Capitolo 4

2091 Words
4 SULLY Sì, lo sapevamo eccome. «Ma-» La signorina Rose sollevò una mano. «Se vuoi trascorrere la notte qui con questi uomini, prima ti sposerai.» Il suo ultimatum mi piacque immensamente. Ci avrebbe permesso di metterle l’anello al dito così da poterla veramente proteggere da Benson e da suo padre. Non avremmo potuto fare nulla fino a quando non ci fosse appartenuta legalmente e non avevo intenzione di macchiare la sua virtù aspettandomi nulla di diverso. «Ma... tutte le ragazze. Nessuna di loro sposa gli uomini che si porta al piano di sopra!» La voce di Mary si alzò mentre si irritava. «Perché io?» «Sei una puttana?» le chiese bruscamente la signorina Rose. Mary distolse lo sguardo. «No,» sussurrò. «Allora ti sposerai. Non ti permetterò di accettare nulla di meno. Se tua madre fosse viva, sarebbe d’accordo con me.» L’idea di Mary da sola con suo padre, dei suoi spietati piani che la riguardavano, mi rese ancora più impaziente di farla finita con quel matrimonio. Mary ci guardò entrambi. «Io... vi ho appena conosciuti oggi,» ammise. «Come potete essere così sicuri di questa cosa?» Mi spostai per mettermi dritto di fronte a lei. Se avesse tratto un respiro profondo, i suoi seni mi avrebbero toccato il petto. Le feci scorrere le nocche lungo una guancia morbida. Lei chiuse gli occhi e piegò la testa in quella carezza. Ci desiderava; era solo troppo innocente per capire cosa stesse provando. Era travolgente e stava accadendo in fretta, ma era giusto. «Conosci Benson da un po’ di tempo. Non è da quanto tu abbia familiarità con una persona a garantirne un buon legame.» Chloe le diede una pacca sul braccio. «È vero, tesoro. A volte c’è semplicemente una connessione. Quando la trovi, tienti stretto quell’uomo – o uomini – e non lasciarli mai andare.» Mary non sembrò più di tanto convinta, ma mi sorprese quando sollevò il mento e guardò Parker, poi me. «Non sposerò un uomo... o più uomini che mi tradiscano. Far visita qui a Chloe negli ultimi anni mi ha aperto gli occhi sul numero di uomini sposati – uomini che ho perfino conosciuto in chiesa – che sono dei donnaioli. Non posso tollerarlo.» Incrociò le braccia al petto e fissò la signorina Rose. «Non potete costringermi a sposarli se fosse questo il caso.» Era determinata e irremovibile circa la propria opinione e per quanto avrei dovuto sentirmi offeso dalle sue presunzioni negative sul nostro conto, la rispettavo per quello. La signorina Rose non poteva discutere; era chiaro che desiderasse solamente il meglio per Mary e non si trattava di un marito traditore. «Mary.» Parker si portò una mano al petto, dritta sul cuore. «Tu sei nostra. Per quanto sarai legalmente sposata con Sully, sarai anche mia moglie. Io non desidererò nessun’altra. Ti giuro che ti sarò fedele.» «Anch’io,» aggiunsi. Mary piegò la testa verso di me. La sua mente stava lavorando, mettendo in discussione tutto e riflettendo. La signorina Rose guardò noi, poi Mary, in attesa. Lo sguardo di Mary non recava tracce di confusione, né di timore, ma solo determinazione, mentre rifletteva sul nostro giuramento. Quelle parole erano più importanti della cerimonia di matrimonio che sarebbe avvenuta a breve. «D’accordo.» Annuì, come se avesse avuto bisogno di accompagnare le proprie parole con quel gesto. Per me, quella dichiarazione era abbastanza. «Non possiamo andare in chiesa. Mio padre lo verrebbe a sapere.» La signorina Rose agitò una mano. «Tuo padre può anche essere un uomo potente in città, ma io ho degli agganci.» Indicò con il mento la porta che dava sul salotto principale. «Di là c’è il Giudice Rathbone. Non ho dubbi sul fatto che sarà felice di presidiare alle vostre nozze.» Visto il modo in cui la signorina Rose formulò l’ultima frase, ne dedussi che avrebbe convinto il giudice a partecipare. Chloe corse fuori dalla cucina, molto più emozionata da quel matrimonio della sposa stessa. Non ci volle molto prima che il giudice facesse il suo ingresso, trascinato contro il proprio volere da Chloe. Per essere una donna tanto minuta, era piuttosto forte. Il giudice era sulla cinquantina con i capelli piuttosto grigi, in sovrappeso e con delle corte gambe tozze. Non aveva più la giacca e la cravatta era in disordine, come se fosse stato impegnato prima di venire trascinato via. Ci osservò tutti e tre e spalancò gli occhi nel vedere Mary. «Signorina Millard,» disse, sorpreso. «Sono certa che questa cerimonia sarà un qualcosa che dimenticheremo presto tutti, non è vero, Giudice?» domandò