2.
Quella sera lo chiamò Cynthia. Per qualche motivo Chris non ne fu sorpreso, come non fu sorpreso di scoprire quale fosse l’argomento della telefonata.
«Hai letto su w******p tutta la faccenda del trans?» andò dritta al punto Cynthia.
Lui sospirò.
«Sì. Ho evitato di intervenire sperando che la loro indignazione si sgonfiasse».
«Be’, un po’ sono indignata anch’io. Non penso che dei bambini così piccoli dovrebbero stare a contatto con delle persone dalla condotta personale potenzialmente dissoluta».
Chris si chiese quanto di quel discorso le fosse stato suggerito da Neil. La Cynthia che conosceva non era il tipo da usare la parola “dissoluto” con quella serietà.
Cercò di non prenderla di petto, ma di smussare la sua indignazione.
«I bambini non se ne sono nemmeno accorti. Per essere onesto, non sono del tutto sicuro neanch’io che lo fosse».
«Oh, ma figurati! Avranno avuto le allucinazioni tutti gli altri!».
Chris sospirò. Ammorbidì ulteriormente i toni. «No, magari no. Ma sono tutte le altre, sai. La maggioranza era solo verde di invidia. Non hai nessun bisogno di unirti a loro».
Era un complimento indiretto che sperava l’avrebbe placata un po’. Un mezzuccio, ma l’ultima cosa che volesse era litigare di nuovo con lei.
«Non attacca» lo gelò Cynthia, purtroppo. D’altronde era stronza, non scema. Chris non avrebbe mai sposato una scema.
«Non ho capito che cavolo vorreste fare, in ogni caso. Volete andarvi a lamentare con la scuola? Come potevano sapere, loro, che i bambini avrebbero avuto anche una trans come guida?».
«Infatti non andremo a protestare con la scuola, ma con il teatro. Faremo in modo che questa... signora non sia più a contatto con dei bambini».
«Lo sai che è discriminatorio, è vero?» ribatté lui. Ormai stava perdendo la pazienza. Da come la mettevano quelle decerebrate sembrava che i loro figli fossero stati affidati a un irsuto uomo in gonnella che aveva dato loro una dimostrazione su come fare una fellatio usando un dildo leopardato.
«Sapevo che avresti detto qualcosa del genere. Senti, per quanto mi riguarda puoi essere liberal finché vuoi. Puoi pure uscirci, con un trans, nella tua vita privata, ma mio figlio...»
Chris non ascoltò mai la fine della frase. Buttò giù il telefono senza sapere che cosa volesse ancora la sua ex per suo figlio.
+++
Per andare al lavoro, comunque, sulla Broadway ci passava. Meno di cinque metri dopo l’Ophelia, il giorno dopo, avvistò un parcheggio libero. Era un’evenienza così rara da essere quasi impossibile e Chris lo prese come un segno del destino.
Parcheggiò ed entrò nel teatro.
Anche quella mattina c’era una scolaresca. Probabilmente si trattava di qualche progetto per avvicinare i giovani a un’arte un po’ in declino.
Si rivolse alla guida che aveva accolto anche loro il giorno prima, una donna sulla cinquantina dall’aria sussiegosa.
«Mi scusi... ieri mattina sono venuto qua in visita con mio figlio e la sua classe. Dovrei parlare con la scenografa che ha fatto una specie di lezione ai ragazzi, se è possibile».
La guida lo scrutò con un certo sospetto.
«E di che cosa dovrebbe parlarle, se non sono indiscreta?».
Chris iniziò a sentirsi a disagio. Quella donna lo stava guardando male e lui non capiva perché. O forse lo capiva, ma non gli piaceva. E non aveva né voglia, né intenzione di spiegarle perché voleva parlare con la scenografa.
«Non è indiscreta, ma non glielo dirò comunque. È una questione di privacy. Può chiederle se ha due minuti per il padre di uno dei ragazzini in visita ieri? Se non li ha me ne andrò e basta... non è così importante».
