Chapter 3

2129 Words
Non mi rispose, ma rimase di umore strano per tutto il resto della notte. Quando ci spostammo in camera da letto fu dolce come il miele – strano, ma non inedito – e non mi morse – del tutto inedito. Specie se la “cena” non era stata di suo gradimento, un morsetto ci scappava sempre. Anche piccolo, piccolissimo. Anche solo per aumentare il piacere durante il sesso. La mattina successiva corsi a comprare un test di gravidanza. Io potevo andare in giro alla luce del sole, se volevo. Avevo ancora gli occhi piuttosto sensibili, ma con un paio di occhiali scuri me la cavavo perfettamente. Quindi, corsi a comprarmi un test e lo feci appena tornata a casa. Poi aspettai con il cuore in gola il risultato. +++ Non bisognerebbe mai svegliare un vampiro che dorme, così mi aveva detto Adrian. Quelli vecchi come lui possono rimanere alzati anche dopo l’alba, se sono al chiuso, ma una volta che si sono addormentati vengono presi da un torpore così forte che se li svegli è possibile che ti accoppino solo per lo shock. E vedere un vampiro che dorme è una strana esperienza. Non lo fanno in una bara, ovviamente, a meno che non abbiano proprio alternative. Adrian dormiva tranquillamente in un letto (tondo e piuttosto sexy), con le finestre completamente schermate. Si addormentava in fretta e restava immobile per tutte le ore di sole. Potevo alzarmi dal letto, ascoltare musica, scontrarlo... non si svegliava molto facilmente. Anzi, non si era mai svegliato, da quando mi aveva permesso di restare con lui, se mi andava. Quella mattina mi catapultai in camera sua, dalla quale ero uscita nemmeno un’ora prima, con lo stick del test in mano, gridando il suo nome come un’invasata. Adrian fece una specie di suono infastidito, ma restò immobile, con gli occhi chiusi. «Svegliati, è importante!» strillai io, iniziando a scuoterlo. Adrian spalancò gli occhi, denudò i canini e saltò verso di me. Si rese conto che ero io a metà dello slancio e cercò di deviare, finendo per rotolare su un fianco. Sbatté lentamente le palpebre, mettendomi a fuoco, come se non fosse sicuro di fidarsi della sua prima impressione, ovvero che la tizia che stava per squartare ero proprio io. «Sarah...» borbottò. «Cazzo, fuori c’è il sole». Gli piantai lo stick davanti al naso. «Sa di pipì» disse lui, un po’ ottusamente. Poi ci arrivò e guardò con più attenzione. «C’è un pallino rosa. Sarah, che cosa vuol dire, quel pallino rosa?». Finalmente mi guardò in faccia e capì. «Oh» mormorò. Chiuse di nuovo gli occhi. Li riaprì. Scrollò la testa per cercare di svegliarsi, ma era chiaro che era piuttosto difficile. «Animaletto, mi dispiace. Sto per addormentarmi di nuovo. Vieni qua, finché riesco a restare sveglio... sei felice?». Non ne avevo la minima idea. Più che altro ero nel panico. Mi sedetti accanto a lui e Adrian mi abbracciò prendendomi per la vita. Mi tirò verso il basso, in modo che mi stendessi contro il suo fianco. «Almeno non essere infelice...» mormorò, prima di riaddormentarsi. +++ Subito dopo il tramonto mi venne a cercare in biblioteca. Non avevo dormito praticamente niente e avevo cercato di distrarmi leggendo. Non aveva funzionato. «Sarah» disse, sedendosi sul tavolo accanto a me. «Adrian» sospirai io. «Ci sto ancora pensando». Non mi chiese a che cosa stessi ancora pensando. Lo sapeva. Stavo ancora cercando di capire se fossi felice di quella gravidanza oppure no. Una parte di me lo era, moltissimo. Ma un’altra parte sollevava obiezioni del tutto legittime. Il padre praticamente non lo conoscevo. Vivevo nella casa di un vampiro. Non ero pronta e non era come l’avevo sempre immaginato. «Non sei obbligata a portare a termine la gravidanza» mi disse Adrian, piegandosi verso di me. Avevo pensato anche a quello. Ci avevo pensato parecchio. «Sai benissimo che Harry finirà scannato da qualcuno proprio perché non si è riprodotto» gli ricordai. Un capobranco senza prole è destinato a venire sfidato da ogni giovane lupo con un po’ di ambizione in corpo, finché qualcuno non riesce a sopraffarlo. È inevitabile. «E pensi che tuo figlio gli salverebbe la vita?» chiese Adrian, dolcemente. «Un fagottino di zero anni? Quanto credi che possa tenere duro Harry, in ogni caso? Ma... bah, può anche darsi. Non conosco così bene le loro usanze. Posto che sia un lupo, chiaramente». Sbattei le palpebre. «Cioè?». «È Mendel, no? Tu sei umana, non è detto che tuo figlio sia un lupo». Mi posai una mano sugli occhi. Non ci avevo pensato. Avevo una specie di nube di pensieri, in testa, una