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CAPITOLO DUE
Caleb
Sta nevicando.
Non riesco a pensare ad altro che alla rossa e se sia arrivata sana e salva alla sua baita. Sento il vento freddo che mi sbatte contro e il mio orso mi dice che ci sarà una brutta tempesta di neve. Il tempo cambia repentinamente quassù.
La buona cosa riguardo alla neve è che potrebbe essere un deterrente per lo psicopatico che va a caccia di escursioniste.
La brutta cosa è che rende la determinata ricercatrice molto più vulnerabile. Se verrà bloccata dalla neve là dentro, non avrà nessun posto dove andare.
Stupida femmina testarda.
No, non stupida. È una scienziata. Probabilmente è estremamente intelligente.
Ma spingo via la mia forzata ammirazione per la tenace e autosufficiente donna che è.
Considero il pericolo che potrebbe trovarsi a dover affrontare. Là fuori c’è qualcosa che minaccia le donne belle e giovani.
Dubito che sia lo stesso pezzo di merda che ha ucciso la mia famiglia, ma gli sto comunque dando la caccia. Perché so cosa vuol dire trovarsi privato di qualcuno a cui si vuole bene. E non me ne starò da parte a permettere che una tale tragedia accada ad altri.
Non nei miei boschi.
Deve abitare da qualche parte qui vicino. Il guaio è che conosco tutti in città. E penso che il mio istinto mi direbbe se ci fosse qualcuno di sospetto a Pecos. E poi riconoscerei l’odore. Non ci si può prendere gioco del mio naso. L’olfatto di un orso è duemilacento volte migliore di quello umano. Sette volte meglio di quello del migliore segugio. E ricordo quell’odore, mescolato a sangue e morte, addosso alla mia famiglia. Non è stato un orso. Non è stato neanche un umano.
Non era nessuno degli odori animali di mia conoscenza.
E magari è una pista, o forse no, ma ho colto l’odore di qualcosa di simile a Tucson. Non lo stesso. Cavolo, se fosse stato lo stesso quell’essere sarebbe morto ora. Ma c’erano alcuni tizi al Fight Club. Erano mutanti, ma non sono riuscito a capire che tipo di animali.
Ed è del tutto illogico.
Ma non mi sono fidato dei miei sensi mentre ero lì. E il trovarmi così circondato da mutanti, essere in città – sempre che Tucson si possa definire città – ha innervosito il mio orso così tanto che ha continuato a scivolare tra forma umana e animale per tutto il tempo che sono rimasto lì. La mia mente è rimasta a malapena intatta. Sono stato irascibile come non mai, e un pericolo per tutti coloro che mi stavano attorno. Non volevo fare altro che tornare sulla I-10 e scappare via il più velocemente possibile.
È solo qui, di nuovo nella mia baita, dove posso essere l’eremita antisociale che sono, che ho potuto analizzare le mie impressioni. Ora avrei voluto essere rimasto lì a fare domande riguardo a quell’odore.
Sto in piedi sulla soglia di casa mia, la porta aperta, e guardo la neve che cade. A quanto pare, tornare in letargo non è un’opzione praticabile. Devo andare a controllare l’umana.
Non intendo salire in auto fino alla baita dei ricercatori: non farei che spaventarla a morte. penserebbe che sono io lo stalker psicopatico. Sono sicuro che l’hanno messa in guardia del pericolo. Però ora sta diventando troppo freddo per andarci a piedi. Almeno con sembianze umane.
Potrei aspettare fino a domattina.
Il mio orso brontola.
Cazzo.
A quanto pare ci faremo una passeggiata a quattro zampe.
Mi levo i vestiti e li appallottolo subito dietro la porta, all’interno. Fuori ha iniziato a nevicare più forte. I fiocchi pungono la mia pelle nuda e le piante dei piedi mentre chiudo la porta, ancora in forma umana. Poi chiudo gli occhi e scendo carponi, l’orso sempre vicinissimo alla superficie, pronto a prendere il comando.
Corre.
Ama davvero correre, cazzo.
Se potesse fare come vuole, dovrei rinunciare all’umanità. Girovagare per questi boschi come orso. Dimenticare tutto il dolore, la tragedia. La vita che non sempre vale la pena di vivere.
Gli avevo quasi ceduto nei mesi subito successivi alla morte di Jen e Gretchen. Volevo farlo. Avevo sperato che divorasse Caleb fino all’ultimo pezzetto, lasciandomi privo della capacità di ritrasformarmi in uomo.