La guida sbatté le palpebre un paio di volte, forse colpita dal suo tono deciso.
«Mmm... vado a vedere se è libera».
A quel punto Chris le rivolse un sorriso gentile. «Grazie».
In fondo il bastone e la carota erano strumenti con cui lavorava ogni giorno.
Che poi...
Non sapeva neppure perché si fosse fermato. In fondo che cosa gliene importava se le arpie di w******p andavano a sporgere reclamo al teatro o chissà cosa? Era probabile che le mettessero alla porta un secondo dopo aver capito le loro intenzioni.
O almeno lo sperava.
Perché, insomma, forse lui era anche un liberal, come diceva la sua ex con disprezzo, ma quella specie di crociata contro una sconosciuta non era giusta. Era una cosa schifosa, intrisa di pregiudizi e moralismo.
Le sue riflessioni furono interrotte dall’arrivo della donna (o quel che era) del giorno prima, scortata dalla solita guida, che forse intendeva farle da chaperon.
Quel giorno indossava dei pantaloni larghi e tagliati sotto al ginocchio, degli stivaletti con il tacco alto e una blusa blu e bianca dalla scollatura morbida. Era molto bella, ma specialmente era elegante, con quel passo lungo e aggraziato e quel collo sottile.
«Salve, sono Alexis Hayes» gli disse, porgendogli la mano.
«Christian Keller» disse lui, stringendogliela. «Sono il padre di uno dei ragazzini che sono venuti in visita ieri».
Mani sottili, nervose, dalla stretta salda e dalle unghie smaltate di grigio perla.
«Sì, la collega me l’ha detto. Mi ha anche detto che non ha voluto spiegarle perché ha voluto vedermi».
E la sua voce... era bassa, roca, ma nel complesso piuttosto femminile.
Chris sospirò. «Non mi sembrava molto discreto. In ogni caso, se sta bene a lei...» la guida era ancora in piedi alle sue spalle e non si stava perdendo una parola «...temo che alcune mamme della scuola di mio figlio intendano lanciarsi in una sorta di crociata anti-transessuali che avrà lei come obbiettivo».
Alexis, lì, gli rivolse un sorriso disarmato. «E perché?».
«Sostengono che i bambini non avrebbero dovuto entrare a contatto con una transessuale».
«Sì, l’avevo capito. La mia domanda era... perché io?».
Ed era pure un po’ stronza, Alexis, lì, pensò Chris. Forse voleva vederlo impappinarsi, imbarazzarsi, o dire qualcosa di paternalistico.
«Ritengono che lei sia una transessuale. E che pertanto non avrebbe dovuto spiegare ai bambini...»
«Qual è il mio mestiere, sì» concluse lei, con una smorfia. Si voltò a metà verso la sua collega. «Claire, puoi andare. Credo che questo signore abbia davvero delle buone intenzioni».
La guida se ne andò e Alexis lo precedette lungo un corridoio laterale.
«Quindi... ritengono che sarei transessuale, eh?» disse, con un mezzo sorriso divertito.
Chris rispose al sorriso, un po’ cauto. «Già».
Alexis gli scoccò un’occhiata da sopra una spalla. «Non sono una transessuale».
Lui sbuffò. «Sarebbe molto divertente».
Questa volta lei ridacchiò apertamente.
«Bene, bene. La inviterei nel mio ufficio, ma è un casino. Prende un caffè al bar qua di fronte?».
«No. Non voglio che mi vedano in giro con lei» rispose Chris. Se proprio doveva, anche lui poteva essere un po’ stronzo.
Alexis si voltò del tutto. Per un attimo le sembrò davvero, davvero delusa. Poi gli rivolse un sorriso sarcastico.
«Per essere onesto, è onesto».
«Sono venuto a denunciare un complotto, le sembra astuto correre il rischio di farsi scoprire all’istante come delatore?».
Lei cambiò ancora espressione. Sorpresa. Forse persino piacevolmente sorpresa.