nube che si sfilacciava e si ricomponeva. «Ma il punto è un altro» disse Adrian, accarezzandomi una guancia. «Tu, lo vuoi?». Annuii. Sì, lo volevo. Mi sembrava una completa follia e forse anche una crudeltà gratuita nei confronti del nascituro, ma... lo volevo. «Allora ci attrezzeremo» disse lui. «Oh, sono almeno centocinquant’anni che non ho un bambino per casa. Sarà divertente». «Eh?». Lui mi fece l’occhiolino. «Gli prepareremo una stanza. Gli compreremo quei giocattolini che suonano. E forse una cuccia» ridacchiò. La sua spensieratezza era contagiosa. Sorrisi anch’io. «Dovrò dirlo a Harry». Adrian si strinse nelle spalle. «Sì?». «Be’, certo che glielo dirò» replicai io, scandalizzata. Lui alzò le mani in segno di resa. «Okay». Rise di nuovo. «È praticamente irresistibile». Mi allungai per baciarlo. Come sempre, era lui a essere praticamente irresistibile, per me. +++ Il giardino della casa di Harry Pierce iniziava a risentire della primavera. Niente di troppo vistoso, ma l’erba aveva un odore più fragrante rispetto all’ultima volta che ci avevo camminato sopra. Lasciai la macchina sul vialetto e andai a piedi fino alla porta d’ingresso. Mi venne ad aprire Harry in persona. D’altronde, come sapevo, il suo personale era a mezzo servizio. «Ciao» disse, facendomi segno di accomodarmi. «La tua telefonata mi ha incuriosito. Non pensavo di risentirti, dopo il processo». Non lo vedevo da più di un mese, ma non era cambiato di una virgola. Era snello, con i capelli folti e grigi e il viso un po’ irregolare. Quella sera non indossava uno dei suoi completi da uomo d’affari, ma dei pantaloni casual e un dolcevita scuro. «Già, neanch’io» dissi. Mi indicò il divano e andò a prendere due bicchieri. «Qualcosa da bere? Spero che vada tutto bene». «Sì, bene» risposi io, sedendomi. «Sono incinta». Harry si voltò. I bicchieri gli scivolarono di mano e caddero per terra. Uno si ruppe in tre parti, l’altro rotolò via. Automaticamente, Harry si chinò per raccogliere i cocci, ma si interruppe a metà del gesto, come decidendo che non aveva importanza. Era quasi buffo, vederlo così disorientato. L’Harry che avevo conosciuto era la quintessenza del leader, il classico tipo di persona che sa sempre che cosa fare e quando farlo, quello verso cui tutti si voltano se hanno un dubbio, uno a cui obbedivi senza nemmeno accorgertene, perché era così naturale... «Mio?» chiese, molto semplicemente. Sapeva già che era così – perché altro sarei andata a dirlo proprio a lui, se no? – ma era chiaro che gli serviva una conferma. Annuii. Sulla sua faccia, solitamente così impassibile, si alternarono le emozioni: stupore, prima, speranza, poi, e infine un sorriso che si allargava e si allargava, mentre gli occhi gli diventavano lucidi e mi stringeva le mani. «Oh, Sarah» disse. Nient’altro. Sorrisi anch’io. Ero felice di vederlo così sopraffatto dalla gioia. Era una delle mie persone preferite, Harry. Lo era stato fin dal primo momento e non avevo mai capito perché. Mi posò una testa sulla spalla, affettuoso come un grosso cane, e io gli accarezzai i capelli. «Di quanto...?» mormorò, vicino al mio orecchio. «Be’, non c’è molto da scegliere. Sono stata qua pochi giorni». Lui rise sottovoce. «Non ragiono... è come se mi avessero centrifugato il cervello. Non ho idea di come cavolo sia stato possibile, ma... sono orrendamente felice». Mi baciò una guancia e il collo. «Harry...» sussurrai io «...se fai così tra dieci secondi ti salterò addosso, lo sai benissimo». Lui mi prese per la vita e mi baciò sulla bocca, accorciando il conto alla rovescia di almeno sette secondi. Lo strinsi e lo baciai a mia volta, famelica. Con Harry era così. In distanza potevo definirlo un tizio non più giovanissimo, molto distinto, senza dubbio affascinante, ma non “irresistibile”. Se mi avvicinavo a lui, in pochi minuti iniziava a sembrarmi l’uomo più desiderabile del mondo. Su una cosa Adrian aveva ragione: sembravo fatta apposta per lui. Ogni tocco delle sue mani mi faceva rabbrividire di piacere. Ognuno dei suoi baci mi faceva desiderare che continuasse. Gli sfilai la maglia e la buttai da un lato. Harry mi schiacciò contro il divano con il peso del suo corpo, mentre io già allargavo le cosce per lui. Indossavo una gonna a tubino e delle scarpe con il tacco. La gonna mi si era già arrotolata attorno alla vita; ora Harry mi strappò via le calze, arrivando ai miei slip. Li scostò e mi appoggiò una mano tra le gambe, accarezzandomi. Gli slacciai i pantaloni e glielo tirai fuori. Ero già zuppa e ansimante. Lo