7.

973 Words
7.“E quindi tu saresti una cacciatrice di film scomparsi?” “In realtà sono laureata in cinema, e vorrei lavorare nel settore, ma finora ho ricevuto solo porte in faccia” Susanna addentò la Sacher per consolarsi. “Poi qualche anno fa mi è capitato per disperazione di fare questo strano lavoro, e da allora i collezionisti si sono passati parola...” “Forte!” Carlotta indossava un abitino corto di raso fucsia, costellato di fiorelloni verde acido, la fida borsa a frange sempre accanto, come un cucciolo. Versò il tè al gelsomino nelle tazze color pastello della torteria e i capelli biondi e lisci brillarono nella luce. Era metà ottobre ed erano a Torino, ma nella veranda illuminata dal sole sembrava di essere a maggio sulla spiaggia di Santa Monica. “Macché forte... questi collezionisti saranno ricchi, ma tutti matti” fece Susanna. “Quando poi scopri che non sono neanche ricchi...” Abbassò lo sguardo. “Cavoli, mi dispiace che quel bastardo non ti abbia pagato” si accalorò Carlotta, poi le lanciò uno sguardo complice con quegli occhi grandi e viola, quasi da gatta. “Però almeno stai con un tipo interessante.” “Ah, davvero?” “Perché... non lo trovi interessante?” “Potrebbe esserlo, se mi dici chi è.” “Be’ intendevo quel tipo alto col giubbotto di pelle e gli stivali che ti cercava al Blue Velvet, e che ti ha accompagnato qui poco fa.” “Ah, vuoi dire Steve!” Susanna scoppiò in una fragorosa risata. “Steve Salvatori.” “Non so, ma che cosa c’è da ridere?” Carlotta affondò la forchetta nella glassa fucsia del cheesecake ai lamponi, e la guardò incuriosita. “Non mi pare affatto brutto.” “Steve è un... un collega. Nel senso di cacciatore di pellicole.” “E quindi?” “Vabbè, è un matto. Uno che non si sa mai bene quello che gli passa per la testa.” “Come tutti gli uomini, insomma”, rise Carlotta, pulendosi le labbra dal cioccolato. “No, no. Ti assicuro che è peggio” insistette Susanna. “E in ogni caso non stiamo insieme. Per fortuna.” Carlotta la osservava, assorta. “Eppure una ragazza dolce come te non può essere sola...” Susanna si versò altro tè al gelsomino. “Il mio ragazzo è morto qualche anno fa in... in un incidente” sospirò. “E quella sera guidavo io.” “Uh...” fece Carlotta, mortificata. “Mi dispiace molto.” Lei alzò le spalle. Non sapeva perché ne stava parlando, proprio ora. e proprio con lei, che era quasi una sconosciuta. “C-cerco di pensarci il meno possibile” disse. “Anche se ogni tanto lui ritorna. N-nei sogni... e non solo.” “Tutti prima o poi torniamo” dichiarò Carlotta, seria, e in quel momento fu come se la luce dorata del crepuscolo mutasse direzione e il suo volto precipitasse nell’ombra. Anche l’abito, dai colori squillanti, pareva farsi opaco, privo di riflessi. Restarono a guardarsi per qualche istante, nell’atmosfera sospesa della veranda, e Susanna sentì un freddo innaturale attraversarle la pelle. Cercò un argomento frivolo cui aggrapparsi, ma non le venne in mente nulla. “Ho un’idea” disse infine Carlotta, e non appena parlò, il suo sorriso tornò a brillare. “Un’idea per farti guadagnare qualche soldo.” “Davvero? E sarebbe?” “Li conosci Tommaso D’Anza, e il professor Ginzburg?” “Uhm... no. Chi sarebbero?” “Il primo ha una prestigiosa galleria in centro, mentre Ginzburg è un importante critico d’arte.” Susanna scosse il capo. “Non sono un’esperta di quadri, ammetto.” “Sì, ma D’Anza è il primo a Torino ad aver esposto le opere del grande Lorenzo Alessandri.” “Ah” Abbozzò. Neanche quel nome le diceva nulla. Carlotta fiutò il suo disagio. “Lorenzo Alessandri sarebbe il pittore su cui sto scrivendo la tesi di dottorato, con il professor Ginzburg, appunto.” Sgranò gli occhi dall’entusiasmo. “Un luminare.” “Complimenti...” si congratulò Susanna. “Ma io che cosa dovrei fare?” “Niente. A parte venire mercoledì all’inaugurazione e conoscere un po’ di artisti.” “Mmh...” fece Susanna, scettica. “Di recente ne ho conosciuti di artisti, e non è mai andata a finire molto bene.” “Sarà, ma gli artisti che intendo io non sono quei nerd cinefili appassionati di vampiri” Carlotta increspò le labbra in un’espressione divertita. “Sono tutti legati al mondo della pittura e delle gallerie d’arte.” Si strofinò il pollice con l’indice. “Gente che sta bene.” “Okay, ma come ti ho detto io di arte non me ne intendo... ho studiato appena un esame al Dams, e visto qualche mostra.” “Vedrai che non sarà un problema” disse Carlotta. “Anzi, sono certa che il mio professore sarà felice di conoscerti, e poi...” Si interruppe, e buttò giù quel che restava del tè. “E poi?” “E poi incontrerai anche Dario.” “Chi è? Un altro gallerista?” “No, no...” Carlotta arrossì. “È il mio...” “Ah, il tuo ragazzo.” “Una... una specie.” Susanna la guardò, interrogativa, ma lei non aggiunse altro. “Grazie per l’invito” disse allora. “Ti farò sapere.” Oltre la vetrata era scesa la notte, e rari passanti si affrettavano verso casa. Susanna mangiò l’ultimo boccone di Sacher, poi uscì dal dehors e si diresse alla cassa. Era già tutto pagato. “Non era il caso...” Carlotta estrasse dalla borsa a frange un foulard indiano e se lo girò un paio di volte intorno al collo. “La prossima tocca a te” disse, poi si allontanò nel buio.
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