Chris sospirò ancora. «Ma c’è un bar decente vicino al mio ufficio. Se vuole possiamo vederci lì all’ora di pranzo. Non è lontano».
Alexis sorrise di nuovo. Un sorriso decisamente divertito, ora.
«Bene. Mi dia l’indirizzo, James Bond».
+++
Alexis entrò nel locale quando Chris iniziava a pensare che l’avesse bidonato. Con il cappotto addosso e il bavero alzato era impossibile distinguerla da una donna nata con un doppio cromosoma X.
Chris aveva pensato alla faccenda, mentre la aspettava. La trovava attraente, parecchio attraente, ma non riusciva a vederla come un uomo, un ex-uomo o un mix tra uomo e donna, sempre che esistesse una cosa del genere. Forse, alla prova dei fatti, che un tempo fosse un maschio l’avrebbe disturbato, forse no. In realtà provava una vaga curiosità – leggermente pruriginosa, lo ammetteva – per la sua v****a ricostruita. Non ne aveva mai vista una, dal vivo.
Non che sarebbero arrivati a tanto. Era solo uno di quei pensieri, un “giusto nel caso che”.
Abbandonò del tutto queste riflessioni mentre lei si avvicinava al tavolo. Un paio di teste si voltarono a guardarla, dato che la sua bellezza felina non passava inosservata.
Chris si alzò cortesemente e le strinse di nuovo la mano. Alexis era piuttosto alta, più di un metro e ottanta con i tacchi, ma Chris era comunque più alto di lei.
“Altezza mezza bellezza” diceva sempre sua nonna, e nel suo caso aveva ragione. Era il tipo d’uomo che piace alle signore più perché è alto e in forma, che per il viso in senso stretto.
«Mi scusi per il ritardo. Di solito non faccio mai aspettare le persone... mi ha trattenuta il direttore del teatro e non avevo il suo numero».
Si sfilò il cappotto e lo ripiegò, per poi posarlo su una sedia vuota. Il numero di teste che si voltarono a guardarla aumentò. Lei ignorò gli sguardi e si sedette di fronte a lui.
«Non è un problema. Ho guardato il menù».
«L’avrà memorizzato, ormai».
«Mh-mh. E anche tutti i prezzi, ma stavo cercando di essere signorile».
Alexis spostò la lista da una parte.
«Ordini lei, allora. Mangio tutto».
Lui alzò una mano per attirare l’attenzione del cameriere.
«Insalata di mare con avocado per me e per la signora. Acqua minerale...» lanciò un’occhiata verso di lei, che annuì, «...per entrambi, sì».
«Vino, birra?» chiese il ragazzo, senza spostare gli occhi da Alexis.
«Magari. Devo tornare al lavoro. Lei?».
«Già, anch’io. Si presume. Sì, va bene così, signor Keller».
Il cameriere se ne andò e Chris si scoprì vagamente innervosito per il suo atteggiamento. D’altronde non si sentiva neppure di biasimarlo del tutto. Alexis era davvero figa. Più la guardavi più figa diventava. A ogni occhiata scoprivi un nuovo dettaglio seducente.
«Le signore della sua scuola hanno mandato un’email».
«Ah. Non ci avevo pensato. Credevo che non si volessero privare del piacere di venire a fare una scenata».
Alexis scosse appena la testa.
«Sono state piuttosto efficienti. Il direttore mi ha detto che risponderà qualcosa come “terremo nella giusta considerazione la vostra lamentela”. Spero che le fermi».
«Dipende da qual è la “giusta considerazione”, presumo».
Lei socchiuse gli occhi. «Quale dovrebbe essere, a suo avviso?».
«Nessuna. Sa, sarebbe più semplice se iniziasse a considerarmi uno dei buoni e basta, signora Hayes, senza continuare a mettermi alla prova».
«Ha ragione» ammise lei. «Sono troppo sospettosa. Può chiamarmi Alexis, comunque. Signora Hayes fa un po’ ridere».
