò il mento sbarazzino come se fosse stata un membro della famiglia reale. Riuscivo a sentire quanto fosse nervosa e spaventata, ma lo nascose bene. Dovevo solamente domandarmi perchè avesse dovuto perfezionare quell’abilità. Suo padre e Benson si avvicinarono, le loro scarpe lucide che facevano molto rumore sulle piastrelle. Intuii il momento in cui scorsero per la prima volta la signorina Millard – merda, noi non conoscevamo il suo nome di battesimo – ma fui ancora più consapevole di quando notarono la presa possessiva di Sully su di lei. Per quanto suo padre fosse basso e tozzo, il suo abito fatto su misura gli calzava a pennello. I suoi capelli grigi stavano recedendo e la pelle lucida del suo scalpo era rossa e macchiata dal sole. Aveva un gran doppio mento che gli ballava sul collo. A parte il suo gran peso, non era il tipo d’uomo da negarsi mai qualcosa. Ciò significava che non sarebbe stato felice una volta che avesse scoperto che il signor Benson non avrebbe sposato sua figlia. Benson era l’opposto di Millard. Alto e snello, aveva l’aspetto arido di un uomo che non aveva bisogno di muovere un dito. La sua parola, il suo comando, ottenevano risultati immediati. Anche lui era vestito in maniera impeccabile, con un abito elegante nero come i suoi capelli e i suoi baffi; sembrava in lutto. «Mary,» disse il signor Millard a sua figlia. Mary. Il tono con cui permeò quella singola parola la diceva lunga. Non era affatto contento di vedere sua figlia dopo un mese di separazione. Non la attirò a sé per un abbraccio; non le mise una mano sulla spalla per darle una semplice stretta. Non sorrise nemmeno. Mary, però, fece un piccolo passo verso di me. «Buongiorno, padre, signor Benson.» Piegò la testa in cenno di saluto. «È stato molto premuroso da parte vostra venirmi a prendere alla stazione, ma non era necessario.» «Confido nel fatto che la tua visita alla nonna sia stata piacevole.» A giudicare da ciò che Mary – mi piaceva molto di più che chiamarla signorina Millard – aveva detto di quella visita, la donna era decisamente la madre di quell’uomo. Sembrava una vecchia bisbetica. «Sì, molto.» Poteva anche mentire a suo padre, ma una volta che fossimo stati sposati, l’avrei sculacciata se ci avesse mai nascosto i suoi veri sentimenti. Millard lanciò un’occhiata a Sully, poi lo ignorò subito. Io cercai di nascondere un sorriso, dal momento che non aveva idea di chi fosse Sully e di chi avesse quindi appena sdegnato. «Allora dovremmo andare. Il signor Benson non vede l’ora di unirsi a noi per cena e ti accompagnerà a casa una volta finito.» Il signor Benson guardava Mary con sguardo assente, quasi clinico, non come un fidanzato impaziente del suo ritorno dopo un mese di separazione. Mary scosse la testa, ma Sully parlò per lei. «Ciò non avverrà, signor Millard.» Entrambi gli uomini si degnarono di concedergli un briciolo di attenzione, dopotutto. «E voi chi sareste per decidere delle azioni di Mary? Per mettere in dubbio la mia autorità nei suoi confronti?» Lui offrì una piccola scrollata di spalle ed io riuscii a vedere che stava nascondendo la propria rabbia nei confronti di quell’uomo altezzoso. «Sono suo marito, per cui credo che sia la mia autorità quella che ha potere su di lei, ora.» Mary si irrigidì a quell’affermazione, ma sapevo che era così che il signor Millard pensava a sua figlia, come a una leccapiedi che doveva obbedire agli ordini senza esitazione. La pelle di Millard si colorò di rosso ed io mi preoccupai che avrebbe avuto un colpo apoplettico sulla piattaforma della stazione. Benson