Maxim
Fanculo.
Non potevo proprio rifiutare a Igor il suo ultimo desiderio o ordine, a seconda dei casi. Ma che cazzo di bomba…
Dovevo sposare Sasha, la mocciosa principessina della mafia. Quella che mi aveva rovinato la vita. Non che fossi pentito di aver lasciato Mosca. Igor aveva ragione: la vita era molto più facile a Chicago sotto la guida di Ravil. Non avevo la costante sensazione che un coltello stesse per conficcarmisi nella schiena come qui. Ma ora quell’impressione sarebbe tornata.
Certo, era per quello che aveva bisogno che la sposassi.
Gli interessi sui pozzi petroliferi di Igor valevano almeno sessanta milioni. E i suoi colleghi erano sgradevoli, per usare un eufemismo. Eravamo una confraternita di ladri, dopotutto. Quindi dovevo presumere che almeno trenta uomini avrebbero voluto rubare quella fortuna in qualsiasi modo possibile, uccidendo Sasha, uccidendo me o addirittura facendo fuori l'intera cellula di Chicago.
Ma io ero un risolutore. Come Ravil ero un maestro stratega, la mia reputazione diceva che sapevo superare i miei avversari con la logica. Igor sapeva che i suoi amici e nemici ci avrebbero pensato due volte prima di provare a rubargli la fortuna, se me ne fossi occupato io.
Guardai bene la mia sposa riluttante e manipolatrice. Era ancora più bella di quando, a diciassette anni, l'avevo trovata nuda nel mio letto, intenzionata a sedurmi.
Era bellissima, da morire, come sua madre. Capelli rossi lunghi e folti. Zigomi alti, pelle di porcellana. Aveva gli occhi azzurri luminosi e le labbra dal perfetto arco di Cupido. Il suo sguardo socchiuso era pieno di dolore e rabbia.
Bljad’. Avrei avuto il mio bel da fare con lei.
Vladimir tornò con i documenti e un funzionario governativo dall'aria nervosa, che presumevo essere un impiegato del Dipartimento dei servizi pubblici. Probabilmente l'avevano pagato o minacciato affinché facesse una visita a domicilio invece di costringerci a recarci da lui.
Se ci fosse stato qualcuno al fianco di Igor, avrei chiesto di rivedere la sua volontà per assicurarmi che l'accordo fosse davvero come lui affermava. Ma era Igor, l'uomo che mi aveva letteralmente salvato la vita, mi aveva preso sotto la sua ala protettrice e mi aveva reso chi ero oggi. Non avevo intenzione di insultarlo. Se la sua ultima richiesta era che sposassi sua figlia, lo avrei fatto.
D'altra parte, Vladimir avrebbe potuto cercare di fottere mia moglie con i suoi soldi, ed era proprio quella la ragione per cui Igor mi aveva inserito in quel pasticcio. Tenni la voce bassa e rispettosa. «Vuoi che prima lo esamini, Papà?»
Ci pensò su un momento, poi annuì, quindi presi il fascio di carte e le sfogliai il più velocemente possibile. C’erano previsioni per Galina, ma passava tutto per Vladimir. A parte l'interesse petrolifero, le uniche partecipazioni commerciali legittime di Igor, tutto il resto sarebbe andato a Vladimir, con disposizioni rigorose di fornire indennità mensili e protezione a Galina.
L'interesse petrolifero sarebbe finito in un fondo fiduciario per Sasha, con me come fiduciario. Dovevamo rimanere sposati o avremmo perso i pozzi, che sarebbero andati a Vladimir o, in sua assenza, a Galina. Se fosse morta prima, Vladimir sarebbe diventato il fiduciario. Se fossi morto prima io, lo sarebbe diventato Ravil. Annuii e consegnai le carte a Igor perché le firmasse.
L'impiegato si schiarì la voce e si agirò sul posto.
«Siamo pronti» gli dissi.
Galina spinse in avanti un’arrabbiata Sasha affinché si mettesse accanto a me. «Non ci posso credere» si lamentò in inglese, forse perché il padre non la capisse. Per fortuna conosceva la lingua, altrimenti la nuova vita le sarebbe apparsa ancora più difficile.
«Hai degli anelli?» mi chiese l'impiegato sudato.
«No.» Scossi la testa.
