10 | ɪʟ ᴍᴏɴᴅᴏ ᴀsᴘᴇᴛᴛᴀ sᴏʟᴏ ᴅɪ ᴠᴇᴅᴇʀᴇ ʟᴀ ᴍɪᴀ ᴘsɪᴄᴏᴘᴀᴛɪᴀ.

1176 Words
Le urla di mio padre sono la prima cosa che sento appena apro gli occhi. La sua lotta contro il cane del signor Dowson non finirà mai. Mancano esattamente tre minuti prima che suoni la sveglia, così nel frattempo mi metto a fissare il soffitto. Detesto svegliarmi così poco prima della sveglia. Oggi ricomincia l'università, e con essa le ansie, le paranoie, le figure di merda, l'odio verso i compagni di corso e, soprattutto, l'odio verso i docenti. Per non parlare delle crisi isteriche pre-esami. La sigla di Teen Wolf risuona in tutta la stanza, - sì, sono così fissata che l'ho messa come sveglia,- così trascino il dito sullo schermo del telefono e mi alzo in piedi sbuffando. Di solito viene a prendermi Jax, dato che lui è di strada. Di solito non prendiamo mai due auto separate. Vado in bagno e mi fisso allo specchio. Sono un po' pallida stamattina, perché stanotte non ho dormito chissà quanto. Se già da ora sto male a causa di mia zia, non voglio neanche pensare a quando lei sarà effettivamente qui. È triste vedere i miei occhi azzurri spenti. Apro l'acqua gelida, riempio il lavandino e poi ci emergo la faccia, proprio come una cogliona. Ma almeno mi sveglio. Mi lavo i denti e mi pettino, facendo una cosa alta e pregando ogni santo per non farmi sudare come se mi trovassi in Jamaica. Rientro in camera e fisso il mio letto. «Addio, mia anima gemella. Lasciarti per me è un immenso dolore, ma è necessario. Non possiamo vivere in simbiosi.» Gli mando un bacio volante e mi vesto. Prendo la borsa con il computer e scendo in cucina per salutare i miei genitori. La colazione la farò al bar del campus con Jax. «Addio gente, il mondo aspetta solo di osservare la mia psicopatia.» Mio papà alza un sopracciglio. «Non puoi essere mia figlia...», poi si gira sospettoso verso mia madre. «Mi hai tradito, vero? In realtà lei non è mia figlia. Di chi è? Idraulico? Elettricista? Giardiniere?» Mia mamma lo guarda male. «Smettila, non è una telenovela la nostra vita. E poi è identica a te, quindi, a meno che non ti abbia tradito con una fotocopiatrice, è tua figlia.» Mio padre ora ha una faccia disperata. «Ti prego, dimmi che non è figlia mia, ti scongiuro...» Incrocio le braccia al petto e sbuffo. «Avete finito?» Mio padre mi fissa sorridendo. «Scusa, ti vedevo depressa perché ricominciano le lezione e volevo farti ridere...» Vado da lui e gli lascio un bacio sulla guancia, sorridendo. «Grazie pa', ma al momento sono in lutto. Sono appena morte le vacanze.» A mia mamma si illumina lo sguardo. «Vuoi un po' d'erba, tesoro? È la ricetta per la felicità...» La fisso e rifletto attentamente sulla sua proposta. Passare il resto della giornata a mangiare e bere o sembrare un'alunna responsabile e matura? «Magari domani. Per oggi vado lucida.» Sento il suono di un clacson, segno che è arrivato il mio migliore amico. Saluto di nuovo i miei genitori, poi esco fuori e salgo in macchina. «Ora io scendo, tu premi sull'acceleratore e mi investi, okay?» Jackson mi accoglie in questo modo. «Buongiorno anche a te.» «Buongiorno un cazzo. Ho bisogno della mega tazza di caffeina prima di poter sembrare vagamente allegro.» «A chi lo dici. Almeno ci è andata bene come primo giorno. Abbiamo solo due ore di psicologia, e conosceremo il nuovo professore.» «Spero sia simpatico e che almeno sappia parlare normalmente, dato che la professoressa di prima mi pareva un bradipo da quanto fosse lenta. Persino per fare il pezzo dalla porta alla cattedra ci impiegava