Q U I N D I C I La porta della cella si apre con un cigolio e dal corridoio arriva luce in quantità. Mi copro gli occhi con le mani, e vedo la sagoma di un mercante di schiavi. Mi aspetto che entri e mi porti via, ma invece indietreggia, getta sul pavimento qualcosa di duro, di plastica, e la calcia. Scivola sul pavimento e si ferma sbattendo sul mio piede. “Il tuo ultimo pasto”, annuncia con voce cupa. Poi si allontana e chiude la porta sbattendola. Già da qua si sente l’odore del cibo, e il mio stomaco reagisce con un’acuta fitta di fame. Mi piego e raccolgo con attenzione il contenitore di plastica, non è facile con questa luce fioca: è lungo e stretto, coperto con un foglio di alluminio. Tiro via il foglio e subito l’odore di cibo — vero cibo cucinato, come non ne vedevo da anni —