Igor prese un anello di platino dal mignolo. Lo indossava da quando lo conoscevo. Ricordai che mi diceva cose del tipo: «Anch'io ho iniziato con niente, Maxim, e ora indosso anelli di platino.»
Gli tremò la mano quando me lo porse. Il suo respiro era affannoso.
Galina se ne accorse e si precipitò al suo fianco. «Va tutto bene, amore mio? Hai bisogno di altra morfina?»
«Prosegui» incalzò con impazienza l'impiegato. «Sposali.»
Quello deglutì e si lanciò in un breve scambio di anelli. Infilai l'anello di Igor al dito di Sasha e dissi all'impiegato di saltare la parte in cui lei avrebbe dovuto fare lo stesso con me.
«Ora vi dichiaro marito e moglie. Puoi baciare la sposa.»
Mi parai davanti a Sasha ma lei si girò dall'altra parte, quindi le piazzai un bacio sulla guancia. «Fatto» dissi a Igor.
«D-dopo che avrete firmato il certificato» balbettò l'impiegato.
Gli strappai la penna di mano e scarabocchiai una rapida parvenza della mia firma sul foglio, poi passai la penna a Sasha.
Non strinse le dita intorno alla penna. Mi guardò; in quegli occhi blu oceano turbinava un accenno di ribellione. Come se uno dei due avrebbe davvero potuto fermare la palla che ormai rotolava da molto prima del nostro ingresso nella stanza.
«Firma» scattò Igor. O tentò di scattare. Gli uscì più un rantolo rabbioso.
Galina serrò la bocca. «Firma, Sasha.»
Sasha impugnò l'elegante penna stilografica; i muscoli intorno alla mascella le si irrigidirono mentre firmava il certificato.
L'impiegato firmò e fece un cenno a Vladimir. «Fatto. Lo farò archiviare tra un'ora.» Le mani gli tremarono mentre riponeva il certificato in una cartella, che strinse al petto.
«Bene. Porta qui le copie e riceverai il resto del pagamento.»
L'impiegato uscì come se la stanza fosse in fiamme, e tutti ci rivolgemmo a Igor, il cui respiro si era trasformato in rantolo.
«Prendigli la morfina!» gridò Galina a Vladimir, che chiamò un'infermiera.
Era tutto troppo da digerire. Igor che stava morendo. Il mio matrimonio improvviso. La mia sposa triste.
«Sasha» ansimò Igor. Era irrequieto nel letto, agitava le gambe sotto le coperte come se non riuscisse a respirare. O stesse soffrendo. Le labbra gli stavano diventando blu. «Vieni.»
Quando non si mosse, le misi una mano gentile sulla parte bassa della schiena e la spinsi avanti, verso di lui. L'infermiera gli fece prendere per bocca un medicinale con il contagocce. Prese la mano della figlia.
«Sasha» disse di nuovo.
«Che c'è?» Sentii le lacrime nella voce di Sasha. Anche della rabbia.
«Fidati... di Maxim» le disse.
La pelle d'oca mi corse sulla pelle, su e giù per le braccia e le gambe. Sulla nuca. I timori di Igor per la vita della figlia forse erano più sostanziali di quanto inizialmente non avessi immaginato. O forse aveva paura che scappasse.
Bljad’.
Fece un breve respiro. Poi il nulla.
«Igor!» Galina pianse.
«Papà?» Nella voce di Sasha risuonò un tono di allarme.
Igor respirò di nuovo.
«Oh!» Galina fece un sospiro.
Ma fu il suo ultimo respiro. Il suo corpo si contrasse mentre la vita se ne andava.
Per la prima volta, Galina mi guardò. «Ha aspettato che arrivassi, per morire» disse, ma era un'accusa, non un complimento.
Ci avevo messo troppo a venire. Avevo evitato le chiamate per non sapere cosa volesse darmi prima della morte.
Temevo che fosse la posizione di capo della bratva di Mosca. O un’altra comunque alta. Pensavo mi stesse richiamando in servizio.
Mai e poi mai avrei immaginato che volesse farmi sposare sua figlia.
«Possa la terra essere lieve per lui» mormorai il tradizionale detto russo, poi mi voltai e uscii.
Non avevo tempo per piangere la perdita di un uomo che mi aveva già cacciato dalla sua vita sei anni fa. Dovevo capire come tenere al sicuro la sua testarda figlia, visto che lei non desiderava starmi vicina.