Capitolo due-1

2076 Words
Capitolo due Anziano del Consiglio Sto fuori dalla cella con i colleghi del Consiglio, Don José e Don Mateo, guardando interagire i due giovani lupi. Ho mandato via le guardie. Non sono necessarie: è impossibile evadere da queste celle. “È solo questione di tempo. La reciproca attrazione è già evidente.” “Sono d’accordo,” dice Mateo. “La marchierà prima di mezzanotte. Questa parte del piano dovrebbe avere successo. Ma quando lo lasciamo uscire, potrebbe farci fuori tutti quanti. Il suo lupo si è fatto feroce da quando l’abbiamo visto l’ultima volta.” “Ho un piano.” Don José picchietta un dito sulla porta. “Li droghiamo entrambi prima di separarli. Poi mandiamo in overdose sua madre. Al risveglio Carlos dovrà prima gestire quella crisi. Dimenticherà la furia, perché sua madre avrà bisogno di tutta la gentilezza che c’è in lui.” “Non è un gran piano,” dice Mateo. “Quando ritroverà la sua femmina, lei sarà rinchiusa in una stanza degli ospiti, vestita elegantemente e trattata come una regina. Non avrà motivo di punirci per i metodi che abbiamo usato, dato che sarà soddisfatto lui stesso del risultato: un bellissimo premio per un forte alfa. Proprio ciò di cui questo branco ha bisogno. Ovviamente imploreremo umilmente il suo perdono.” Socchiudo gli occhi. “È rischioso. E se la lasciasse andare?” Anche se i trafficanti hanno avvisato me del rapimento della lupa americana, l’idea di imprigionarla con il nostro alfa è stata di Don José. Io avrei preferito l’inseminazione in vitro. Per usare la ragazza come fattrice per l’intero branco. Un esperimento scientifico. Non possiamo dipendere dalla natura, o dalla natura animale, per mantenere vigoroso il branco. “Se la marchia, non sarà in grado di lasciarla andare. La biologia seguirà il suo corso, proprio come farà stanotte.” “Ne sei sicuro,” dico, più come una dichiarazione che come una domanda. “Sì.” Juanito, un servitore di nove anni, arriva con l’acqua che gli ho ordinato di andare a prendere. È un leggero rischio, perché è il preferito di Carlos, ma è proprio il motivo per cui ho scelto lui. Abbiamo bisogno di qualcuno per portare cibo e acqua alla coppia, e temo che Carlos potrebbe strappare la mano che si infila nella finestrella. Ma so che non farà del male al ragazzino. C’è troppa bontà in lui. È proprio come suo padre. E proprio per questo abbiamo dovuto sbarazzarci di lui. ~.~ Sedona Carlos si allontana e registro la mancanza della sua vicinanza come una pianta privata dell’acqua. E la cosa mi fa incazzare. Non voglio essere così eccitata dall’alfa oscuro, minaccioso e per lo più nudo che si aggira per la cella. Anche se è fatto di solidi muscoli, tanto scolpiti che potrebbe fare bodybuilding. Lo guardo affascinata. Ha il petto glabro e un tatuaggio che gli copre spalla sinistra e bicipite, una sorta di fantasia geometrica. Sul braccio destro ce n’è un secondo. Non ho mai avuto una reazione così forte per nessun maschio, umano o mutante. Però non sono neanche mai stata incatenata con il corpo nudo in bella vista davanti a un uomo. Ripenso alla scena, quando mi ha tenuta giù perché smettessi di tirare le catene. Si è mosso veloce come un lampo, balzandomi addosso e immobilizzandomi sul letto. Per un secondo ho pensato che stesse per baciarmi. Maledizione. Ha la barba perfettamente rasata. Che sensazione mi darebbe sulla pelle? Come sarebbe avere i polsi bloccati sopra alla testa mentre lui affonda dentro di me? Sentire tutta quell’autorità e quel potere concentrati su di me? Mi farebbe male? O è un amante tenero? Anche se la sua discrezione mi ha dato ai nervi, ha fatto bene a fermarmi. Ho già i polsi indolenziti per tutto quel tirare, e la parte più sciocca di me è contenta che lui abbia distorto la sua volontà per il mio bene. È quello che un bravo alfa dovrebbe fare. Una finestra quadrata alla base della pesante porta scivola indietro e una