un'eternità.» Scoppio a ridere. «Pensa se ci capitasse un vecchietto prossimo alla pensione. Più che un'università sembrerà una casa di riposo.» ***** «Il caffè non mi è bastato» mormoro, mentre ho la testa appoggiata sul banco. «Fammi indovinare, è tornata l'insonnia?» Faccio in verso che assomiglia vagamente a un sì. «Tua zia?» «Mh mh.» Siamo seduti in prima fila, con i computer già accesi, pronti a prendere appunti. Per quanto stamattina eravamo, e siamo tutt'ora, depressi, psicologia è la nostra materia preferita, nonché quella più importante. A Jackson piacerebbe lavorare con i bambini. Io non credo di potercela fare, non ho pazienza o filtri nel parlare. Mi immagino già un bambino che mi chiede come nascono i bambini ed io che gli spiego tutto senza pensare al fatto che potrebbe essere troppo piccolo. Io non ho ancora deciso. O meglio, so che vorrei fare un lavoro che abbia a che fare con la psicologia, ma non so ancora esattamente cosa. Alle superiori mi piaceva l'idea di fare la criminologa, fino a quando non ho visto un film poliziesco dove la criminologa aveva capito il perchè il serial killer uccideva e, quindi, chi sarebbe stata la sua prossima vittima, così era andata a casa della presunta prossima vittima tentando di fare l'eroina, peccato che quando era arrivata la persona già morta e il serial killer, dato che la criminologa l'aveva visto in faccia, l'aveva uccisa con dodici accoltellate. Inutile dire che sono rimasta così traumatizzata da aver subito cambiato idea. Sento Jax che mi scuote per il braccio. «Sveglia, bella addormentata nel bosco. Tra un po' arriverà il professore.» «Voglio un caffè più lungo della voglia di mia madre di fumarsi le canne.» Il mio migliore amico trattiene a stento una risata. «Te lo prenderai dopo.» Alzo gli occhi al cielo. «Ah, beh, sarà molto utile prenderlo dopo le lezioni.» Alzo la testa dal banco e vedo che il ragazzo alla mia sinistra mi sta fissando. «Che c'è?» dico, infastidita. È inquietante questo sconosciuto. Il ragazzo sorride in modo malizioso. «Se vuoi, al posto del caffè, ho anch'io qualcosa di lungo» dice, passandosi la lingua sulle labbra, tentando di sembrare sensuale. Bah. Mi avvicino a lui, sorridendo. «Se vuoi, io ho qualcosa di duro, invece. Molto duro.» Il suo sguardo si fa confuso. Beh, in effetti suona ambiguo. «Cioè?» chiede, quasi timoroso. Sorrido come una psicopatica, mentre sento la porta dell'aula aprirsi. «Il mio pugno» dico, alzando il braccio destro. «Allora, lo vuoi?» Lui ride in modo forzato. «No no, ma grazie dell'offerta. Mi farò bastare la mia mano.» «Bene» dico. Guardo Jax, che è muto da un po', e vedo che sta fissando davanti a sé. «Tutto bene?» Non mi risponde, così giro la testa nella sua stessa direzione. A quanto pare il nuovo professore è arrivato. È girato di spalle mentre scrive qualcosa alla lavagna. A primo sguardo sembrerebbe molto giovane. Alla lavagna ha scritto il suo cognome. Donovan. Mi è terribilmente familiare... Ma quando sento la sua voce mentre si presenta, capisco di chi si tratta. Spalanco gli occhi. «Ma quello è...» «Già» risponde Jax. «Ed è il nostro...» continui. «A quanto pare.» «Oh» dico. «Mio» continua il mio migliore amico. «Dio» concludo. Il nostro professore non si è ancora accorto di nulla, ma quando si gira e inizia a scrutare noi studenti, rimane scioccato nel vedere me e Jackson. Eh, Andrew, nemmeno noi ci aspettavamo di vederti qui.
Free reading for new users
Scan code to download app
Facebookexpand_more
  • author-avatar
    Writer
  • chap_listContents
  • likeADD