Capitolo 5

3158 Words
5 MARY Ad ogni visita al Briar Rose mi ero ritrovata sconvolta, divertita, perfino meravigliata da ciò cui assistivo, ma adesso, ero leggermente intimorita. Mi ero sentita distaccata da tutto, in una stanza a parte, nascosta a spiare. Una guardona. Da quanto mi aveva detto Chloe, ero una a cui piaceva guardare gli altri in situazioni molto compromettenti. Era eccitante. A volte no. Ma quando una coppia faceva delle cose insieme intriganti, mi ritrovavo accaldata, coi capezzoli che si indurivano e la figa che mi si bagnava. Sognavo certe cose. Le bramavo per me stessa. Ma erano state tutte fantasie. Adesso... adesso avevo due mariti che mi guardavano con un fervore che riconoscevo. Per la prima volta, quel desiderio era rivolto direttamente a me. Guardare era una cosa, ma fare... Avevo paura di ciò che avrebbero pensato della mia curiosità e che mi avrebbero trovata carente o una sciattona. Magari entrambe le cose, dal momento che avevo portato quegli uomini in un bordello! Era stato il mio primo pensiero, il primo posto in cui avevo saputo che né mio padre né il signor Benson avrebbero pensato di venirci a cercare. Mio padre non aveva mai saputo che mi ci fossi recata per conto delle ausiliatrici e non si sarebbe mai immaginato che ci sarei andata volontariamente. Non avevo riflettuto sulle ramificazioni di quella decisione affrettata – ovviamente, dal momento che adesso ero sposata e avevo due mariti impazienti che attendevano di consumare il matrimonio. Mi rifiutai di guardarli negli occhi, per paura di scorgervi vergogna. «Signor Sullivan-» Con un dito, lui mi sollevò il mento così che fui costretta a incrociare i suoi occhi scuri, e il calore che vi scorsi mi colse di sorpresa. Era così bello. Così alto, i capelli scuri e ribelli ed io desideravo passarvi in mezzo le dita. «Dal momento che sono tuo marito, penso che puoi chiamarmi Sully.» «Sully,» ripetei io. «Basta anche con signor Corbin. Io sono Parker, per te.» La sua voce fu gentile, perfin tenera. «Cosa dovete pensare voi due di me.» Mi sentii arrossire. Parker si accigliò. «Pensare di te?» Mi torturai le mani e distolsi lo sguardo, ma Sully non voleva saperne. Fui costretta a sostenere il suo mentre ammettevo le mie colpe. Il cuore mi batteva forte, essendo svanita la mia prima sicurezza. «Trascorreremo la nostra notte di nozze in un bordello!» «Hai appena scoperto che ho ucciso quattro persone. Sono io che devo chiedermi cosa pensi di me,» ammise Sully, lasciandomi andare. Lo guardai. Davvero. Per quanto fosse incantevolmente bello, era anche molto grande e fisicamente forte. Non avrei avuto alcuna difesa se avesse voluto farmi del male. Sul treno – era stato solamente poche ore prima? – era stato silenzioso, ma solerte. Era stato gentile nel condurmi al vagone ristorante, attento nella conversazione e premuroso nei confronti di qualunque male mi sarebbe potuto accadere. Mi ero sentita al sicuro con lui. Scoprire che aveva ucciso degli uomini difendendo i più deboli non era stata una sorpresa come mi ero aspettata. Se qualcuno avesse voluto farmi del male durante il nostro viaggio, non avevo dubbi che Sully mi avrebbe difesa in qualunque misura necessaria. Impartire il giudizio finale su chi se lo meritava faceva parte del suo carattere. «La signorina Rose ha un’ottima stima di voi. Mi fido del suo giudizio,» risposi. Lui inarcò un sopracciglio scuro. «Il suo giudizio ti basta?» «Ci conosciamo a malapena e devo fidarmi dei miei amici affinché mi aiutino a prendere la strada giusta. Voi avete Parker. Sono certa che avrete dei difetti più grandi che non siano l’aver protetto chi si trovava in pericolo.» Lui aggrottò ulteriormente la fronte, sorpreso. Strinsi le mani, torturandomele. «Mio padre. Lui è uno che va in chiesa, un milionario, un imprenditore. Un pilastro della comunità. Aveva intenzione di darmi in sposa al signor Benson in cambio di qualche accordo relativo