«E tu puoi chiamarmi Chris. Mi dispiace per quelle sfigate, sul serio. Purtroppo anche la mia ex fa parte del gruppo. E il bello è che non c’era nemmeno».
Alexis si massaggiò gli occhi. Chris si rese conto in quel momento che non era truccata. O se lo era, lo era troppo poco perché lui se ne accorgesse.
«Succede un paio di volte all’anno. Probabilmente dovrei impegnarmi di più e fare in modo di essere passabile, almeno durante le visite guidate».
«Non so che cosa voglia dire» ammise lui.
Alexis ne sembrò divertita. «Passabile, no? Poter passare per una donna. È l’obiettivo principale di alcune trans. Con un po’ di trucco e qualche altro accorgimento potrei riuscirci». Si strinse nelle spalle. «E dovrei farmi mettere un paio di tette, presumo».
Chris spostò lo sguardo nella sua scollatura. Si rendeva conto che non era molto educato, ma era stata lei ad attirare la sua attenzione su quel dettaglio.
Le sue tette... dunque, la sua blusa le lasciava intuire. Erano piccole, così piccole da non esserci quasi. Erano anche senza reggiseno e Chris le trovava orribilmente sexy. Aveva sempre trovato sexy le tette piccole, d’altronde. A tradimento, sentì che qualcosa si muoveva dalle parti del cavallo dei suoi pantaloni.
Alexis diede un colpetto di tosse.
«I miei occhi sono qua».
«Lo so. Ti stavo guardando le tette» si giustificò lui.
Lei grugnì. «Stavi valutandone le dimensioni?».
«Volendo» sorrise lui.
«Già, be’, potrei rifarmele. Non voglio, non ne sento il bisogno. Non voglio che la gente mi prenda per una donna. Voglio essere... io. Non mi piace la chirurgia».
Chris si trovò a sorridere.
«Cioè?» chiese lei, di nuovo sulla difensiva.
«Sul gruppo w******p sono giunte alla conclusione che tu ti sia rifatta quasi tutto: occhi, zigomi, labbra, pomo d’Adamo, tette, fianchi, sedere... mh, forse ho dimenticato qualche parte».
«Sì? Guardami».
Chris la guardò. D’altronde non farlo stava diventando difficile.
Alexis piegò ostentatamente la testa all’indietro e deglutì. Il pomo d’Adamo si vide.
«Oh, wow» commentò lui.
Lei tornò a fissarlo. «Non mi sono rifatta nulla. Sono... così». Si passò una mano tra i capelli. «Ah, no. I peli. Ho tolto un po’ di peli. Si può condannare una ragazza per questo? I centri estetici sono pieni di donne cis con lo stesso problema».
«Cis?».
«Cis-gender. Gente che è nata del sesso giusto. Come te, no?».
Chris sbatté le palpebre. «Presumo di sì. Non ci ho mai pensato, credo».
«Non sei un maschio eterosessuale?».
«Mh-mh».
«Se anche fossi omosessuale saresti comunque cis, no?».
«Presumo. Cioè, non sono un troglodita, so che gli omosessuali non vogliono essere donne. O, insomma, viceversa per le lesbiche».
Il sorriso di lei si allargò. Chris scoprì che sembrava illuminare tutta la stanza. «E abbiamo detto che sei uno dei buoni, eh?».
«Lo spero».
Negli occhi di Alexis passò un guizzo divertito. «C’è qualche possibilità che mi inviti anche a cena?».
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«Dice Martin che sei uscito a pranzo con un trans» spifferò Angie, quando rientrò in ufficio, «ma che forse non te le sei accorto».
Chris sospirò. «Una trans. E me ne sono accorto. È la scenografa di un teatro, sulla Broadway».
Gli occhi di Angie si illuminarono.
«Oh, wow... quale teatro?».
Chris si sfilò la giacca e la mise sullo schienale della sua poltrona. «L’Ophelia».
«Ci sono stata, un paio di volte. Ma quindi era un pranzo di lavoro?».