la signorina Rose, la sua voce dolce come il miele. «Vostra moglie non fa parte delle Ausiliatrici assieme alla signorina Millard?» Il doppio mento del giudice ondeggiò, mentre lui annuiva. «Allora sono certa che la signorina Millard e questi uomini manterranno segreta non solo la vostra presenza qui al Briar Rose, ma anche le cose che avete fatto questa sera con Elise?» Il giudice sgranò leggermente gli occhi. Deglutì, riflettendo sulle conseguenze. Tirando indietro le spalle e assumendo un portamento più da giudice, disse, «Chi è lo sposo?» Mi feci avanti e presi posto accanto a Mary. «Sono io.» Solamente quella mattina non avevo avuto idea che mi sarei sposato. Eppure eccomi lì, con Parker al mio fianco. Stavamo dedicando le nostre vite a quella donna e non si poteva tornare indietro. Lanciai un’occhiata a Mary: sembrava calma e... bellissima. I suoi capelli biondi erano ancora perfettamente in ordine, il suo abito senza una grinza e il suo cappello ancora alla giusta angolazione. Sembrava che le ultime due ore non avessero avuto alcun effetto su di lei, del tutto risoluta. Anch’io lo ero. «Bene,» disse il giudice, lanciando un’occhiata a Parker. «Avete portato un testimone.» Non avevo intenzione di chiarire il fatto che fosse molto più che un testimone, dal momento che non volevo rivelare tutti i nostri segreti. Ero certo che quell’uomo non sarebbe andato a spifferare in giro delle nozze segrete dell’ereditiera Millard, dal momento che qualunque cosa avesse fatto con Elise doveva essere stata abbastanza licenziosa da assicurarlo. Tuttavia, ciò non significava che volessi dargli alcun potere su di noi. Il giudice guardò me. «Mentre conosco già la signorina Millard, vi prego di svelarmi il vostro nome.» «Adam Sullivan.» L’uomo sgranò gli occhi e deglutì visibilmente. «Adam... Sullivan?» Il giudice praticamente squittì quell’ultima parola e fece un piccolo passo indietro. Mary sollevò lo sguardo su di me, aggrottando leggermente la fronte. Era chiaro che non conoscesse me o ciò che avevo fatto. «La figlia di Gregory Millard sta per sposare il Cecchino Sullivan?» Feci un passo in direzione del giudice e lui si ritrasse. Sì, mi conosceva bene. «C’è qualche problema, Giudice?» Lui scosse la testa con tanta forza che gli tremarono le labbra. La signorina Rose inarcò un sopraccciglio, poi rise. «Questo è... fantastico.» Mary si accigliò. «Cosa? Non capisco. Vi conoscete tutti?» «Il tuo promesso sposo è piuttosto famoso da queste parti. Un fuorilegge, dicono alcuni,» la signorina Rose informò Mary. Il suo sguardo avveduto si spostò su di me. «Quanti dei vostri stessi uomini avete ucciso?» Non sembrava inorridita dal mio passato pericoloso, bensì piuttosto divertita. «Quattro,» risposi io, indietreggiando e afferrando subito Mary per un gomito. Lei cercò di ritrarsi, ma io non avevo intenzione di permetterglielo. Senza conoscere i dettagli, le mie azioni sembravano sconvolgenti e potevo solamente immaginare cosa stesse pensando. Avevo fatto parte della Cavalleria statunitense e alcuni dei nostri uomini si erano mostrati sleali, assumendo il controllo delle relazioni con gli indiani. Quando ero incappato negli uomini che stavano violentando e uccidendo in un accampamento indiano, avevo difeso gli innocenti. Avevo sparato a quei quattro uomini prima che potessero causare altro dolore. Non erano soldati, erano dei bastardi che prendevano di mira i più deboli. Erano dei pazzi ed io li avrei uccisi ancora se necessario. Prima dell’inchiesta, ero passato io come il nemico, invece degli uomini che avevano compiuto atti tanto orribili. Ultimamente ero stato ripulito, ma rimosso dal mio incarico. Mi consideravano un pericolo. Da allora, la storia di ciò che avevo fatto si era diffusa ed era stata storpiata, dipingendomi come una bestia aggressiva che uccideva tutto e tutti quelli che mi facevano arrabbiare. Ecco perchè il giudice mi temeva, dal momento che credeva a quelle storie. In questo caso, ero felice che quell’uomo avesse tanta paura di me, dal momento che aveva molto più lui da perdere – o quantomeno così credeva – piuttosto che semplicemente far scoprire alla moglie la propria infedeltà. A me non importava delle storie o della leggenda che ero diventato. Volevo una vita tranquilla, semplice. E l’avrei avuta, se solo fossimo riusciti a convincere il giudice a procedere. Tuttavia, bisognava placare i timori di Mary. Non volevo che avesse paura di me. Abbassai lo sguardo sulla mia sposa intimorita, cercando