2. Il Russo Pazzo

1164 Words
Il Russo Pazzo Viktor «Il mio cazzo di tendine del ginocchio è tutto un nodo» ringhio. «Crampo o infortunio?» chiede Pamela, la fisioterapista bionda. «Crampo.» «Okay» dice Dale, il coach. «Lasciamo che Pam faccia un massaggio profondo del tessuto e poi io e te faremo un po’ di stretching.» Mi sdraio a faccia in giù sul lettino mentre Pamela inizia a lavorare sulla mia gamba. «Xуесос» ringhio. Figlia di puttana. Fa male. «Scusa, Pamela.» «Ho sentito di peggio» dice lei con una risata. «Comunque te lo devo un po’ di dolore, no?» Spingo le labbra in fuori, un po’ seccato. L’ho accidentalmente buttata a terra in una stupida rissa da bar con Georg ed Evan la stagione scorsa. Mi sento in colpa perché quella sera sono stato uno stronzo fuori di testa. Però lei sembra soddisfatta di come si sono risolte le cose. So che la sua frecciatina è scherzosa. Ma in questo momento sento che mi manca il senso dell’umorismo, quindi non reagisco. «Come va?» Per fortuna lascia cadere l’argomento. «Va bene. Hai trovato il punto.» Lei e Dale parlano dell’infortunio di un altro giocatore mentre penso al feedback del coach Brown. Sembra contento della mia partita. Io e Georg Kolochev non potremmo essere più diversi come difensori. E anche Tyler Lockhardt. Se Georg è sciolto e sfacciato con uno sguardo ad ampio raggio sul campo di gioco, Tyler è teso e aggressivo. Gioca per combattere. Di certo c’è del talento, ma è probabile che quest’anno abbia trascorso più tempo alla panca delle penalità di chiunque altro nella squadra. Non è un complimento, ma è chiaro che lui lo vede come un distintivo d’onore. E io? Io sono un muro di mattoni. Sono fatto per impedire ai giocatori di avvicinarsi troppo al goal. Ecco tutto. All’improvviso, vengo tirato fuori dai miei pensieri, distratto da un tipo con una fotocamera. Scatta una foto, e io aggrotto la fronte. «Per i social» spiega la bellezza con i capelli rossi dietro di lui. «Ci ha mandati giù Holly.» «Nessuno vuole essere fotografato quando è infortunato» la aggredisco. «Be’, è una battaglia molto combattuta. La gente vuole vedere cosa succede dietro alle porte chiuse. Cosa affrontano i nostri giocatori» ribatte lei senza remore. Giro la faccia dall’altra parte. «Lascialo perdere» interviene Pamela. «Adesso è irritabile, ma penso che dentro sia un gran tenerone.» «Potrei usarla come didascalia.» Mi rigiro verso di lei. «Non puoi usarla come didascalia» protesto. In risposta, mi fa l’occhiolino e ci faccio caso. È strano perché non succede molto spesso. Ma questa è… questa è una ragazza molto attraente. Capelli rossi, lunghi, setosi e lucenti, con le punte che si arricciano all’altezza del coccige. Occhi di un verde brillante e carnagione chiara. Un corpo sinuoso con la vita stretta e un culo che le mie mani gradirebbero incontrare. E, da quel che vedo, delle belle tette. Non rifiuterei la possibilità di verificare anche questo. D’improvviso, il dolore al tendine passa in secondo piano rispetto alle mie considerazioni su questo adorabile razzo. Un “razzo” nello slang dell’hockey è una donna molto attraente. E con tutti quei lunghi, bei capelli rossi? D’ora in poi non riuscirò più a pensare a lei come a nient’altro che il Razzo Rosso. «Ehi, Russo Pazzo.» Evan, il capitano della squadra, interrompe i miei pensieri. «Tieni la tua mente lontana dalla giovane Scarlett e alzati dal lettino. Dale vuole farti fare stretching. Dobbiamo tornare là fuori tra poco.» Gli rispondo con un ringhio, seguito