Capitolo due
Angelina
Non so se tutte le grida sono mie. Qualcuno piagnucola dal sedile posteriore.
Dovrebbe essere Remy. Talya è davanti accanto a me. Sì, sta urlando anche lei.
Chiudo le labbra in maniera ermetica, per fermare questo suono terribile e sforzarmi di far funzionare il cervello. Ho colpito qualcosa. Qualcuno.
Oh Dio. Ho appena investito un motociclista.
Esco barcollante dall’auto e mi porto davanti al muso del veicolo. L’impatto ha schiacciato la mascherina frontale e il cofano si è un po’ accartocciato. Uno dei fanali anteriori è spento. Frantumato dall’impatto. L’altro proietta un bagliore inquietante sull’orribile scena. C’è una grossa motocicletta riversa a terra davanti alla mia auto, ma il motociclista…
Ti prego, fa’ che non sia sotto alla macchina.
Un piagnucolio pietoso mi sale dalla gola. Mi inginocchio a terra per sbirciare sotto alla carrozzeria, ma non riesco a vedere niente.
Anche Talya e Remy smontano. Erano ubriache quando siamo partite dall’Eclipse. Saremmo già a casa ora, solo che Talya prima di partire mi ha fatto aspettare che le smettesse di girare la testa.
“Co-cosa sta succedendo?” chiede con voce roca.
Remy fissa la motocicletta. “Dov’è il motociclista?”
“Non lo so,” dico disperata, correndo dietro all’auto.
Ecco.
Uno grosso ammasso è accasciato in mezzo al vicolo, dietro alla mia macchina. Mi copro la bocca con la mano. È morto?
Ti prego, fa’ che non sia morto.
No, si muove. Sta cercando di mettersi a sedere.
Corro ad accucciarmi accanto a lui. “P-penso che non dovrebbe muoversi.”
Lui geme e si leva il casco. Si preme una mano sulle costole.
“Jared!” Il cuore mi balza in gola, quasi soffocandomi.
Ho ferito Jared. Ho investito Jared. È terribile. Terribile, terribile, terribile, terribile.
“Jared, non ti muovere. Adesso chiamo il 911.” Rovisto nella tasca posteriore degli shorts a caccia del telefono, maledicendomi per non aver chiamato nel momento in cui è successo. O forse siamo ancora al momento in cui è successo. Non saprei. Il tempo sembra scorrere lentissimo, adesso.
“No.” Jared mi strappa il cellulare di mano, sbriciolando la custodia con la sua stretta possente.
Lo guardo a bocca aperta.
“Niente ambulanza.” Si mette pian piano in piedi, barcollante, e si infila il mio telefono in tasca. Il sangue gli cola dalla fronte, scendendo fino agli occhi.
Sto tremando da capo a piedi, le gambe mi sorreggono a stento. “Co-cosa? No, hai bisogno di un’ambulanza.”
Zoppica verso la mia macchina.
“Jared.”
Va davanti al muso del veicolo e raccoglie – sì, raccoglie – la moto. Non intendo dire che la tira su da terra, ma che la solleva in aria. La porta fino a un cassonetto e ce la getta sopra.
“Jared, stai bene? Penso che tu abbia bisogno di un controllo medico, subito.”
“Sì, decisamente.” La voce di Remy è profondamente scioccata. Mi chiedo se anche la mia risuoni così.
He-Man – Hulk – Joe l’Uomo di Neanderthal continua come niente fosse, portandosi verso la portiera dell’auto e sedendosi alla guida.
“Cosa? Non puoi guidare. Cosa stai facendo?” So che sembro una stupida, ma si sta comportando come un pazzo. Non può mettersi così al volante e guidare. Probabilmente ha delle ossa rotte e un trauma cranico. Per non parlare del fatto che gli servono dei punti in fronte.
“Salite.” L’ordine è profondo e roco, e talmente carico di autorità che tutte e tre obbediamo di corsa, anche se sappiamo che non può assumere lui il controllo della situazione.
Io mi siedo al posto del passeggero e Remy e Talya si mettono dietro.
Jared inserisce la prima e imbocca il vicolo. Allungo il braccio dietro al sedile, dove tengo la borsa della danza, e ne tiro fuori un paio di calze. “Uh, ecco.” Gliele passo, indicando la fronte sanguinante.
All’inizio lo vedo confuso, ma accetta il pezzo di stoffa e si asciuga la faccia, tamponando il sangue. “Grazie.” Me le ridà, come se non ne avesse più bisogno. Come se fosse solo un graffio.
“Andiamo in ospedale?”
Scuote rapidamente la testa. “Vi porto tutte e tre a casa. Tu sei troppo scossa per guidare e loro due sono ubriache.”
È così pratico e deciso – sembra completamente padrone delle sue facoltà – che per un momento dimentico quasi che non è nella condizione di poter guidare.
“Dimmi dove.”
“Ehm…” Il mio cervello non ne vuole sapere di funzionare. Ha ragione, sono troppo scossa. Neanche riesco a pensare.
“Chi scarico per prima?”
“Talya.” La risposa arriva come un sollievo. “Campbell e la Terza.”
Annuisce e aziona la freccia, continuando a guidare la mia auto sbattuta come niente fosse.
“N-non è illegale? Abbandonare la scena di un incidente?”
Un sorriso gli curva le labbra. “Il ferito è in macchina con te.”
“Ma non dobbiamo avvisare la polizia? Come faccio a compilare il modulo per l’assicurazione? Non ho bevuto, né niente del genere. Avevi paura che finissi nei guai?” So che sto balbettando. Non riesco a trattenermi.
Tutta questa cosa non ha senso.
