5 Quella sera pranzava da sola con suo marito. La piccola tavola non era addobbata né con il vaso dalle aquile d’oro né con le Vittorie alate. I candelabri non illuminavano, sugli architravi delle porte, i cani d’Oudry. Mentre parlava della sua giornata, Thérèse sprofondò nelle sue malinconiche fantasie. Le sembrava di attraversare la foschia, di vagare sperduta e lontana da tutto. Era una sofferenza debole e quasi dolce. Vedeva vagamente, attraverso la nebbia, la piccola camera di rue Spontini trasportata da angeli neri sopra una delle vette dell’Himalaya. E lui, nello sconvolgimento d’una specie di fine del mondo, era scomparso, molto semplicemente, infilandosi i guanti. Si tastò il polso per sentire se non avesse la febbre. Bruscamente, un colpo limpido d’argenteria sulla tavola la ris