Ma sono intervenuti i lupi. Non so come siano venuti a saperlo, ma il branco di Tucson è arrivato con le motociclette spaventando a morte gli abitanti di Pecos, che pensavano di aver subito l’invasione degli Angeli dell’Inferno.
Mi hanno dato la caccia in branco. Mi hanno messo all’angolo in un combattimento. Sono fortunati che non li abbia uccisi tutti. I lupi mi hanno tenuto fermo e Garrett Green ha preso la sua forma umana e mi ha ordinato di tramutarmi. Aveva in sé sufficiente autorità alfa da indurmi a obbedire.
Mi hanno ritrascinato alla mia baita e sono rimasti con me fino a che non sono tornato umano. Mi hanno costretto a ritrasformarmi ogni volta che tentavo di tramutarmi in orso.
Immagino pensino che dovrei essere loro riconoscente.
Non lo sono.
Odio quei cazzoni.
Mi hanno riportato nel mio dolore. Nella vita che non voglio condurre.
D’altro canto, c’è qualcosa di positivo nel sapere che ho un intero branco di mutanti che mi para il culo. Gli orsi sono generalmente animali solitari, quindi è stato strano sentirsi protetti da un branco. Ancora non so perché l’abbiano fatto.
Perché avrebbero potuto semplicemente venire quassù e abbattermi.
Probabilmente avrebbero dovuto farlo.
Corro nella neve, il mio orso che mugola di piacere nel sentire i fiocchi sul naso, il sapore sulla lingua, l’aria frizzante che rinfresca le orecchie pelose.
Il viaggio fino alla baita dei ricercatori richiede pochissimo tempo, con la mia enorme falcata da orso.
Faccio dure giri attorno, cercando di capire gli odori.
C’è un animale: un cane.
Bene. Sono contento che non sia del tutto sola.
E l’odore della femmina.
Mi solletica piacevolmente il naso. Come fragole e gelato alla vaniglia, solo che non così dolce. Non mi aspettavo di godermelo così tanto. È un odore umano, del resto. Non di certo roba per me.
Il cane inizia ad abbaiare quando mi avvicino di più alla baita. Animale sveglio.
L’alfa dentro di me ringhia, come se volessi insegnargli qual è il suo posto, ma sta facendo un buon lavoro. Protegge la sua umana come dovrebbe.
Mi avvicino lento al retro della baita. Probabilmente non avrò bisogno di fermarmi molto di più. Non scorgo nessun altro odore qui. Ma qualcosa mi attira. Qualche oziosa curiosità riguardo alla temeraria femmina che pensa che venire quassù tutta sola, nel mezzo di una tempesta di neve e con un assassino a piede libero, sia una buona idea.
Mi alzo sulle zampe posteriori e appoggio quelle anteriori sul davanzale, scrutando all’interno.
Cazzo.
La ragazza – cancellare. Questa è una donna, anche se è giovane – ha acceso un fuoco troppo grosso. So che è troppo grosso, perché si è spogliata e indossa solo una canottierina rosa. Una canottierina rosa striminzita, che contiene a fatica i suoi seni grandi e floridi. Un grazioso tatuaggio le si annoda attorno al braccio: giunchi verdi e una farfalla blu cobalto.
Il mio orso ringhia.
È dannatamente bella. Le femmine umane non sono il mio tipo, per niente. Ma se lo fossero, sceglierei una come lei. Sembra una mandriana svizzera. Una principessa vichinga. No, con quei capelli rossi, potrebbe venire da qualche fattoria irlandese. È robusta: ossa grosse, bene imbottita. Corpo pieno, con fianchi abbastanza larghi da poter tenere in ventre un cucciolo di orso. Labbra morbide color fragola. Pelle liscia e bianca.
È in piena salute.
E con il cervello, per di più.
Renderà molto fortunato un qualche umano del cazzo, se non l’ha già fatto.
Il cane, un pastore nero e peloso di razza non bene identificata, impazzisce quando sente il mio verso, digrigna i denti e ringhia verso la finestra.
Dovrei girarmi, ma non lo faccio. Non sono ancora sazio di guardare.
Sto ancora fissando la scena, quando la scienziata sexy si gira e mi scorge. I suoi occhi si dilatano e la sento gridare. È più un urletto di sorpresa, a dire il vero. Quasi un grido di battaglia. Si lancia verso il cane, come se potesse essere in imminente pericolo, e lo afferra per il collare.
“Orso, stai indietro.” Non stacca gli occhi da me.
L’ordine smuove qualcosa dentro di me. Un sorriso interiore. Che carina a pensare di poter dare ordini a un orso.
Ma poi ripete: “Orso, no,” e mi rendo conto che sta parlando con il cane.
Esilarante.