da una serie di imprecazioni nella mia lingua madre. Questo fa ridere Pamela mentre mi tiro su, facendo dondolare le gambe oltre il bordo del lettino. “Russo Pazzo” è stato il mio soprannome da quando sono entrato nella nhl tre anni fa. Non mi piace, ma suppongo che si addica abbastanza bene alla mia immagine. Lo uso a mio vantaggio sul ghiaccio per intimidire i giocatori avversari ogni volta che se ne presenta l’occasione. «Queste parole mi suonano più che familiari» dice lei, dandomi un colpetto sulla schiena. «Va meglio?» «Sì, grazie, Pamela. Ci sai davvero fare.» «È un piacere, e lei è Scarlett, comunque.» Scarlett si sta mordicchiando l’angolo del labbro inferiore. Nel tentativo di nascondere un sorriso, suppongo. Tendo la mano. «Viktor.» Trovo la sua stretta sorprendentemente decisa per delle mani così piccole. «Piacere di conoscerti, Viktor. Lavoro nel team media di Fiona.» «L’avevo immaginato.» «Sii gentile, stronzo» dice Georg passando. Pamela fa una risatina e gli manda un bacio. Lui si precipita da lei e subito la attira a sé per un bacio spinto. Così spinto che il coach gli grida di calmarsi o si siederà in panchina. Georg sparisce tanto velocemente quanto è arrivato, e va a consultarsi con Evan sulla strategia per il secondo tempo. «Chiedo scusa, Scarlett, non volevo essere scortese.» Lei scuote la testa. «Nessun problema. È stato un piacere conoscerti, Viktor.» E poi se ne va, allontanandosi con il fotografo per scattare fotografie ad altri giocatori. Io resto in piedi, con gli occhi ancora su di lei mentre Dale mi guida nello stretching per ammorbidire un po’ di più il tendine. Sentendomi finalmente meno contratto, mi rimetto i pattini mentre la squadra si allinea per tornare fuori. Tyler mi dà una gomitata. «Hai una piccola rossa per la testa, bestione?» «No» rispondo io, con espressione corrucciata. «Bugiardo» sghignazza come un idiota. «Cazzo di bugiardo! Bugiardo, hai i cazzo di pantaloni in fiamme. Riconosco uno sguardo arrapato e voglioso quando ne vedo uno.» «Sì, perché ce l’hai sulla faccia ogni volta che vedi Georg Kolochev» rispondo secco. «Ah ah.» Alza gli occhi al cielo. «È più probabile che tu lo noti ogni volta che esco e vedo le conigliette in fila per essere strapazzate e scopate.» Usciamo e quindi, per fortuna, la conversazione finisce lì. Ma Tyler non sta scherzando. Alcune donne, di solito poco vestite, si mettono davvero in fila fuori per avere i nostri autografi e foto dopo ogni partita. E alcune vengono davvero scelte nella folla da giocatori che amano le sveltine. Ultimamente partecipo molto di rado. Non mi interessa, quindi evito quasi sempre la fila. Immagino che contribuisca alla mia reputazione di stronzo “Russo Pazzo”, visto che non firmo neanche gli autografi. Ma non mi interessa. Sono qui per giocare a hockey, non per essere una celebrità. Riesco a dare un’ultima occhiata al bel Razzo Rosso, che adesso sta ridendo tranquilla con Pamela e il fotografo. Lui le sta così vicino che vorrei prenderlo a pugni. È una cosa stupida, no? Non la conosco. Non ho nessun tipo di pretesa su di lei. Eppure, scopro di esserne così attratto. Un dilemma inaspettato… Sto ancora pensando a lei quando ci dirigiamo verso il ghiaccio. Ma, non appena il ruggito della folla mi riempie le orecchie, la testa torna alla partita. Il mio unico scopo ora è aiutare questa squadra a vincere, a essere una squadra di campioni. È il mio unico obiettivo. Vincere.
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