“Sei ferita?” chiede all’improvviso, voltandosi a guardarmi. La fronte è corrugata, gli occhi verdi colmi di preoccupazione.
“Ehm...” Mi massaggio la nuca, controllando se sento un colpo di frusta.
“E voi là dietro?” dice a voce alta, guardando nello specchietto retrovisore.
“No, io sto bene,” dice Talya con voce biascicante.
“Anch’io,” conferma Remy.
“Angelina?” Mi guarda ancora. “Parlami, tesoro.”
“Jared, sei tu il ferito,” riesco a dire.
Scuote la testa con noncuranza. “Domattina starò bene. Solo un paio di botte e due graffi. Ma dimmi che stai bene, altrimenti do di matto.”
“Sto bene.”
Le spalle gli si rilassano, ma la fronte resta corrucciata.
“Sei sicura?”
“Sì, penso di sì. Solo un po’ scossa.”
“Certo.” Mi appoggia una mano sul ginocchio, come a volermi confortare. Questo è più il Jared che conosco. Il Jared di Neanderthal sta svanendo.
“Scusa se ti ho investito,” mormoro, e le lacrime che fin dall’inizio hanno minacciato di scendere ora scorrono.
“Oh, no. È stata colpa mia, tesoro. Non mi aspettavo che arrivasse nessuno da quel vicolo a quest’ora della notte, ma avrei dovuto guardare.”
“Hai bevuto?” Non voglio fare la stronza, ma sto ancora cercando di capire perché non ha voluto che chiamassi aiuto.
“No, tesoro. Sto bene. È per questo che sto guidando.” Mi sposta la mano dietro alla testa e mi stringe delicatamente la base del collo, massaggiandomi i muscoli.
Raggiungiamo la Terza Strada e gli indico la casa di Talya. Accosta e lei smonta dall’auto. “Siete sicuri di stare bene?” Si china, appoggiandosi alla portiera aperta. Ha il fiato che sa di alcool.
“Sì, sì, stiamo bene,” dico. “Buonanotte.”
“Notte.” Fa un gesto impacciato con la mano e chiude la portiera.
Jared aspetta che sia entrata sana e salva in casa, poi riprendere a guidare. Gli do le indicazioni per arrivare a casa di Remy e poi alla mia piccola abitazione. Lì Jared spegne l’auto e smonta.
Entra?
Dovrei chiedergli di fermarsi, in caso vada in coma o qualcosa del genere durante la notte. Ma quando fa il giro per venirmi incontro, non zoppica più. Guardandolo meglio, mi accorgo che neanche il taglio sulla fronte sanguina più. Anzi, non sembra neanche più una ferita fresca. Ha l’aspetto di pelle già rimarginata da settimane. Dev’essere uno scherzo della luce.
“Vieni qui.” Mi stringe in un forte abbraccio.
Non avevo idea di quanto ne avessi bisogno, fino a che non mi ritrovo tra le sue braccia forti, il viso premuto contro al suo petto massiccio.
Qualche altra lacrima scende mentre lui mi infila le dita tra i capelli e mi massaggia la nuca. Lo shock e i suoi postumi si trasformano in qualcosa di diverso. Qualcosa di pericoloso e pregno di bisogno.
Mi stacco da lui, ricordando l’imbarazzo della nostra separazione all’Eclipse. Agito le mani. “Ehm, vuoi entrare? Cioè, dovresti fermarti per la notte. Solo per essere sicuri che stai bene. Non perché io voglia che tu passi la notte…” Argh. Sto facendo un casino pazzesco.
Come al solito Jared prende il comando, stringendomi il gomito e guidandomi verso la porta. “Starò sul divano, se ce l’hai. Per essere sicuro che tu stia bene.”
Per essere sicuro che io stia bene.
Questo tizio ha seri problemi di contatto con il suo corpo.
Solo che sembra stare bene. Non si tiene più una mano premuta sulle costole. Le pupille sono della stessa dimensione. E perché non zoppica più?
Cosa diavolo è successo?
Ci fermiamo davanti alla porta e lo vedo esaminare il mio portachiavi, indovinando con esattezza qual è la chiave giusta. All’interno guarda il mio piccolo appartamento e posa il portachiavi nello svuota-tasche dell’ingresso.
“Mi do solo una lavata.” Si sfila la maglietta insanguinata e va verso il bagno.
Può darsi che mi sia un po’ caduta la mandibola nel vedergli le spalle e la schiena nude. Le braccia sono giganti e muscolose, decorate da tatuaggi. I muscoli del dorso farebbero vergognare anche Hulk.
Yhum.
Ma no.
Non intendo più farmela con Jared, perché:
si è fermato qui per riprendersi dall’incidente e poi è uno a cui piace giocare. Solo che non sono sicurissima che me ne freghi qualcosa.Lo seguo fino al bagno dicendomi che lo faccio per assicurarmi che stia bene. Per controllargli le ferite con i miei occhi.
Non per la voglia di dare una sbirciatina a quel corpo perfettamente scolpito.
Si spruzza dell’acqua in faccia, lavandosi via il sangue. Quando raddrizza la schiena, sussulto.
Il taglio è sparito quasi del tutto.
Il mio cervello cerca di capire, di mettere insieme i pezzi della scena in modo che abbia senso, ma non ci riesce. Ho visto sgorgare sangue da quel taglio non più di trenta minuti fa.
Vede che lo sto guardando e si dà una manata sulla fronte, nascondendo il taglio. Ancora più strano. Folle, tipo Ai confini della realtà.
Barcollo all’indietro, il respiro bloccato in gola. “Chi… cosa… sei?”