I miei genitori stamattina sono usciti a fare la spesa. Ora mi ritrovo a casa con mia zia e mio cugino che vagano e invadono spazi. Mi sono rintanata in camera mia per evitarli, ma il mio stomaco brontola ed io ho finito le scorte di cibo che avevo in camera.
Sbuffo e mi alzo dalla sedia della scrivania. Apro la porta della camera, che prima avevo chiuso a chiave, e inizio a scendere le scale per andare in cucina. Apro la dispensa e cerco qualcosa da mangiare, e la mia scelta ricade sulle fette di pane e sul barattolo di Nutella. Li prendo e mi giro, pronta a ritornare nella mia camera, ma vengo bloccata da mia zia, che me la ritrovo davanti manco fosse il triste Mietitore.
«Ivy, non dovresti mangiare certe cose, poi ingrassi. Lo sai che le ragazze che non sono magre non piacciono a nessuno.» Nora mi guarda ghignando, convinta che a breve inizierò a sentirmi in colpa e andrò ad autocommiserarmi nella mia camera dondolandomi sul posto mentre mi abbraccio le gambe.
Guardo le cose che ho in mano e poi riporto lo sguardo sulla faccia di Nora. «Hai ragione» dico. Lei sorride, soddisfatta e vittoriosa, mentre io mi giro e riapro la dispensa. Metto a posto la busta con il pane a fette e poi chiudo il mobile. Poi apro il primo cassetto in basso e prendo un cucchiaio. Mi rigiro verso Nora e davanti al suo sguardo confuso apro il barattolo di Nutella e ci immergo il cucchiaio. Lo tiro fuori e me lo metto in bocca, facendo anche un verso di apprezzamento. Fisso mia zia dritta negli occhi. «Avevi proprio ragione, Nora, non dovrei mangiare pane e Nutella. Solo Nutella è meglio. Più gusto, più calorie. Le posso proprio sentire mentre scendono verso i fianchi.»
Mia zia mi guarda arrabbiata. «Pensi che sfidandomi in questo modo ti sentirai meglio? Credi davvero che così smetterai di essere l'insignificante e patetica ragazzina che eri fino a qualche anno fa? Non credere che qualche visita dallo psicologo sia servita a cancellare ciò che eri e che continui ad essere.»
Lascio malamente il cucchiaio e il barattolo sul tavolo e mi avvicino velocemente a lei, per poi tirarle uno schiaffo. Stringo le mascelle e sento che il mio respiro inizia a farsi più veloce. «Smettila di intrometterti nella mia vita.»
Nora si porta una mano sulla guancia colpita. «Oh ragazzina, vedo che alla fine non sei riuscita a scacciare via la rabbia» e si mette a ridere.
La guardo male e decido di tornarmene in camera, e mentre le passo accanto le tiro una spallata. Prima di salire le scale noto che dietro al muro c'è mio cugino, che probabilmente ha ascoltato tutto. Mi fissa senza dire niente, e per una volta è serio.
Una volta arrivata in camera il mio sguardo cade sul portatile. Lo prendo e lo metto nella borsa insieme al caricatore, il quaderno di psicologia e l'astuccio. Metto le scarpe ed esco di casa, prendendo poi l'auto.
Guido fino al bar più vicino e tiro fuori il portatile e le altre cose che mi sono portata dietro, ed inizio a studiare.
Non mi accorgo del tempo che passa, troppo concentrata a sistemare gli appunti delle ultime lezioni.
Ad un certo punto sento la sedia davanti alla mia spostarsi e vedo lo schermo del mio portatile che viene chiuso da una mano. Seguo con lo sguardo il braccio e poi il corpo della persona che si è seduta davanti a me, fino ad arrivare al viso. Alzo gli occhi al cielo e sbuffo. Davanti a me ho il maniaco che mi fissava durante la prima lezione di psicologia.
Lo guardo male.«Ti devo denunciare per stalking?»
Lui alza gli occhi al cielo. «Voglio solo fare amicizia.»
Lo guardo scettica.
Il maniaco mi fissa colpevole. «Okay, ammetto che il nostro primo incontro non è stato dei migliori. E mi scuso per il mio comportamento, ma davvero voglio fare amicizia.»
Sospiro e mi abbandono sullo schienale della sedia. «E perché diavolo vorresti conoscermi?»
Lo sconosciuto fa un piccolo sorriso. «Andavamo nella stessa scuola superiore e spesso vedevo te e Jackson tra i corridoi. Mi siete sempre sembrati simpatici. Il fatto che ridete sempre, che ci siete l'uno per l'altro... Ho sempre voluto avere delle persone come voi nella vita, ma non ho mai avuto il coraggio di avvicinarmi. Quando vi ho visti all'università, mi è sembrata come una seconda chance. E non ho mai avuto il coraggio di parlarvi fino all'altro giorno, anche se è stato un disastro.»
Lo guardo sorpresa. «Sei un sociopatico?»
«Cosa? No!»
Lo guardo perplessa. «E allora com'è possibile che nella vita vuoi persone come me e Jax?»
Lui sorride. «Mi sembrate veri.»
«Come ti chiami?»
Il ragazzo mi allunga una mano. «Sono Benjamin, ma puoi chiamarmi Ben.»
Gli stringo la mano. «Io mi chiamo Ivy.»
«Lo so.»
Ritiro la mia mano. «Ecco, ora puoi anche non chiamarmi. Lo diceva Jax che potevi essere uno stalker.»
Benjamin scoppia a ridere. «Giuro che non non ti seguo né ti spio. Sono venuto qua per pranzare.»
Mi guardo intorno. «Che ore sono, scusa?»
Guarda lo schermo del suo telefono. «È l'una passata ormai.»
«Wow. È passata in fretta il tempo» mormoro.
Riapro lo schermo del computer e salvo ciò che ho fatto.
Ben mi guarda curioso. «Cosa stavi facendo?»
«Studiavo psicologia.» Spengo il computer e stacco il caricatore, mettendo entrambi nella borsa. Rimetto via anche le altre cose e sono pronta ad andarmene. «Beh, è arrivata l'ora di andare a casa a mangiare, quindi...»
Lui mi ferma. «Se non hai impegni possiamo mangiare insieme. Non sono male i panini che fanno, e poi così posso dimostrarti che non ho cattive intenzioni.»
Lo guardo titubante. È pur sempre uno sconosciuto.
Benjamin tenta di corrompermi. «Offro io.»
A sentire queste parole mi risiedo velocemente. «Andata.» Poi gli sorrido. «Te ne pentirai in tempo zero. Quando si tratta di cibo il mio stomaco non conosce limiti.»
«Magari fosse così anche il mio portafoglio» borbotta.
Al ché, sorrido.