alle loro miniere. E poi c’è il signor Benson. Veniva qui.» Feci un cenno verso il pavimento per indicare il bordello. «Lui... ha ferito una ragazza con una frusta. Una frusta! E faceva altre cose. Cose che sapevo che avrebbe voluto fare con me. O, o magari non avrebbe fatto nulla con me. Mi avrebbe semplicemente messa incinta – un maschio, naturalmente – per poi ignorarmi. Se non gli avessi dato un maschio, avrei sempre dovuto preoccuparmi di morire come le sue mogli precedenti. Per cui non è stare con qualcuno che ha ucciso della gente il problema, bensì il motivo che si cela dietro a tale gesto.» «Dunque hai scelto l’unica alternativa possibile?» chiese Parker. Assottigliai lo sguardo. «Io vi ho chiesto semplicemente un aiuto provvisorio. Siete stati voi due a non essere d’accordo. È stato Sully a dire che mi avrebbe sposata. E adesso, adesso dite che sono sposata anche con voi.» Parker sogghignò. «Esatto. Il giudice può anche averti unita legalmente a Sully, ma il mio giuramento di prima vale ancora. Sono tuo tanto quanto tu sei mia.» Sully annuì. «Tu sei quella giusta per noi.» Mi accigliai. «Non so come possiate esserne tanto convinti.» Parker mi posò una mano sulla spalla ed io sollevai lo sguardo su di lui. «A volte si sa e basta.» Si posò una mano sul petto. «Qui.» Capivo ciò che intendeva, dal momento che il mio cuore aveva fatto un balzo la prima volta che avevo visto Parker quando si era alzato per prendere la mia valigia dal facchino. Mi aveva fatto sudare i palmi delle mani e mi ero sentita immediatamente nervosa. Poi avevo visto Sully e praticamente mi ero mangiata la lingua. Il fatto che entrambi gli uomini si fossero mostrati tanto interessati a me durante tutto il viaggio fino a Butte mi aveva sorpresa e confusa, ma a me era piaciuto un sacco. Una volta che mi ero calmata. Quale donna non sarebbe praticamente svenuta all’idea delle attenzioni concentrate di due uomini? Non ero mai stata così attratta da un uomo, da due. Vedere uomini e puttane unirsi al bordello mi aveva eccitata, ma nessuno mi aveva resa gelosa delle mie amiche. Sapevo di voler fare quelle cose con qualcuno... Solo che non sapevo con chi. Fino a quel momento. «Ma... ma entrambi? Come funziona un matrimonio con due uomini?» Parker si fece avanti e mi attirò tra le sue braccia. Il suo corpo era duro per via dei muscoli ed io riuscivo a sentire il suo cuore battere sotto la mia mano. Un ritmo saldo e costante, forse un po’ come l’uomo stesso. «È lo stile di Bridgewater. Abbiamo conosciuto alcuni degli uomini che ci vivono nell’esercito e seguivano tutti l’usanza di condividere una moglie. Se ad uno di noi dovesse succedere qualcosa, dolcezza, saresti comunque al sicuro, protetta dall’altro. Sei il centro del nostro mondo, ora.» Parker mi lasciò andare e fu il turno di Sully di abbracciarmi. Lui mi dava una sensazione diversa. Erano entrambi alti, entrambi ben formati e con muscoli sodi, ma la stretta di Parker era più delicata, mentre tra le braccia di Sully mi sentivo riparata. Avevano un profumo nettamente diverso. Mi piaceva il modo in cui entrambi mi abbracciavano. Ero grata di non aver dovuto scegliere tra di loro, di non dover vivere la mia vita senza averli conosciuti entrambi. Potei solamente annuire, dal momento che non comprendevo del tutto quella sistemazione e cosa ne pensassi. Era così travolgente, così disorientante. Così... folle! «Per quanto riguarda il resto, per quanto tu sia vergine, non sei del tutto innocente,» disse Sully. Mi irrigidii nel suo abbraccio. «Ti sei chiesta cosa pensassimo di te per averci portata in un bordello?» domandò Parker. «Le cose che ho detto a mio padre-» «Come lo stare sopra durante una scopata o il farti prendere da dietro?» aggiunse Sully. «Non ce lo siamo dimenticato.» Mi morsi un labbro e sfregai la guancia contro il petto di Sully mentre Parker sogghignava. Sogghignava! «Dovevo dire qualcosa.» «È stata una scelta