9. «Uff... non partivamo più! E poi non atterravamo più! Ciao, mama!». Irine era una ragazza alta, magra come uno stecco, con addosso un grosso giaccone e dei jeans corti e quasi bianchi. Si tirava dietro una valigia con le rotelle, non un trolley. Lo mollò per strizzare suo padre in un abbraccio fortissimo. «Ciao, patara. Sono contento di vederti». Irine si scostò e lo squadrò, tenendolo per le spalle. «Credevo che fossi moribondo. Non sei messo così male». Pete grugnì. «Stamattina mi hanno operato alla mano e sostituito il gesso al piede con un tutore. Per questo sembro quasi in forma. Questa è Skye». Irine le tese la mano con un sorriso luminoso. «Ciao! Sono felice di conoscerti. La mamma ha detto che ti sei preso in casa questa lagna?». «Il piacere è mio. E per il momento non s