5.

883 Words
5.Tornò dalla banca che erano passate le tre. Entrò nella palazzina in una traversa di piazza Vittorio, e salì la ripida scala di pietra che conduceva al quarto piano, diretta a casa. A tutti gli amanti delle vecchie mansarde torinesi che “fanno molto intellettuale parigino bohémien”, Susanna augurava di vivere un paio d’anni in un monolocale come quello, pieno di spigoli e spifferi, che dell’epoca della Nouvelle Vague aveva soltanto gli elettrodomestici, una caldaia e uno scaldabagno elettrico anni Sessanta quasi sempre fuori servizio. Nonostante questo, l’atmosfera di casa, colma di locandine, libri e dvd non le dispiaceva affatto. Era tentata di mettersi al computer a inviare qualche curriculum, poi, al pensiero della meritata ricompensa di Altavilla, ritenne che per un pomeriggio poteva anche evadere dai problemi quotidiani e dedicarsi in toto alla Bellezza dell’Arte. Si preparò dunque un buon tè caldo al gelsomino, da gustare nella sua tazza preferita dello Squalo di Spielberg, e infilò nel lettore un ghost movie che non rivedeva da tempo: Suspense di Jack Clayton. Le bastava poco per sentirsi in pace con il mondo. Si domandò anzi come fa la gente ad agitarsi dinanzi a un rilassante film dell’orrore, quando nella vita vera accadono faccende decisamente più turpi e indicibili rispetto a una tranquilla storia di fantasmi in bianco e nero. Era appena arrivata alla scena in cui Deborah Kerr giunge alla villa, quando un imperioso trillo di campanello attraversò la mansarda in penombra. Ecco. Ci siamo, pensò Susanna. E questi che vogliono? Si alzò dal divano seccata e raggiunse la porta. La signora Anfossi torreggiava sul pianerottolo; portava un’inguardabile vestaglia di flanella rosa, e la solita espressione di rispettabile collera dipinta sul volto. Deformata dalla lente dello spioncino pareva una vecchia attrice lynchana ripresa al fish eye. Susanna aprì con un sospiro. “Un paio di giorni e avrà il suo affitto”, la anticipò. “A dire il vero la scadenza era ieri.” “Non credo che per un paio di giorni andrà in miseria” Il pensiero dei ventimila di Altavilla la faceva sentire spavalda. “Se tutti gli altri miei inquilini in questo palazzo facessero come lei, signorina Marino, in miseria ci sarei già andata da tempo” replicò la Anfossi. “Be’ se possiede tutto il palazzo non penso proprio finirà sul lastrico.” “Come dice?” “Ovviamente era una battuta” Susanna tentò di congedarsi con un sorriso forzato, ma la Anfossi non mollava. Fece qualche passo dentro casa, intercettando l’urlo terrorizzato di Deborah Kerr sullo schermo del televisore. “Voi giovani guardate questa roba, e poi vi manca il rispetto... mica come ai miei tempi...” “Suspense è un film del 1961”, le fece presente Susanna. “In ogni caso non si preoccupi, entro giovedì al massimo provvederò a saldare.” Era quasi riuscita a congedarsi quando la musichetta di 1997: Fuga da New York riecheggiò per la stanza. Afferrò il cellulare: un numero sconosciuto pulsava sul display. Doveva essere il Blue Velvet che le chiedeva di cambiare turno, ma ancora non aveva memorizzato il numero. Non poté dunque fare a meno di rispondere nonostante la signora Anfossi, incurante dei suoi cenni, non accennasse ad andarsene. “Pronto?” “Parlo con la signorina Marino?” “Sì, sono io.” La voce era quella del Pelato della banca. “Mi dica.” Dall’altro capo del telefono si udì una pausa, poi l’uomo disse: “Siamo spiacenti di comunicarle che la transazione bancaria da lei richiesta questa mattina non è andata a buon fine.” “C-che cosa intende, scusi?” L’impiegato si schiarì la gola. “Purtroppo il conto del dottor... insomma, del professor Cristoforo Altavilla non è coperto per la somma indicata sul suo assegno, dunque non ci è possibile proseguire con l’operazione di accredito da lei richiesta.” “Non... non è possibile!” “Purtroppo è un disguido che avviene più spesso di quanto si creda.” “E allora? Che cosa fate in questi casi?” “Nulla.” “Non è possibile!” “Purtroppo nel caso di assegni non coperti la responsabilità non ricade sulla filiale, bensì su colui che li ha emessi, e...” “Ho capito” lo interruppe Susanna. “Ma si tratta di una truffa. Non è prevista un’assicurazione o...” “Siamo spiacenti, signorina. L’unica cosa che lei possa fare è parlarne con colui che ha emesso l’assegno.” “Voglio parlare con il direttore.” “Il direttore è al momento in riunione” dichiarò il Pelato, e aggiunse: “Le auguro una buona serata.” “Un momento... aspetti...” Dall’altra parte avevano riattaccato. Scagliò con rabbia il cellulare sul tavolo, e colpì in pieno la tazza dello Squalo. “Dannazione!” Il tè al gelsomino si rovesciò ovunque, ma per fortuna la paglia della sedia attutì il colpo e la tazza non si ruppe. “Tutto bene?” Si voltò. La signora Anfossi, in piedi nell’atrio, la osservava e intanto scuoteva il capo alla vista di Sissy Spacek insanguinata sulla locandina di Carrie - Lo sguardo di Satana. “Tutto bene, signora. Ci aggiorniamo presto per l’affitto.” L’accompagnò alla porta con un sorriso, poi crollò sul divano e scoppiò a piangere.
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