saggia. Venire qui è stata una scelta saggia. Siamo al sicuro e possiamo trascorre la nostra notte di nozze a prenderci cura di te, senza preoccuparci di tuo padre o di Benson. Preferirei non dormire con la pistola a portata di mano, stanotte. È il posto perfetto per farti nostra.» Mi irrigidii nella presa di Sully. «Adesso?» squittii. Parker mi venne alle spalle, avvicinandosi al punto che percepii il calore del suo corpo, ma non abbastanza da toccarmi. Le sue mani mi si levarono sopra le braccia ed io attesi con ansia che mi stringesse, trattenni il fiato. Bramavo sentire Sully da un lato e Parker dall’altro del mio corpo. «Stanotte, sì,» rispose Parker, mormorandomi all’orecchio. Un brivido mi corse lungo la schiena alla sensazione calda del suo fiato sul collo. «Ma non siamo dei bruti. Ti prenderemo solamente quando sarai pronta.» «Ma... e se non fossi pronta?» sussurrai io, aggrappandomi alla stoffa della camicia di Sully. Lui mi fece sollevare il mento e si chinò per un bacio. «È nostro compito renderti tale,» mormorò ad un centimetro dalla mia bocca. Chiusi gli occhi al secondo bacio della mia vita. Fu gentile come quello che aveva sigillato il nostro matrimonio, ma fu... di più. Le sue labbra accarezzarono le mie, mordicchiandomi e assaggiandomi da angolo ad angolo, poi la sua lingua mi scorse sul labbro inferiore. Io trasalii e lui ne approfittò per infilarmela in bocca. Le mani di Sully mi presero la mandibola e mi fece voltare la testa così da potermi baciare come voleva. Un bacio lento non significava che fosse meno piacevole, dal momento che mi sembrava che mi stesse esplorando, scoprendo cosa mi piacesse, cosa mi facesse emettere dei piccoli versi nel fondo della gola. Le mani di Parker finalmente mi toccarono, scivolando sulle mie braccia e poi sui miei fianchi. Con lui premuto contro di me, sentivo ogni centimetro duro del suo petto, sentivo il suo uccello premermi contro la schiena. Ero grata della sua presa attorno alla mia vita poichè di certo mi sarei sciolta a terra altrimenti. «Tocca a me.» Le parole di Parker si insinuarono nel mio cervello annebbiato e prima che potessi fare altro che sussultare, venni girata di colpo e la bocca di Parker si posò sulla mia. Oh, era bravo a baciare. Del tutto diverso da Sully, ma altrettanto eccitante. Quando la sua lingua mi affondò nella bocca, sentii un gusto di menta peperita. Parker ringhiò; lo sentii riverberare sotto le mani. Quando gliele avevo posate sul petto? Con un ultimo morso al mio labbro inferiore, lui sollevò la testa e indietreggiò di un passo. Io aprii lentamente gli occhi e oscillai, sentendo la mancanza del loro tocco, della sensazione che mi davano addosso. Il loro odore si mischiava nell’aria stuzzicandomi. Loro mi stuzzicavano e adesso volevo di più, proprio come mi avevano detto che sarebbe accaduto. Se baciavano a quel modo, non ero più tanto scettica circa l’idea di avere due mariti. Se era così che potevano farmi sentire con dei semplici baci... potevo solamente immaginare cosa avrebbero potuto fare senza vestiti. «Sarai pronta,» mi disse Sully, la sua voce più profonda del normale. Il bacio aveva avuto effetto anche su di lui, dal momento che si sistemò ed io non potei non notare il rigonfiamento del suo uccello contro i pantaloni. «Um... capisco.» Non riuscivo a pensare ad altro da dire, dal momento che gli credevo. Avevo i pensieri annebbiati, il corpo caldo e arrendevole, i capezzoli duri che pulsavano. Li volevo già, le mie dita prudevano dalla voglia di toccarli, di scoprire ogni centimetro duro del loro corpo. Parker fece il giro e mi si mise davanti accanto a Sully. Erano di stazza simile, uno biondo e l’altro moro. Erano entrambi robusti, con dei muscoli che non si potevano non notare anche sotto gli abiti. Così attraenti, così belli e così miei. «Chloe sembra una buona amica,» commentò Parker. «Che cosa ti ha insegnato?» Mi accigliai. «Insegnarmi?» «Le hai fatto