9.

440 Words
9.“Non è possibile...” Susanna contemplò l’armadio, scuotendo il capo. Nessuno degli abiti ammassati lì dentro era adatto all’occasione. Con i guai che le erano capitati negli ultimi tempi e i pochi soldi guadagnati non aveva avuto molte occasioni di dedicarsi al guardaroba. Di vestiti eleganti ne aveva un paio, il serio tailleur blu utilizzato per la laurea, e l’abito di tulle azzurro polvere anni Sessanta “preso in prestito” alla sua ex coinquilina e sfoggiato durante la festa elettorale dell’Assessore Di Domenico, due occasioni imbarazzanti che era lieta di non dover bissare. Era comunque pronta a riciclarne gli abiti senza sentimentalismi, ma per un vernissage in una galleria d’arte entrambe le mise erano inadeguate, la prima troppo classica, e la seconda troppo kitsch. Si sentì male. Continuò a frugare nell’armadio, con la speranza che quella pazza di Giulia prima di andarsene avesse dimenticato qualche abito da party intellettuale, ma a parte il vestito da Carrie - lo sguardo di Satana si era portata via tutto. Scrutò desolata le dolcevita, i maglioni, le camicette banali e le sue t-shirt a tema horror e rock. Sospirò. Non è che poteva presentarsi alla mostra con un paio di jeans sbiaditi e una maglietta dei Led Zeppelin, dicendo che era stata troppo impegnata a difendersi da folli collezionisti e sanguinari serial killer e non aveva avuto tempo di fare shopping. Dannata etichetta. In un’altra situazione sarebbe uscita a comprare qualcosa al cinese sotto casa da adattare all’occasione, ma con i cinquantadue euro sul conto al momento era fuori budget. Stava quasi pensando di inventare una scusa e non presentarsi, quando lo sguardo le cadde sulla zona notte dell’armadio: accanto al pigiama nero con le facce di Jack Skeletron era appesa la sottoveste di raso acquistata a Budapest quando frequentava Sandor. Era color verde smeraldo, e con il ciondolo d’ambra a forma di goccia non sarebbe stata affatto male. La indossò, poi si spazzolò i capelli lunghi e castani, si truccò e si infilò una giacchetta di pelle. L’effetto le piaceva; si augurò che nessuno notasse che si trattava di lingerie, ma nel caso era pronta a negare fino alla morte. In fondo me la sono cavata abbastanza rapidamente, si disse, poi lo sguardo le corse al cellulare: le nove e zero e sette. Nel tempo in cui stava scegliendo l’abito doveva esser accaduto qualche fenomeno spazio temporale del tutto contrario alle normali leggi della fisica. “Be’, in fondo poteva andare peggio” dichiarò, “poteva piovere”, e dopo aver lanciato uno sguardo di disapprovazione fuori dalla finestra, afferrò al volo un ombrello e corse in strada.
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