piccola mano vi spinge attraverso un bicchiere di plastica. Carlos scatta in azione, vi si tuffa, ma invece di prendere il bicchiere afferra il polso che l’ha spinto dentro. “Ahi!” Il grido di dolore dall’altra parte è decisamente quello di un bambino. Carlos impreca. “Juanito?” “Perdóname, Don Carlos.” Il bambino sembra sul punto di piangere. Carlos si lancia in una fiumana di imprecazioni in spagnolo, molte delle quali riesco a decifrare. Chiede qualcosa in spagnolo, ma il ragazzino risponde solo tirando su con il naso. Carlos gli lascia andare il polso e dice qualcosa con tono molto più tranquillizzante. La manina si piega e dà un colpo al pugno di Carlos prima di ritirarsi e sparire. Carlos raccoglie il bicchiere d’acqua e viene verso di me. Dal corpo irradia una furia a fatica trattenuta che trovo stranamente attraente. Ma sì, sono stata cresciuta da un lupo alfa dominante e generalmente incazzato, quindi immagino che questa sia la mia idea di maschio. In effetti ha senso che nessun altro abbia suscitato il mio interesse finora. La mia lupa si mette a pancia all’aria solo davanti a un vero alfa. Fantastico. Spero esista una terapia per guarire, perché l’ultima cosa di cui ho bisogno è un altro maschio autoritario che mi dica cosa fare. Ho già un padre e un fratello iperprotettivi. Guardo i muscoli di Carlos gonfiarsi mentre si porta a lato del letto. “Hanno mandato un ragazzino con l’acqua perché sanno che non gli farei mai del male. Chingada bola de pendejos.” “Chi è il bambino?” Penso che sia un suo parente. “Un servitore.” “In Messico non esistono leggi contro il lavoro minorile?” L’espressione di Carlos si adombra ancora di più. “Lo so. Il mio branco è… arcaico. Loro… noi…” la sua voce si tinge di una nota amara, “viviamo in un’epoca differente. I deboli servono i forti. E sono mantenuti deboli dallo schema. Alleanza o commercio con gli estranei sono vietati, la tecnologia e i media non sono permessi, e non traffichiamo neanche con altri branchi. Solo io e il Consiglio siamo esonerati dalle regole.” L’acqua cola dal bordo del bicchiere di plastica viola. Con molta più delicatezza di quanta ne ha dimostrata quando ha cercato di coprirmi con la camicia, mi fa scivolare una mano dietro alla nuca per sollevarmi la testa e farmi bere. Mando giù mezzo bicchiere, senza neanche curarmi del fatto che parte dell’acqua mi gocciola dal mento. “Grazie,” dico annaspando quando ho finito. “Ma se non approvi, perché non cambi le cose?” Un muscolo della mandibola ha uno scatto. “Le sto cambiando… le cambierò. È una lotta. Una lotta continua contro il Consiglio. Ma lo farò.” Accetto un altro sorso . Carlos mi fissa con i suoi luccicanti occhi scuri. “Non so neanche come ti chiami.” “Sedona.” Inarca un sopracciglio. “Come la città?” “I miei genitori si sono incontrati lì.” Qualche anno fa, temevo che Sedona e Tucson sarebbero rimasti i posti più lontani che avrei mai visto rispetto a Phoenix, dove si trova il mio branco. E ora mi trovo da qualche parte in Messico, incatenata a un letto con un lupo latino-americano sexy che sta divorando con gli occhi il mio corpo nudo. Non proprio il genere di avventura che avevo sperato. Carlos ripete il mio nome con accento spagnolo, donandogli un suono esotico e sexy. “Un nome bellissimo per una lupa bellissima.” Il fatto che mi trovi bella sembra irritarlo, perché nel dirlo si acciglia. Mi avvicina una mano alla bocca come per asciugarmi l’acqua dal mento, poi però la ritrae con una smorfia. “Cavolo, grazie,” dico con tono asciutto. Lui appoggia il pollice sul mio labbro inferiore e lo strofina, avanti e indietro lentamente, con gli occhi scuri che brillano. Sento un fremito in mezzo alle gambe e mi si induriscono i capezzoli. Oh merda. Sono totalmente al di là delle mie capacità. La sincera verità è che sono vergine. Mio padre avrebbe ammazzato qualsiasi ragazzo mi fossi scopata al liceo. E dico