visita diverse volte?» chiese Sully. Annuii. «Ti ha portata al piano di sopra?» aggiunse Parker. Mi leccai le labbra. «Sì.» «Ti ha baciata come ha fatto Sully? Ti ha spogliata? Ti ha toccata?» Trasalii di fronte a quella domanda sconvolgente. «Cosa?» Scossi la testa. «No, ma certo che no. Non...» «Non farebbe al caso tuo?» replicò Sully. «Io... non lo so. Voglio dire, non ho mai pensato...» «Non sei interessata a fare l’amore con un’altra donna, allora.» Spalancai gli occhi di fronte alle parole di Parker. «Sono vergine,» dissi, sollevando il mento. Non volevo che lo mettessero in dubbio. Sully sorrise. «Bene, dolcezza, ma puoi trovare piacere anche senza perdere la verginità. E con una donna.» Ripensai a tutto ciò cui avevo assistito attraverso gli spioncini e non si era mai trattato di due donne insieme. Non ci avevo mai pensato. «Oh,» replicai, mordendomi un labbro. «Vi state chiedendo che cosa io abbia imparato guardando, a parte il mio vocabolario volgare.» Parker allungò una mano e mi aprì il fermaglio del cappello, togliendomelo dalla testa. Portando il braccio dietro di sé, lo posò senza guardare sul tavolo accanto ad una ciotola di cavolo. «Hai guardato la gente scopare?» mi chiese. Arrossii e sollevai le mani. Quella parola... scopare, veniva usata da Chloe e da chiunque al Briar Rose con una tale nonchalance che ne ero diventata immune. Ma quando Parker la utilizzava in una domanda diretta a me, mi imbarazzavo all’istante. La mia mancanza di risposta gli disse abbastanza. Entrambi gli uomini si guardarono attorno. «Non puoi essere uscita nelle sale principali,» commentò Parker. «Certo che no,» sbottai io. A parte essere inappropriato, la mia virtù sarebbe stata distrutta e la notizia che mi trovassi lì si sarebbe diffusa a macchia d’olio in tutta la città. Era accettabile per un uomo – perfino un uomo sposato – cercare una donna per una notte di passione, ma lo stesso non si poteva dire di una donna interessata alle attenzioni di un uomo. Specialmente l’ereditiera Millard. «Da dove guardavi?» mi chiese Sully, la voce più profonda che mai. Autoritaria. Spinta a rispondergli, indicai la parete dov’era appeso, storto, un orrendo dipinto di una ciotola di frutta. Sully aggirò il tavolo e sollevò il dipinto dalla parete per rivelare un piccolo buco. Chinandosi – era stato creato per gente molto più bassa – vi posò l’occhio. Potei solamente immaginare cosa stasse vedendo nel salotto. Dopo un minuto, si alzò e si allontanò, lasciando che Parker desse un’occhiata. Lui gemette quando vide qualunque cosa stesse accadendo di là. Si voltò dal buco e guardò me, sorridendo come un pazzo. «Ti incuriosiva ciò che vedevi? Abbastanza da tornare più di una volta. Ammettilo, dolcezza. Non c’è nulla di cui vergognarsi.» «Sì.» Avrei potuto mentire, ma sarebbe stato inutile. «Sei abbastanza curiosa da provare le cose che hai visto, ora che sei sposata?» Mi voltai, presi a camminare avanti e indietro per la stanza, vidi che il cavolo stava bollendo troppo e abbassai la fiamma sotto alla pentola. «Mary,» mi spronò Parker, dal momento che era palese che stessi prendendo tempo. Mi raddrizzai e mi voltai di colpo verso di loro, il nervosismo che prendeva il sopravvento. «Non so come rispondere. In ogni caso pensereste male di me.» Sully fece il giro del tavolo, spostando una sedia lungo il tragitto. «In che modo?» Sollevai le mani, poi le lasciai ricadere. «Se vi dicessi che sono curiosa, che mi è piaciuto ciò che ho visto, allora pensereste che sia una donna facile. Se vi dicessi che non mi è piaciuto nulla, mi riterreste frigida.» Sully annullò la distanza rimasta tra di noi e mi attirò in un altro abbraccio. Sentii il suo mento appoggiarsi sulla mia testa, percepii il suo respiro profondo. Non avevo idea che un uomo così intenso potesse essere il tipo da coccole. Era bello farsi abbracciare, vedersi offrire rassicurazione e conforto in quel semplice gesto. «Non