Samantha, detta Sam, è tornata dall’Africa da pochi mesi e Brooklyn le sembra un paese ostile e straniero. Ha problemi di ansia e il lavoro che le ha trovato la ONG per cui lavorava in Kenya la deprime profondamente. Immaginava il suo futuro in modo diverso.
La prima notte nella nuova casa, per di più, viene svegliata da dei rumori inconfondibili nell’appartamento accanto: la testiera di un letto che batte contro il muro e gli ululati di piacere di una donna. Il giorno seguente conosce un tipo simpatico nella lavanderia del palazzo e solo alla fine si rende conto che è lui, il vicino di casa che le ha dato quel benvenuto così particolare.
Nell’arco di qualche settimana capisce che Asher è un seduttore seriale, che si libera delle conquiste subito dopo aver fatto sesso con loro. E che lei ha il dubbio privilegio di poter sentire attraverso il muro buona parte delle sue “prodezze”. Se Asher fosse solo questo Sam cambierebbe stanza alla propria camera da letto e la finirebbe lì. Ma quel ragazzo bello e amichevole ha dentro delle ombre che conoscere non è facile e un passato doloroso che, in un certo senso, rispecchia quello della stessa Sam...
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CONTIENE SCENE ESPLICITE - CONSIGLIATO A UN PUBBLICO ADULTO
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Il tizio mi rivolse un educato cenno di saluto, aprì il cestello e iniziò a svuotarlo.
«Oh, merda» sospirò.
Avevo vissuto per anni in un posto dove la privacy non ha grande considerazione. Allungai il collo, incuriosita. A quel che pareva le sue mutande e i suoi calzini erano diventati tutti rosa.
Gli offrii un sorriso di simpatia.
«Succede» dissi.
«Non ha senso» ribatté lui, aggrondandosi.
Era di poco più vecchio di me. Alto, in forma, direi piuttosto belloccio. E ora era irritato a morte, cosa che lo rendeva un po’ buffo.
Lo vidi frugare nella sua biancheria, fino a estrarne uno straccetto rosso.
«C’è sempre qualcosa che va a finire nel posto sbagliato» commentai, fatalista.
Lui aprì lo straccetto. Era un tanga di pizzo rosso.
«Non è il mio» disse, molto scocciato.
«Un po’ lo pensavo».
Mi lanciò un’occhiata innervosita. Okay, forse ero invadente. Mi ripromisi di andarmene senza fare ulteriori commenti, ma lui disse: «Nel senso che non è della mia ragazza».
«Non so se è il caso di dirglielo».
Sbuffò. «Volevo dire: non ho una ragazza. Questo è un sabotaggio».
«Un sabotaggio» ripetei, perplessa.
«Quella stronza deve averle infilate in un calzino o qualcosa del genere, non pensi? Poi, durante il lavaggio, le mutande sono scivolate fuori dal calzino e voilà. È un piano astuto, a suo modo».
«Ehm».