di ammorbidire il tono di voce. «Ci sono molte cose che devo raccontarti e adesso non è il momento per farlo con tutto questo pubblico. Ma quei quattro uomini, stavano ferendo e uccidendo delle persone innocenti. Io li ho fermati. Per quanto riguarda te, non devi mai avere paura di me. Mai. Non è così, signorina Rose?» Tenni lo sguardo fisso su Mary, non volendo che pensasse che le stessi nascondendo nulla. Trattenni il respiro, poichè sapevo come il mio passato continuava a tornare a galla dimostrandosi una seccatura. Che Mary mi venisse strappata via per quello, però, era tutta un’altra cosa. La signorina Rose annuì. «Esatto, bambola. Se Sullivan sarà tuo marito, non dovrai mai più preoccuparti di tuo padre. Di nessuno. Sei al sicuro con lui. Giusto, Giudice?» Mary non si sarebbe più dovuta preoccupare di suo padre perchè quell’uomo avrebbe avuto troppa paura di me per farle del male. Se chiunque avesse osato ferirla, era nostro compito, nostro privilegio, renderla felice. Il giudice chiuse la bocca, che era rimasta spalancata, e annuì. «Esatto. Il signor Sullivan sa come proteggervi.» Mary si morse un labbro, indecisa. Il suo volto era così espressivo. Per quanto non riuscissi a scorgere timore nei suoi occhi chiari, era confusa e nervosa. Avremmo potuto risolvere entrambe le cose molto presto. Doveva solamente accettare la mia parola. Accettare me, per quello che ero. Ero un uomo paziente, ma era difficile attendere la sua decisione. Solamente una volta completata la cerimonia e quando fossimo riusciti a restare soli con lei avrebbe scoperto quanto fossimo devoti. Traendo un respiro profondo, Mary annuì. «D’accordo.» Cazzo, che sollievo. Venire respinto dalla donna che avevo promesso di proteggere sarebbe stato devastante. Credeva in me, abbastanza da sposarmi. Non potei trattenere un ghigno. La lasciai andare e le accarezzai di nuovo la guancia con le nocche. «Brava ragazza,» mormorai e lei sorrise, arrossendo per il complimento. Il giudice iniziò la cerimonia, pronunciando rapidamente le parole che conosceva a memoria. Sarebbe stato un matrimonio molto rapido. Il giudice voleva farla finita. Io volevo farla finita. Ero certo che anche Parker, per un attimo, fosse stato nervoso. Di certo anche lui voleva che Mary fosse nostra il prima possibile. Era così bella, così sicura di sè, in piedi al mio fianco. Accettava il proprio destino, accettava il fatto che quella fosse la cosa migliore per lei, che noi fossimo la cosa migliore per lei. Ero così orgogliosa di lei, così meravigliato dalla sua forza. Quando i voti furono pronunciati, io mi chinai per baciarla, un bacio casto e rapido, ma non prima di aver percepito la morbidezza delle sue labbra o aver sentito il piccolo sussulto che le sfuggì. Mary aveva chiuso gli occhi e, quando li riaprì, erano velati di rinnovata passione. Fu un momento inebriante, il sapere di averle conferito io quell’espressione. Potevo solamente immaginare come sarebbe stata quando l’avrei baciata veramente. «Vi ringrazio, Giudice.» La signorina Rose diede una pacca sul braccio dell’uomo per tranquillizzarlo. Sembrava sollevato del fatto che fosse finita e si tirò fuori un fazzoletto dalla tasca per asciugarsi la fronte sudata. «Vi prego di dire ad Elise che le vostre ordinazioni, stasera, saranno a carico mio.» L’uomo non indugiò, ma corse via dalla cucina ad una velocità che smentiva la sua stazza. La signorina Rose sorrise. «Congratulazioni, Mary. Puoi anche non credermi, ma hai un buon marito. Due buoni mariti. Tutti gli uomini di Bridgewater sono uomini d’onore. Leali. Amorevoli.» Mary annuì, ma non aveva le basi per offrire una risposta. D’altronde, sembrava un tantino sopraffatta. L’accordo era concluso. Era legale. Apparteneva a me, adesso. E a Parker. «Salite quelle scale, la seconda stanza a sinistra.» La signorina Rose indicò il piano di sopra. «Credo, signori, che la troverete adeguata per stanotte.» La signorina Rose prese la mano di Mary e gliela strinse brevemente in un gesto rassicurante prima di seguire il giudice, trascinandosi dietro Chloe che ci fece l’occhiolino un attimo prima che la porta si chiudesse alle sue spalle. «Da soli con nostra moglie in un bordello di Butte,» dissi, incurvando verso l’alto un angolo della bocca. Parker rise, poi prese Mary per mano. Ero certo che si sentisse sollevato quanto me, sapendo che era nostra. Ufficialmente, legalmente, definitivamente. «Cosa mai potremmo fare?»
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