PROLOGO

957 Words
PROLOGO 9 settembre 1969“Disturbo?” Lorenzo Alessandri alzò gli occhi dalla tela, mentre la porticina della Soffitta Macabra si apriva cigolando sui cardini. “Tu non disturbi mai” disse con un sorriso bonario. “Vieni avanti.” Le tende erano aperte e la silhouette della ragazza si stagliò contro la vetrata del bovindo, su cui batteva il sole al crepuscolo. Un raggio dal pulviscolo dorato attraversò il vetro e le accarezzò i capelli biondi e lisci, la mini verde acido e la carnagione color latte. Il pittore la osservò, e sorrise. Quando dedichi la tua vita a dipingere, la prima cosa che noti, ancor prima dei colori, è il modo in cui la luce illumina i corpi. Angelika era diversa da tutte le altre: quando il sole la colpiva, alla sua immagine accadeva qualcosa di singolare. Non sapeva definire esattamente che cosa fosse, ma era il motivo per cui quel giorno ad Amsterdam, al mercatino di Waterlooplein, aveva provato l’irrefrenabile impulso di dipingerla. L’aveva subito messa a fuoco tra la folla che popolava le bancarelle di dischi usati, avvolta in uno strano giaccone dal collo di zibellino, con un disco dei King Crimson in mano e il sole che le incendiava i capelli. Era rimasto a fissarla per qualche istante, lei, il disco, la luce, poi aveva preso coraggio. “21st Century Schizoid Man è forte. Mi permetti di regalartelo?” Lei aveva scosso il capo, con una smorfia. “Detesto i King Crimson. Io voglio te.” Avevano vissuto un paio di mesi come in una bolla, chiusi in una stanzetta sul canale, tra colori a olio, hashish e patate fritte, ma il segreto della luce sulla sua pelle, quello non era mai venuto fuori. Più lui la dipingeva, più il mistero si faceva insondabile, rinnovando il desiderio di ritrarla di nuovo, in un loop infinito. Credeva fossero passati giorni, invece erano passati mesi e quel vincolo oscuro che lo legava a lei lo aveva talmente intrigato che non aveva potuto fare a meno di portare Angelika con sé in Italia come modella. Era un rapporto particolare il loro, alimentato più dai pennelli che dalla vita reale, come se l’Angelika Musa sovrastasse l’Angelika Donna, e, attraverso la tela, lei gli schiudesse mondi occulti e sconosciuti. Nella vita quotidiana, invece, l’inafferrabile modella diventava una ragazza come tante, carina, scontrosa e pure un po’ viziata. Per questo, quando l’amico di Lorenzo aveva perso la testa per lei, lui si era lealmente tirato indietro. “Non mi ami, Lorenzo” gli aveva detto Angelika. “Per questo vuoi rinunciare a me.” “No, non ti amo. Perché tu vieni prima dell’amore. Da un altro tempo, e da un altro luogo.” “È un modo elegante per licenziarmi, vero?” “Se è elegante non lo so, ma di sicuro è sincero” le aveva risposto, e ora che scorgeva la sua sagoma sensuale contro la vetrata del bovindo, Lorenzo Alessandri tremava. “Perché sei venuta?” le domandò, mentre l’inarrestabile impulso di ritrarla tornava a impossessarsi di lui, proprio come quel pomeriggio di due anni prima al mercatino di Waterlooplein. “Perché voglio essere dipinta” sussurrò Angelika. “Ora, adesso, e per l’ultima volta.” Si slacciò il top e la minigonna verde acido cadde ai suoi piedi, mentre lei rimaneva ritta, immobile, dinanzi a lui con indosso null’altro che gli stivali di camoscio dal tacco infangato. Angelika era magra, ma a contrasto con la vita sottile i seni nudi e rotondi avevano un che di oltraggioso, così come il sesso che pareva schiudersi come un frutto impudico nella vertigine della stanza. Il pittore trasse un respiro profondo, poi inarcò il sopracciglio e invocò in soccorso la compagna che tante volte nella vita l’aveva salvato. “Mi hanno chiesto in tanti perché ho fatto il pittore, e non l’idraulico” disse. “Ed ecco uno dei motivi.” Lei non rise, non rideva mai alle sue battute, ma le sue labbra si increspavano in una smorfia capricciosa, rendendola ancora più desiderabile. “Allora, Lorenzo, è un sì?” Lui si arrese. “Lo è.” Una scintilla di trionfo balenò nei suoi occhi di ghiaccio. “Perfetto...” Alessandri sostituì la tela a cui stava lavorando con una immacolata, poi pulì il pennello nell’acquaragia e le fece cenno di sedere sul divano sfondato della Soffitta Macabra. Angelika invece vi si sdraiò, e le sue natiche irriverenti spiccarono sul drappo purpureo. Il pittore scosse il capo, turbato. “Questa sarà l’ultima volta, lo sai, vero?” “Lo so” mormorò Angelika. La luce rossa del crepuscolo si rifletté sulle sue pupille blu, che si tinsero di un viola profondo, poi un raggio più intenso degli altri colpì la vetrata del bovindo. Lorenzo Alessandri si coprì gli occhi, abbagliato, e quando tolse poco a poco la mano il corpo sensuale della modella si materializzò attraverso il pulviscolo dorato, e fu allora che il mistero che l’aveva legato a lei sin dai tempi del loro incontro a Waterlooplein gli si rivelò all’improvviso dinanzi. La pelle di Angelika non rifletteva la luce, ma la assorbiva. PARTE PRIMA– Non vuoi dirlo, eppure tu sei un Mago Nero... – Ma no, insisto nel dire che non lo sono. D’altra parte anche i pittori che dipingono la Madonna, non è detto che siano religiosi... possono essere degli atei. Quindi se io dipingo il diavolo, non è detto che sia un Mago Nero. (da un’intervista al pittore Lorenzo Alessandri) “E chi col fuoco, chi con l’acqua, chi alla luce del sole, chi di notte, chi per ordine superiore, chi per processo, chi nel lieto mese di maggio, chi per lento decadimento...” (Leonard Cohen, Who by fire)
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