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Missione Alfa

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IL MOSTRO LA VUOLE. NON GLI SARÀ NEGATA.Sono diventato un mostro.Sento il sangue che scorre nelle vene della gente. Avverto l’odore delle loro emozioni.Voglio nutrirmi. Cacciare. Accoppiarmi…Non sono più un essere umano. La mia vita è finita. Ho abbandonato tutti coloro a cui voglio bene. Ho disertato la CIA.La mia unica speranza è la mia responsabile.Annabel Gray è sufficientemente tosta da poter affrontare il mio mostro. Se perderò il controllo, non esiterà a farmi fuori. Ma non sono l’unico predatore là fuori. C’è qualcuno che sta dando la caccia ad Annabel. La devo proteggere.Ma se non riesco a controllare il mio animale,potrei diventare la sua più grande minaccia.

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Prologo
Prologo Monti Appalachi, Kentucky Luna piena, 1993 Charlie Un coyote ulula e sento salire un brivido dietro al collo. La baita dei miei nonni scricchiola al vento. Sto passando la notte da loro, come faccio sempre durante i fine settimana, quando la mamma è in città, di turno al bar. “Se non fossi così esperta, direi che è un lupo,” dice la nonna, spolverandosi le mani sporche di farina. “Ma nel Kentucky i lupi non si vedono da cent’anni.” “Io ho visto un lupo.” Nel momento in cui lo dico, me ne pento immediatamente, anche se non riesco a dare un significato alla morsa che sento nello stomaco. Tutto ciò che so è che quell’enorme lupo argentato – quello che ho iniziato a pensare mio, quello di cui sento spesso gli occhi fissi addosso – non vuole che si parli di lui. Lo zio sbuffa. Il nonno si volta a guardarmi di scatto. “Dov’è che hai visto un lupo, ragazzo?” Adesso vorrei davvero non aver detto nulla. Scuoto la testa. “Da nessuna parte.” Il nonno si alza dalla sedia, la fronte corrugata. “Non dire bugie. Hai appena detto di avere visto un lupo. Era grande e grigio?” Deglutisco e annuisco. “Con una certa aura innaturale attorno? Una roba strana? Tipo, troppo grosso come lupo?” Di nuovo annuisco. Risuona un altro ululato, stavolta più vicino. Mio nonno prende il suo fucile da dietro la porta. I miei due zii si alzano e fanno lo stesso. “Harold, no,” esclama la nonna. Il nonno la ignora e apre la porta della baita, uscendo al chiaro di luna. “È ora che ci riprendiamo questi boschi,” dice, le spalle large e squadrate, in una posa che sa di determinazione. Mi alzo di corsa per seguirli, prendendo la pistola ad aria compressa che mi ha già insegnato a usare, e seguendoli fuori. Il nonno mi lascia sempre andare con lui: sono praticamente la sua ombra quando sto da loro, quindi resto sorpreso quando lo vedo girarsi e tendere una mano per fermarmi. “No, stavolta non puoi venire, Charlie. Resta in casa e proteggi tua nonna.” Tiro indietro le spalle all’ordine proteggi tua nonna, e corro di nuovo in casa per sedermi accanto alla finestra, la pistola ad aria compressa appoggiata in grembo. Non so quanto tempo passi, prima che si senta risuonare uno sparo, non molto distante dalla baita. Scatto in piedi e corro verso la porta sul retro – la direzione da cui è arrivato – e la spalanco. “Charlie, non venire qua fuori,” mi avvisa il nonno a voce bassa. Si trova a una decina di metri dalla baita, in piedi con la schiena rivolta verso di me. I miei zii gli stanno a fianco, e la loro presenza mi impedisce di vedere cosa ci sia ai loro piedi. Qualcosa nella sua voce mi spaventa: è come se avesse paura. Ma non ha senso. Il nonno non ha mai paura. “L’hai preso, nonno?” “Sì, ho beccato qualcosa.” Di nuovo quel tono strano. “Va’ dentro a dire a tua nonna di chiamare Devon.” Devon è il fratello del nonno che vive nella proprietà accanto a questa. Riferisco il messaggio e mi posiziono sulla soglia. La nonna mi si avvicina per guardare, ma non c’è niente da vedere. Il nonno sta già trascinando via qualcosa, allontanandolo dalla baita e portandolo verso gli alberi. Faccio per uscire, ma la nonna mi prende per una spalla. “Se tuo nonno ti ha detto di restare in casa, devi restare in casa.” Riluttante, le permetto di riaccompagnarmi dentro e chiudere la porta. Mi accende la TV, ma non ho nessun interesse a guardarla. Resto alla finestra, guardando il nonno e i miei zii che si spostano qua e là, parlando. Apro la finestra per ascoltare. “Era un lupo. Quello grande e grigio, quello che aveva visto Callie da ragazza,” dice il nonno. Callie è mia mamma. Ho un papà, ma non si fa vedere molto. Passa a trovarmi per il mio compleanno, mi porta dei regali, ma lei non lo lascia entrare, e non gli permette di portarmi mai da nessuna parte. Sembra avere paura di lui, anche se non ne ho mai capito il motivo. “Beh, adesso non è un lupo, Harold,” dice Devon. Le sue parole sono intrise di dubbio, come se non credesse a ciò che mio nonno ha visto. “Sai chi è questo, vero?” Chi, non cosa. “Sì, lo so.” Un brivido mi scorre dentro. Mio nonno ha ucciso un uomo? Andrà in prigione? “Andate a prendere le vanghe,” dice il nonno agli zii. “Dovremo seppellirlo qui, nella proprietà.” “Vieni via da lì, Charlie.” La nonna chiude la finestra, facendola sbattere. “È ora che tu vada a letto. Vai a lavarti i denti.” Percepisco paura anche nella sua voce, e quindi non discuto. Metto via la pistola e vado a letto. Mi ci vorranno anni per rendermi conto che la scomparsa di mio padre dalla mia vita è coincisa con quella notte.

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