CAPITOLO 2
Asahi era seduto su una sporgenza rocciosa che incombeva sopra il fiume e stava osservando la prima luna sorgere sopra gli alberi, seguita a breve distanza dalla seconda. Un senso di pace lo invase e lui si concentrò su quell’emozione, come gli aveva insegnato a fare suo nonno. Quella semplice meditazione lo aiutava a tenere sotto controllo le ondate di nausea residua.
Tirò fuori la giacca dal borsone, la indossò e chiuse la lampo. I suoi pensieri tornarono a Ruth Hallbrook. Sperava sinceramente che la donna fosse sopravvissuta all’attraversamento del portale, sempre che lo avesse attraversato. Nel corso della giornata, Asahi aveva cercato tracce di lei, ma senza fortuna.
Osservò l’area circostante. Aveva seguito lo scorrere dell’acqua che si muoveva verso sud, sperando che prima o poi lo avrebbe condotto alla costa.
Mentre il pomeriggio si trasformava nella sera, Asahi si era messo a cercare un luogo adatto ad accamparsi. Finalmente, aveva optato per la piattaforma rocciosa dove si stava ora rilassando. Aveva dovuto guadare il fiume, ma non era stato un problema, grazie al ponte naturale creato dall’accumulo di rocce e detriti trasportati dalla corrente.
Spostò lo sguardo dall’altra parte del fiume quando vide un movimento. Una dozzina di piccoli animali dal pelo arruffato uscì dalla foresta.
Ho scelto un buon posto per accamparmi, pensò.
Gli animali dalle strisce gialle e nere avevano grossomodo le dimensioni e la corporatura dei vombati, ma i loro segni ricordavano quelli delle zebre. Diversi giovani grugnirono contenti e corsero verso l’acqua, oltrepassando gli adulti. Asahi ridacchiò quando le creature cominciarono a spruzzarsi a vicenda.
Scivolò all’indietro e si appoggiò alla roccia. Un dolore al fianco gli ricordò il pugnale che portava in vita. Sistemò il fodero e si rilassò. Il rumore del legno che si spezzava e le grida di avvertimento provenienti dalla famiglia di animali a strisce gialle attirarono la sua attenzione sulla riva opposta.
Una creatura simile a un orso, delle dimensioni di un elefante, emerse dalla foresta a un centinaio di metri dai mammiferi simili a vombati. Il basso ringhio dell’orso spinse i giovani a fuggire fuori dall’acqua e a tornare al riparo della foresta, stridendo allarmati. Gli adulti assunsero una postura difensiva, ma l’orso si limitò a scuotere la testa e a caracollare fino al fiume. L’enorme animale entrò nell’acqua che scorreva delicatamente e si immerse, appoggiando la testa su un sasso con un sospiro soddisfatto.
Asahi rise sommessamente. Gli adulti striati impiegarono qualche minuto a rilassarsi. Dopo che lo ebbero fatto, i giovani tornarono al fiume con l’entusiasmo stemperato dalla cautela.
“Questo mondo è incredibile, nonno,” mormorò Asahi.
Per quanto inusuale la foresta sembrasse durante il giorno, di notte era ancora più spettacolare. Piante e insetti bioluminescenti cominciarono ad apparire man mano che la serata proseguiva. Asahi non accese un fuoco, per diversi motivi. L’ultima cosa che voleva era attirare l’attenzione sul punto in cui si trovava. Inoltre, non voleva che nulla influenzasse la sua visione notturna.
L’aria era piuttosto fredda, ora, mentre il sole calava dietro l’orizzonte. Con un sospiro stanco, Asahi infilò nuovamente le mani nel borsone, estraendo questa volta una sottile coperta termica. Chiuse il borsone e lo sistemò per usarlo come cuscino prima di sdraiarsi e coprirsi. Aveva il sonno leggero, un’abitudine che andava a suo vantaggio perché, nel futuro immediato, avrebbe dovuto tenere alta la guardia.
Mentre giaceva supino, sollevò lo sguardo sulle lune e si chiese se fosse cosa saggia realizzare l’ultimo desiderio di suo nonno. In fondo, non c’era alcuna garanzia che sarebbe riuscito a tornare sulla Terra e, anche se ci fosse riuscito, non sapeva che anno sarebbe stato. Aveva preso precauzioni, assicurandosi che certi oggetti passassero di mano sotto forma di eredità. E tuttavia, sarebbe riuscito ad affrontare un mondo nel quale nel frattempo sarebbero trascorsi quaranta o più anni? Conosceva fin troppo bene le difficoltà a cui era andato incontro suo nonno.
Toccò l’elsa del pugnale, traendone conforto. Una fatica intensa appesantiva la sua coscienza. Le sue palpebre calarono. Lo scorrere del fiume e il cinguettio degli insetti presto lo cullarono in un sonno leggero, ma riposante.