Il ferito La notte, come aveva predetto Sandokan, era più oscura della bocca di un forno spento. Non si vedeva a venti passi lontano, tanto erano fitte le tenebre che parevano scese appositamente a favorire la fuga del prahos. Non luna in cielo, non stelle che si riflettessero sulle acque, non quel chiarore che proiettano le nubi quando l’astro delle notti risplende sopra di esse. Appena appena si distinguevano i tronchi d’albero della foresta lontana al più dieci metri sulle due rive. Confusi gli uni cogli altri, curvi o raddrizzati, messi là come tanti muti spettatori, formavano colla massa del cupo fogliame una oscurità ancor più densa, in mezzo alla quale il prahos scivolava silenziosamente seguendo il filo dell’acqua. I soli rumori che si udissero erano i lievi cigolii dei timoni g