sei frigida,» replicò. «Sei vivace e passionale e quel bacio... a me non è sembrato freddo.» Era vero, era stato tutto meno che freddo. «Va’ a vedere cosa sta succedendo nell’altra stanza,» mi disse Sully. Mi diede una stretta, poi mi lasciò andare. Traendo un respiro profondo, andai allo spioncino. Sapevo che dava sulla piccola stanza accanto al salotto, illuminata da lampade e un sacco di velluto rosso che la rendeva audace. Sdraiato comodamente sulla schiena su un divano c’era un uomo: aveva un ginocchio piegato e un piede appoggiato a terra accanto alle mutande spiegazzate di una donna. Non riuscivo a vedere il suo volto perchè Amelia vi era seduta sopra. Proprio sopra! Aveva i seni fuori dal corsetto con i capezzoli esposti. Aveva la testa gettata indietro, gli occhi chiusi e le labbra aperte, mentre l’uomo le metteva la bocca sulla... lì. Le teneva i fianchi e la teneva ferma così da poterle leccare la figa. Sussultai. Non era una cosa che avessi mai visto prima. «Mi piacerebbe farlo a te,» mormorò Parker. Era in piedi proprio alle mie spalle – non l’avevo sentito avvicinarsi – ed io trasalii, allontanando l’occhio dallo spioncino. Con le sue mani ad entrambi i lati della mia testa, non potevo andare da nessuna parte. Contro il fondoschiena sentivo il suo uccello, duro e spesso. «Continua a guardare. Voglio che ti siedi sulla mia faccia proprio in quel modo così che ti possa divorare la figa. Voglio sapere che gusto hai, mandar giù ogni singola goccia della tua essenza. Voglio farti gridare di piacere.» Mi pulsò la figa mentre guardavo quell’immagine carnale. L’uomo era abile nel suo compito, dal momento che per quanto le tenesse saldamente i fianchi con le mani, lei ondeggiava sopra di lui, gridando con abbandono. «Ti abbasserò il corsetto così da poterti succhiare uno di quei bei capezzoli gonfi nella mia bocca, poi l’altro mentre Parker userà la lingua sul tuo piccolo clitoride.» Sully mi venne accanto per sussurrarmi all’altro orecchio. Parlarono mentre io continuavo a guardare l’uomo che spostava Amelia in avanti, le sue mani che afferravano lo schienale del divano per tenersi su, le cosce che tremavano. Chloe aveva detto che a volte fingeva di divertirsi; Amelia non stava decisamente recitando. «Hai le guance rosse, il fiato corto. Vuoi che ti tocchiamo a quel modo,» disse Parker. Una mano mi accarezzò la schiena. Non ero certa a chi appartenesse, ma trasformò quell’esperienza dell’osservare una coppia in un’unione tanto carnale. Adesso riuscivo anche a sentire ciò che stavo vedendo. Una mano mi strattonò l’abito lungo, sollevandolo sempre di più fino a quando non sentii delle dita sfiorarmi le calze per poi giocarne con l’orlo, toccandomi appena le cosce nude. Trasalii, non per via di quel tocco, ma perchè in quel momento la donna urlò di piacere. La figa mi pulsò, bramosa di trovare anche lei l’orgasmo. La porta della cucina si spalancò e l’orlo del mio abito ricadde a terra. Sully si voltò a guardare chi fosse entrato, facendomi scudo. Parker si ritrasse. Impanicata, io mi voltai di scatto, la schiena premuta contro il muro, e sollevai lo sguardo su di lui. Mi sentivo come una bambina che mangiava una fetta della torta di compleanno prima della festa. Invece di rimproverarmi, lui mi sorrise, poi mi fece l’occhiolino. Come poteva un semplice sorriso alleviare la mia tensione, non ne avevo idea. La persona doveva essersi resa conto di aver interrotto qualcosa, poichè i suoi passi si allontanarono. «Forse non dovremmo scoparti sul tavolo accanto ad una ciotola di cavolo,» commentò Parker. «Andiamo di sopra, piuttosto?» Sully si voltò così che mi trovai di nuovo tra loro due, un punto in cui sembrava piacergli tenermi. Non potevo negare la mia impazienza. Potei solamente annuire dal momento che le sensazioni che mi scorrevano in corpo potevano essere alleviate solamente da quegli uomini.
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