volevo disperatamente. Harry mi strinse i seni al di sopra del maglioncino e io emisi un gemito. Mi riducevo così, con lui. «Harry, vieni qua...» implorai. «Taglia i preliminari e scopami». Harry tagliò i preliminari e me lo mise dentro. La mia fichetta gli pulsò attorno, semplicemente, come se non vedesse l’ora di essere sbattuta per bene da lui. Iniziò a penetrarmi velocemente, con forza, e io sollevai le ginocchia per non perdermene un millimetro. Lo sentivo dentro di me, caldo e pulsante, e avrei voluto che potesse continuare a infilzarmi per sempre o giù di lì. Ero completamente infiammata per lui. I miei capezzoli erano diventati sensibilissimi, duri, gonfi. Ogni suo tocco mi faceva gemere forte. E mi sentivo la fica così scivolosa, contratta, pulsante, eccitata che non credevo di durare molto. Harry mi strinse una natica e i miei timori si trasformarono in realtà. Diedi un colpo di fianchi, in modo da sentirlo tutto, mentre venivo attraversata da una fitta di piacere che di lì a poco mi avrebbe portata all’orgasmo. Mi dimenavo sotto di lui, mentre mi toccava, stringeva, accarezzava dappertutto... «Non resisto...» ansimai. Neanche lui resisteva. Lo sentii pulsare dentro di me. Lo sentii così duro e così in profondità. Le sue mani ovunque. La sua lingua che giocava con la mia. La fica mi pulsò e i miei umori mi colarono sulle cosce. Un istante dopo venne anche lui, con un paio di colpi devastanti. Restò dentro di me. Eravamo sudati, scarmigliati, aggrovigliati nei nostri stessi vestiti. Harry respirava forte e sentivo il suo petto alzarsi e abbassarsi contro il mio. Avrei ricominciato all’istante. Lui si sfilò e rotolò da un lato, incastrandosi tra me e lo schienale del divano. Allungò una mano e iniziò a toccarmi. Giusto, senti quello che penso... ti voglio fino al dolore, Harry. «Hai un irresistibile odore da lupa in calore, tesoro. Vieni di nuovo... poi ricominciamo» mormorò lui. Mi stava stringendo il clitoride e io avevo ripreso ad ansimare. Mi entrò dentro con le dita e mi titillò il buchetto posteriore. Ero sciolta. Godevo ad alta voce, con la bocca aperta, come in un film porno scadente. Harry accelerò e io venni di nuovo. Tremai e mi contrassi attorno alle sue dita. Mi strofinai contro di lui. Gli strinsi il cazzo. Gli morsi la faccia. Ansimante, mi appoggiai contro il suo petto. «Dovrebbero metterti fuori legge» sorrisi. Lo sentii tornarmi duro nella mano. Un attimo dopo Harry mi era di nuovo sopra e io gli posavo le caviglie sulle spalle, decisa a sentirlo fino in fondo e anche di più. Ero così sudata, che iniziai a scivolare sul divano a ogni colpo. Ruzzolammo per terra e Harry mi inchiodò sopra al tappeto. Riprese a penetrarmi a colpi secchi e duri. Ripresi a gemere. Non mi sarei mai fermata, probabilmente. Ero frenetica. Quella volta durammo più a lungo, mantenendo quel ritmo forsennato. La fica mi sembrava prossima a incendiarsi, ma ancora non mi bastava. Gli graffiai le braccia e la schiena, stringendolo fino a fargli male. Continuavo a godere così forte che era un bene che le case più vicine fossero a diverse decine di metri. Harry emise una sorta di ringhio, finendo dentro di me per la seconda volta. La mia fica si strinse attorno all’asta del suo pene, attraversata da scosse di piacere sempre più forti. Venni anch’io e sentii le pulsazioni dell’orgasmo risalirmi fino al grembo. Qualche secondo dopo respiravamo entrambi forte, cercando di riprenderci, abbracciati sul tappeto. Harry mi accarezzò la pancia, dolce come zucchero ora che aveva finito di scoparmi come una furia. «A parte questo...» mormorò «...mi sei mancata. Mi è mancato il tuo odore e il suono che fai quando godi». Gli leccai una spalla, senza rispondere. Non avevo nulla da dire. Quello che amavo era un altro, Harry lo sapeva benissimo e non gli importava. Chissà, forse anche lui amava qualcun altro. «No, no. Non più» sorrise. «Questo mi fa venire in mente una domanda che probabilmente avrei dovuto farti un’ora fa. Adrian che cosa dice?». Ridacchiai. «Oh, sai. È deliziato all’idea che partorirò il figlio di un lupo sotto al suo tetto o quasi. Partorirò in un ospedale, naturalmente». «Se sei venuta qua, vuol dire che ne faccio parte, mh?». Gli spostai il ciuffo di capelli che gli spioveva sugli occhi. «Ma certo che ne fai parte, se vuoi. E suppongo di sì. So che desideravi un figlio. Magari non così, però...» «Così va benissimo» sorrise lui. Mi accarezzò un seno. «Così va proprio benissimo».
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