sul serio. Non ho neanche avuto uno con cui andare al ballo. Al college avrei potuto fare sesso ma frequento umani, e i maschi umani non mi dicono niente, tutto qua. Non che ci abbia provato. Ho fatto un po’ di casino qua e là, ma niente relazioni. Quello che succede dopo è che Carlos spinge il pollice tra le mie labbra e mi ritrovo a farci l’amore con la lingua. Un ringhio sommesso riverbera nel suo petto come un motore in avviamento, e in risposta tutte le mie parti intime vanno su di giri. “Sedona,” dice con voce roca e con quel suo accento sexy. Say-doh-na. Pronuncia il mio nome come fosse un posto magico. Ritira il pollice dalla bocca come se gli facesse male. “Stare qui rinchiuso con te mi ammazzerà.” Deve essere la dose ripetuta di tranquillanti che mi hanno somministrato, perché sono seriamente sul punto di offrirgli un assaggio del buffet Sedona, dato che sono tutta pronta qui per deliziarlo. “Qual è…” Mi schiarisco la gola perché dopo che mi ha invaso la bocca col dito fatico a parlare. “Qual è esattamente il piano? Come usciamo? Non penso che funzionerà. Se ti hanno chiuso qua dentro perché ci accoppiamo, ci lasceranno uscire prima?” Un altro tic della mandibola. È arrabbiato e bello. Un ricciolo di capelli scuri gli cade sulla fronte e le linee forti del suo volto sono accentuate dalla determinazione della sua bocca. Le sue dita si stringono a pugno. “Ancora non lo so.” Se non avessi un padre e un fratello alfa, potrei non percepire l’enorme senso di colpa e frustrazione che sta emanando a ondate. Gli alfa non possono sopportare il fatto di non poter agire, di non avere una risposta, di trovarsi con le mani legate. Considerato come il suo sesso sia bloccato in posizione eretta, l’azione più probabile che intraprenderà sarà di infilarlo al caldo, in mezzo alle mie gambe. Non che sia del tutto contraria all’idea. Il liquido mi gocciola tra le cosce mentre mi sforzo di mantenere la mente sgombra. “Da quanto sei un alfa?” gli chiedo. Lui si strofina dietro al collo. “De facto, dalla morte di mio padre, quando avevo sedici anni. Ma il Consejo mi ha incoraggiato ad andarmene, a proseguire gli studi fino all’università negli Stati Uniti. E poi a prendere una specializzazione. Sono tornato solo lo scorso autunno.” C’è pesantezza nelle parole. Percepisco altro senso di colpa, o qualche altro peso, mentre fissa la parete davanti a sé. “Non volevi tornare.” “No.” Incrocia il mio sguardo in modo nuovo, come se la nube di lussuria si fosse sollevata e mi vedesse veramente. Sedona, non il corpo nudo offerto su un vassoio. “Non l’ho mai ammesso prima. Neanche a me stesso.” “Quanto sei stato via?” “Sette anni. Quanto basta per capire che se non cambiamo qualcosa in questo sistema arcaico, il branco si estinguerà.” Rabbrividisco. Io sono la soluzione che il suo Consiglio ha escogitato per salvare il branco. C’è una certa dose di dovere a cui sono stata preparata in quanto figlia di un alfa. Dovere che però non contemplava entrare in un programma di riproduzione. Mio padre sarà pure vecchia scuola, ma qua siamo decisamente all’epoca primitiva. Si siede sul bordo del letto, vicino ai miei fianchi, ed esamina la chiusura delle manette. Devo avere i polsi sfregati come li sento, perché massaggia la pelle attorno ai bordi del metallo e ringhia. “Raccontami come sei finita qui, Sedona.” Il tono dominante mi fa rabbrividire. Non importa che stia tentando di fare il gentiluomo. Il mio corpo reagisce. “Sono in vacanza di primavera. O almeno lo ero. Ero a San Carlos con amici e dei mutanti mi si sono avvicinati sulla spiaggia. Un altro mi è arrivato da dietro e mi ha piantato un ago nel collo per sedarmi. Mi hanno infilata in gabbia e mi hanno imbarcata su un aereo che mi ha portato nella città dove ho passato la notte in un magazzino. Poi mi hanno trasportata qui con un furgone.”
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