Capitolo 2

896 Words
Maria Eduarda Per due anni non ho saputo cosa significa avere pace. Ed eccomi qui, a guardarmi nello specchio del mio bagno, cercando di dimenticare il mio peggior incubo. Da quella sera non festeggio più il mio compleanno. Non ho motivo di festeggiare. Come vorrei essere morta! È sbagliato che io abbia ancora questo tipo di pensieri? È sbagliato che mi senta ancora sporca? Sono così tanti i sentimenti contraddittori che provo! All'inizio non riuscivo a dormire a causa degli eventi. Sono stata sedata e anche immobilizzata nel letto dell'ospedale. Il dolore che sento nell'anima è così grande che alla fine ho tolto la flebo dalla vena che mi idratava e mi sono fatta ancora più male, vedo solo il sangue che esce di nuovo e sorrido tra le lacrime che già scorrono. Per me era così bello, perché la morte sarebbe arrivata e mi avrebbe portato via dalla mia sofferenza. Di una cosa ero sicuro: non avrei saputo come conviverci. Solo che non avevo previsto che le infermiere arrivassero così in fretta e urlando. E svengo di nuovo. Ed eccomi di nuovo nello stesso posto, dove ho cercato di uccidermi la prima volta. E di nuovo non ha funzionato. A mia sorella è stato detto che avevo tentato di nuovo di uccidermi. Ora mi guarda scioccata. - Che cosa hai fatto, Duda? - mi chiede, con le lacrime agli occhi. - Tu non capisci! - Le sussurro. - Allora fammi capire! - dice seriamente. Cerco di muovermi, ma non ci riesco. Vedendo quello che stavo facendo, dice: - Hanno dovuto legarti. - L'ho capito", brontolo. - Allora, vuoi o non vuoi farmi capire cosa ti sta succedendo? - Da quanto tempo sono qui? - Quasi due giorni. Ti ricordi quella notte? - Sì... - sussurro. - Allora è vero? - mi chiede, e io sento il sangue defluire completamente dal mio viso. - Sì", sussurro di nuovo, vergognandomi di me stesso. - Duda, non vuoi sapere cosa ti è successo? - Onestamente, non credo che tu debba ricordarmi esattamente cosa mi è successo! - Senza volerlo, sono scortese e subito mi scuso: - Perdonami, non volevo essere scortese. - So che non l'hai fatto! Non sai come mi sono sentita quando ti ho visto sul pavimento del bagno tutta insanguinata. La mia bellissima sorella... Non aveva idea di quanto la ammirassi, mi ha cresciuta da quando ero piccola, la nostra differenza è di dieci anni. - Perdonami! - Le chiedo di nuovo, e lei mi abbraccia, mettendomi la testa in grembo. Inizia a piangere. Molto. - Pensavo che fossi morto! - sussurra. - È quello che volevo in quel momento", confesso, sentendo le sue lacrime sul mio stomaco. - No, non voglio più che tu tenti di opporti alla tua vita! - dice con rabbia e si alza. Poi mi accorsi di quanto fosse abbattuta. - Devo morire! - mi guarda scioccata. - Non dire mai più queste stronzate! - Pensi che sia facile? - Posso immaginare che non sia facile! - No, non è vero! - Praticamente urlo e cerco di controllarmi: "Il giorno del mio compleanno sono stata stuprata! - Duda, stai calma", mi dice, vedendo quanto era agitata. - Non riesco a stare calma! - La guardo con fermezza. - Oltre a essere stata violentata, potevo essere incinta e correre il rischio di contrarre una malattia venerea. - Hanno fatto il test di gravidanza e il test per le malattie sessualmente trasmissibili. - E qual è stato il risultato? - Chiedo, spaventata. - Il risultato dimostra che lei, signorina Sanches, non è incinta e non ha nemmeno contratto il virus", sento una voce maschile e mi chiedo chi sia. Non mi serve molto, a giudicare dagli sguardi di mia sorella, che è diventata molto rossa. - Salve, dottor Leo", dice mia sorella, ancora arrossendo. Lui ci fa un sorriso che trovo sexy e ci saluta. - Quindi non sono incinta? - No, signorina! Ma questo non significa che non debba prendere la pillola del giorno dopo, tanto meno il cocktail, perché la prenderà a titolo preventivo. - Ma non aveva detto che non sono incinta e non ho contratto una malattia venerea? Perché devo prenderla? - Chiedo, già innervosita. - Signorina, come le dicevo, deve prenderlo e faremo altri esami. Sarà accompagnata anche da uno psicologo. - Non ho bisogno di uno psicologo", rispondo con tono brusco e mia sorella mi guarda. - Sì, lo farà, dottor Leo! - Bene, l'infermiera porterà le medicine e presto faremo altri esami. - Sto bene! - Brontolo. - Ha subito un grosso trauma e so che è scosso, ma deve fare altri esami e iniziare a prendere le medicine, ok? - Faccio un cenno di assenso con la testa. In breve tempo se ne va, arriva un'infermiera e mi toglie la restrizione. Iniziai così il mio lungo viaggio per dimenticare l'incubo. - Dudaaaaaa! - Sento mia sorella chiamarmi e vengo portata via dal passato. Scendo subito al piano di sotto e la vedo tutta vestita. - Dove stai andando? - Le chiedo, curiosa. - Vado a lavorare, te ne sei dimenticata? - scherza lei. - E tu devi andare a lezione, e non dimenticare di tornare presto a casa. Mi dà un bacio e corre via come una pazza. Mia sorella ama e odia il suo lavoro di segretaria del signor Leon Vitorino. Cordiali saluti.
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