– Questa è opera tua, Harry – disse il pittore, amaro.
Lord Henry scrollò le spalle. – È il vero Dorian Gray e nient’altro.
– Non è così.
– Se non è così, che c’entro io?
– Avresti dovuto andare via quando te l’ho chiesto – borbottò.
– Sono rimasto quando me l’hai chiesto – fu la risposta di Lord Henry.
– Harry, io non posso litigare con i miei due migliori amici nello stesso momento; ma fra tutti e due mi avete fatto odiare l’opera più bella che io abbia mai fatto. Mi è venuta la voglia di distruggerla. Dopo tutto non è che tela e colori e non permetterò che si metta di traverso alle nostre vite e le rovini.
Dorian Gray alzò la testa d’oro dal cuscino e lo guardò, pallido in viso e con gli occhi umidi di pianto, mentre andava verso il tavolino sistemato sotto la finestra dalle alte tende. Che stava facendo? Le sue dita frugavano nel mucchio di tubetti e di pennelli asciutti, cercando qualche cosa. Sì, si trattava del lungo coltello da tavolozza, con la sua sottile lama d’acciaio lucente. L’aveva trovato, finalmente, e stava per lacerare la tela.
Con un sospiro soffocato il ragazzo balzò dal divano e, lanciatosi su Hallward, gli strappò il coltello dalle mani e lo gettò in fondo allo studio. – No, Basil, no! – gridò. Sarebbe un assassinio.
– Sono contento di vederti finalmente apprezzare la mia opera, Dorian – disse freddamente il pittore, non appena si fu rimesso dalla sorpresa. – Non l’avrei mai creduto.
– Apprezzarla? Basil, ne sono innamorato. È una parte di me stesso, lo sento.
– Va bene. Appena sarai asciutto, sarai verniciato, incorniciato e mandato a casa. Allora potrai fare di te stesso quello che vorrai.
– Attraversò la stanza e suonò per il tè. – Prenderai il tè, naturalmente, Dorian? Anche tu, Harry? Oppure sei contrario a questi piaceri semplici?
– Adoro i piaceri semplici – disse Lord Henry. – Sono l’ultimo rifugio che resti alle persone complicate. Però non mi piacciono le scene, eccetto che al teatro. Che gente assurda siete voi due!
Mi domando chi è che ha definito l’uomo un animale ragionevole; è la definizione più avventata che sia mai stata fatta. L’uomo è molte cose, ma non è ragionevole. Dopo tutto, mi fa piacere che sia così; però vorrei che voialtri due non litigaste per il ritratto. Faresti molto meglio a darlo a me, Basil; questo ragazzo sciocco in realtà non lo desidera, io sì.
– Se lo dai a chiunque altro e non a me, Basil, non te lo perdonerò mai! – gridò Dorian Gray. – E non consento a nessuno di chiamarmi ragazzo sciocco.
– Dorian, sai bene che il ritratto è tuo. Te l’ho dato prima ancora che esistesse.
– E sapete pure che siete stato un po’ sciocco, signor Gray, e che in realtà non avete niente da obiettare se vi si ricorda che siete estremamente giovane.
– Stamattina, Lord Henry, mi sarei opposto nel modo più violento.
– Ah, stamattina! Ma da allora in poi avete vissuto.
Bussarono alla porta e il servitore entrò portando un vassoio da tè ricolmo e lo posò su un piccolo tavolino giapponese. Ci fu un rumore di tazze e di piattini e il sibilo di un bricco scanalato di stile giorgiano. Un ragazzo portò due piatti coperti da una campana di porcellana. Dorian Gray si fece avanti e versò il tè; i due uomini si avvicinarono lentamente alla tavola ed esaminarono quello che c’era sotto i coperchi.
– Andiamo a teatro stasera – disse Lord Henry. – Ci sarà di sicuro qualcosa in qualche posto. Ho promesso di pranzare al White, ma si tratta solo di un vecchio amico e posso mandargli un telegramma dicendo che non mi sento bene oppure che non posso andare a causa di un successivo impegno. Questa mi sembra una scusa piuttosto carina; avrebbe tutta la sorpresa della sincerità.
– Che noia, vestirsi da sera – brontolò Hallward. – E poi, quando si hanno indosso, sono così orribili, quei vestiti.
– Sì – rispose Lord Henry, come se fantasticasse, – il costume del Diciannovesimo secolo è detestabile; è così scuro, così deprimente. Il peccato è l’unico elemento di colore che rimanga nella vita moderna.
– Davanti a Dorian certe cose non dovresti proprio dirle.
– Davanti a quale Dorian? Quello che ci sta versando il tè o quello del ritratto?
– L’uno e l’altro.
– Mi piacerebbe andare a teatro con voi, Lord Henry – disse il ragazzo.
– Allora verrete, e verrai anche tu, Basil, non è vero?
– Non posso, veramente. Preferisco di no. Ho un mucchio di cose da fare.
– Allora voi ed io andremo soli, signor Gray.
– Mi piacerebbe moltissimo.
Il pittore si morse le labbra e andò verso il quadro, con la tazza in mano. – Io resterò col vero Dorian – disse tristemente.
– È questo il vero Dorian? – esclamò l’originale del ritratto, avvicinandosi a lui. – Sono così per davvero?
– Sì, sei proprio così.
– Basil, è meraviglioso!
– Almeno sei così nel tuo aspetto esteriore; ma quello non cambierà mai – sospirò il pittore, – e è già qualche cosa.
– Quanto chiasso si fa riguardo alla fedeltà! – esclamò Lord Henry. – Eppure perfino in amore si tratta di una questione esclusivamente fisiologica. I giovani vorrebbero essere fedeli e non lo sono; i vecchi vorrebbero essere infedeli e non possono:
ecco tutto ciò che si può dire.
– Non andare a teatro stasera, Dorian – disse Hallward. – Rimani a pranzo con me.
– Non posso, Basil.
– Perché?
– Perché ho promesso a Lord Henry Wotton di andare con lui.
– Gli piacerai anche di più se non mantieni la tua promessa. Lui non mantiene mai le sue. Ti prego di non andare.
Dorian Gray rise e scosse il capo.
– Te ne supplico.
Il ragazzo esitò e volse lo sguardo verso Lord Henry che, dalla tavola da tè, stava guardandoli con un sorriso divertito.
– Devo andare, Basil – rispose.
– Benissimo – disse Hallward e andò a posare la tazza sul vassoio.
– È un po’ tardi e se vi dovete vestire è meglio che non perdiate tempo. Addio, Harry. Addio, Dorian; vieni a trovarmi presto. Vieni domani.
– Certo.
– Non lo dimenticherai?
– No, certamente no – gridò Dorian.
– E... Harry!
– Che c’è, Basil?
– Ricordati quello che ti ho chiesto stamattina, quando eravamo in giardino.
– Me ne sono dimenticato.
– Mi fido di te.
– Vorrei potermi fidare di me stesso – disse Lord Henry, ridendo.
– Andiamo, signor Gray. Fuori c’è la mia carrozza e posso accompagnarvi a casa vostra. Addio, Basil; è stato un pomeriggio interessantissimo.
Quando la porta si fu richiusa alle loro spalle, il pittore si lasciò cadere su un divano e un’espressione di sofferenza comparve sul suo volto.