non si mostrò altrettanto... introverso con le proprie emozioni. Se Sully avesse fatto il proprio nome, gli avrebbero mostrato una reazione del tutto diversa. Non l’aveva fatto e ne era una prova ciò che pensavano loro di quella situazione. «Non so chi pensiate di essere, ma Mary Millard è la mia promessa sposa.» La voce di Benson si estese sulla piattaforma affollata e i passanti si voltarono a guardarlo. «Era, Benson. Era la vostra promessa sposa. Ora e sposata con me. Se volete scusarci, prego.» Sully fece un passo verso l’ingresso della stazione, tenendo Mary vicina a sé, ma l’uomo sollevò una mano. Non mi ero aspettato che la cosa finisse tanto facilmente. «Voglio una prova,» disse Benson. Guardai Mary, vidi il timore nei suoi occhi. Era preoccupata che Sully avrebbe cambiato idea e l’avrebbe lasciata a quei due? Non c’era una sola possibilità che accadesse. Per arrivare a lei, Benson avrebbe dovuto uccidere prima me, poi Sully, perchè non avrebbe mai permesso nemmeno lui che le accadesse qualcosa. Baciando Mary sulla tempia, Sully mormorò, «Diglielo, dolcezza.» Dal punto in cui mi trovavo in piedi alle loro spalle, il suo profumo mi riempiva le narici, floreale e carico di luce. Potevo solamente immaginare quanto fossero morbidi e setosi i suoi capelli contro le labbra di Sully. Non vedevo l’ora di sbarazzarmi di quegli uomini e trovarmi da solo con lei e Sully, le mie dita che fremevano dalla voglia di tenerla a mia volta. «Io... sono sposata. Lui è mio marito.» Sollevò leggermente il mento. Benson lanciò una breve occhiata a Mary, poi la ignorò. «Non è la prova che cerco.» «Cos’è che volete, il sangue sulle lezuola?» Vi prometto che è decisamente mia,» asserì con audacia Sully. In un sorprendente atto di coraggio dopo la discussione circa la prova insanguinata della sua verginità, Mary parlò. «Mi ha scopata. È questo che volevate sapere? La prima volta, mi ha permesso di stare sopra. La seconda, non è riuscito a trattenersi e mi ha presa da dietro.» Sia Benson che suo padre rimasero sconvolti quanto me dalle sue parole, dal momento che si limitarono a fissarla sbattendo le palpebre. Dove diavolo aveva imparato a parlare così? «Volgare,» borbottò Benson, come se adesso fosse stata ripugnante. Io pensavo che ora fosse ancora più intrigante che mai. Sapeva di come si scopava, ma il suo atteggiamento indicava solamente innocenza. Che cos’era, una donnaccia o una vergine? Volevo sbarazzarmi di quei bastardi così che io e Sully avremmo potuto scoprirlo. «Io voglio il certificato di matrimonio,» ordinò Benson. Sully fece spallucce con noncuranza. Aveva il potere – senza nemmeno usare il suo famigerato nome – e voleva rendere chiaro il fatto che loro non gli facevano alcuna paura. Non facevano paura nemmeno a me, proprio per nulla, ma non volevo che spaventassero più Mary. Se mentire per lei sarebe servito, non sminuiva affatto la natura da gentiluomo di Sully. «Non ve n’è alcuno,» disse Sully a quel bastardo. «Potete controllare i registri della chiesa a Billings. Prima presbiteriana all’angolo tra la Principale e la Quarta.» Molto probabilmente solo per irritare ulteriormente quell’uomo, Sully aggiunse, «Il mio cazzo ha bisogno di trovare sollievo. Mi state impedendo di scoparmi la mia sposa.» Sully le fece passare una mano attorno alla vita, posandola più in basso di quanto sarebbe stato appropriato con il mignolo che le sfiorava la deliziosa curva del sedere. Quel gesto non passò inosservato. Il capotreno soffiò nel fischietto e il treno prese a sibilare e a sbuffare, il rumore dei vagoni che