Lui le fece un riassunto degli eventi pregressi. D’altronde, non condivideva con Angie il bisogno di riservatezza sulla propria vita privata. Le raccontava quasi tutto, dato che Angie era un’ottima ascoltatrice.
«Mh, quindi è stato, tipo... un atto cavalleresco. Ma non te la vuoi portare a letto».
Chris le rivolse un sorriso innocente. «Non ho detto questo. Magari me la voglio pure portare a letto, anche se non sono sicuro che lei sia interessata».
«Be’, Martin ha detto che è una gran figa».
«Martin dovrebbe farsi una vita sua, comunque».
«Ma... come dire, non avevo capito che fossi così versatile».
Lui sbatté le palpebre. «Non bisogna essere poi così versatili. L’unica cosa maschile che ha è il pomo di Adamo. E si vede solo se piega la testa all’indietro in un modo ridicolo. Non sono un neandertaliano: se ha cambiato sesso ha cambiato sesso».
Angie sembrò ancora un po’ scettica, ma non osò insistere. Anche perché Chris era un capo fantastico, seguire le sue acrobazie sessuali, da quando aveva divorziato, era piuttosto divertente e a Angie non importava se aveva deciso di aggiungere una trans al suo carniere. Era pieno di uomini che andavano sui viali, la sera... almeno questa faceva un mestiere rispettabile.
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La passò a prendere in macchina sotto casa. A quel che pareva stava in un condominio piuttosto elegante di SoHo.
«Ho prenotato da Giulio. Con quattro ore di anticipo non potevo fare di meglio».
«Non ho idea di dove sia» ammise lei. «Italiano?».
«Qualcosa del genere» si tenne sul vago Chris. Quale fosse la nazionalità di provenienza di Giulio non era chiarissimo. Sembrava messicano. In quanto al suo cibo... sembrava un mix tra Italia e America Latina. «Comunque non è male, vedrai».
«Io mangio tutto».
«Mm... l’hai detto anche a pranzo. Ma, vedi, sono uscito con ragazze vegetariane, vegane, pesciariane, intolleranti al glutine, al lattosio, alla caseina... sono diventato piuttosto tollerante».
Lei rise. «E tutte queste ragazze? Spero che non siano a pezzi nel tuo freezer».
Chris si aggiustò la cravatta. «No, giusto. Questo è il momento del discorsetto, diciamo».
«Notevole» sbuffò lei.
«Cioè?».
«Cioè ora mi spiegherai che comunque sei uno spirito libero, quindi più che uscire con me vorresti limitarti a portarmi a letto una volta, due se ti resta qualche curiosità dopo la prima... giusto?».
Lui si mordicchiò il labbro inferiore. A volte succedeva. A volte giudicava male e si trovava a dover placare una tizia offesa, oltraggiata e ferita nei propri valori tradizionali. Che Alexis fosse una di loro era un po’ strano, ma non impossibile.
Accostò dolcemente al marciapiedi e spense il motore. Accese le quattro frecce.
«Senti... da come la metti tu sembro una specie di mostro. Non voglio venire a letto con te un paio di volte. Voglio uscire con te, se non andiamo a letto non importa. Non voglio iniziare una relazione seria, non perché io sia uno spirito libero, ma perché ho avuto un divorzio di merda, ho raggiunto un equilibrio instabilissimo con mio figlio, la mia ex e il suo nuovo marito fascista. Se inizio una relazione seria salterà di nuovo tutto in aria e, no, lo confesso, non ne ho la forza. Poi... che cosa posso saperne, io? Magari mentre mangiamo una pizza con il salame piccante mi innamorerò perdutamente di te... ma non penso. E, più che altro, non voglio. Voglio solo passare qualche ora gradevole, è così terribile?».
Lei aggrottò le sopracciglia.
«In generale... no».
«Ma nel mio caso particolare sì perché...»
Alexis arricciò il naso e ridacchiò. «Nel tuo caso particolare no, perché quanto meno sei onesto. Dai, metti in moto».
Chris spense le quattro frecce e ripartì.