venivano strattonati e che si tiravano a vicenda mettendosi in moto troppo forte per poterci parlare sopra. Per quanto nè Benson nè Millard avessero i muscoli – o delle pistole – avevano dei soldi e avrebbero potuto assumere entrambe le cose. La vita di Sully era in gioco, ormai. Lui lo sapeva. Riuscivo a vederlo nei loro sguardi severi. Non avevano bisogno di dire nulla, di insinuare nulla. Prima che il treno se ne fosse andato del tutto, si voltarono e si allontanarono. Per quanto avrei desiderato non vederli mai più, sapevo che così non sarebbe stato. Sully spostò Mary così da poterla guardare. «Stai bene?» Lei piegò indietro la testa e ci guardò entrambi, annuendo. Trasse un respiro profondo, poi un altro. «Apprezzo il vostro aiuto, ma temo di avervi forse messo in pericolo.» Risi. «Ci possono provare, dolcezza. Ci possono provare. Non penso che dovremmo restare in città, però.» «Mmm, sì,» commentò Mary. «Sono certa che saremmo banditi da tutti gli hotel, i ristoranti e perfino le pensioni nel giro di un’ora. L’influenza di mio padre è molto grande.» Non sembrava più intimorita, nè arrabbiata. Scoraggiata, forse. Lanciai un’occhiata a Sully. «Andremo a Bridgewater dove saremo al sicuro. Immagino che tu non abbia più ragione di restare a Butte.» Lei sollevò lo sguardo su Sully, poi si accigliò. «Voi... avete fatto il vostro lavoro. Entrambi gli uomini mi hanno lasciata in pace e adesso che credono che siamo... intimi, il signor Benson non mi desidererà più.» Sully a quel punto rise. «Io ti desidero ancora, vergine o meno. Non è la tua figa che cerca Benson, bensì la tua eredità. Per me, è decisamente il contrario.» Lei spalancò la bocca di fronte alle sue parole volgari. Era decisamente vergine. Ci avrei scommesso cinquanta dollari. «Non esiste che ti lasciamo qui a Butte a difenderti da sola,» aggiunse Sully. «Ti ritroveresti sposata con Benson alle prime luci dell’alba se riuscisse a metterti le mani addosso, e ciò accadrà solamente se saremo morti. Ho detto che ti avrei aiutata, che sarei diventato tuo marito e ho intenzione di portare a termine la cosa.» «Esatto, dolcezza,» aggiunsi, facendole scorrere delicatamente una mano sul braccio, spostandomi così che si trovasse in piedi tra noi due, proprio dove doveva stare. «Ti tocca stare con noi.» «A Bridgewater, saremo preparati se tuo padre o Benson manderanno degli uomini,» aggiunse Sully. «Oddio, vi ucciderà pur di arrivare a me.» Impallidì. La presi per le spalle e mi chinai così da guardarla dritta negli occhi. «Ci proverà, ma non ci riuscirà. Dubiti del fatto che io e Sully sappiamo prenderci cura di noi stessi, che possiamo prenderci cura di te?» Lei lanciò un’occhiata da sopra la propria spalla a Sully, poi guardò me, «No.» A quel punto sorrisi. «Brava ragazza.» «Il sole sta calando e non abbiamo provviste,» commentò Sully. «Che dubito riusciremo a trovare. Nemmeno dei cavalli,» aggiunsi. Se Benson e Millard avessero ottenuto ciò che volevano, saremmo stati banditi da qualsiasi negozio, stallaggio o anche solo un bordello entro l’indomani mattina. Avevano anche loro un certo potere. «Ci serve un posto dove stare stasera. Un posto sicuro. Un posto dove non verrebbero mai a cercarti,» aggiunsi, guardando Sully in cerca di idee. Mary girò i tacchi e cominciò a camminare. La piattaforma era praticamente vuota ora che i treni se n’erano andati e noi la raggiungemmo velocemente con le nostre gambe lunghe. «Conosco il posto giusto,» disse lei. «Gentiluomini, cosa pensate delle prostituite?»
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