«Per notizie sulla sorte del tre-alberi Britannia di Glasgow, capitano Grant, rivolgersi a Lord Glenarvan, Malcolm-Castle, Lussu, Contea di Dumbarton, Scozia».
Le acque del lago di London bagnavano i muri del castello di Malcolm, di proprietà della famiglia Glenarvan da tempo immemorabile. Quando si verificò anche in Scozia la rivoluzione industriale, quasi tutti i vassalli furono licenziati e molti morirono di fame; solo i dipendenti della famiglia Glenarvan restarono fedeli alla famiglia, non lasciarono le terre dove erano sepolti i loro antenati, e continuarono a far parte del clan dei loro antichi padroni. Sia nel castello che a bordo del Duncan, vi erano solo scozzesi. Lord Glenarvan era immensamente ricco; egli impiegava i suoi fondi in opere di bene.
Facendo parte della camera dei Lords, non era ben visto dai suoi colleghi ed in genere dagli uomini di Stato, a causa delle sue idee «giacobine». Egli aveva all’epoca trentadue anni; era un tipo generoso, che avrebbe donato l’intero suo mantello a chi ne avesse avuto bisogno per coprirsi, rimanendo lui stesso privo di tale riparo. Egli aveva sposato Lady Elena solo da tre mesi. Essa non era di famiglia nobile, ma era una scozzese, e tanto bastava. I coniugi Glenarvan vivevano nel castello di Malcolm, in mezzo ad una natura splendida e selvaggia degli Hillmann, dove essi rivivevano le vecchie storie ed episodi della storia della Scozia. Spesso si recavano a cavallo nelle foreste o in zone disabitate. Così avevano vissuto i primi mesi del loro matrimonio. Dato però che Lord Glenarvan sapeva che sua moglie era la figlia di un grande navigatore, egli pensò che anche Elena avesse le stesse aspirazioni di suo padre: pertanto fece costruire il Duncan, alfine di avere la possibilità di visitare i più bei paesaggi del mondo. Lady Elena fu felice quando poté salire sul Duncan.
Mentre Lord Glenarvan era a Londra ad intercedere per la salvezza degli sventurati naufraghi, incontrando però delle difficoltà, Lady Elena ricevette la visita di una signorina e di un ragazzo che desideravano parlare a Lord Glenarvan. Erano giunti a piedi e bastava un’occhiata per capire che erano fratello e sorella. Lei mostrava sedici anni; era gentile, aveva l’aria affaticata e si sarebbe detto che avesse pianto molto; l’espressione rassegnata ma coraggiosa e l’abito povero ma pulito deponevano a suo favore. Conduceva per mano un ragazzo dodicenne dall’aria risoluta, che sembrava capace di prendere all’occorrenza anche le difese della sorella.
- Signora, - egli disse subito - non è a voi che desideriamo parlare, ma a Lord Glenarvan in persona.
- Lord Glenarvan non c’è, ma io sono sua moglie e se volete dirmi...
- Siete Lady Glenarvan di Malcolm-Castle? - domandò la fanciulla. - Sapete che il «Temis» ha pubblicato una notizia relativa al naufragio del Britannia?
- Lo so, lo so, - rispose premurosamente lady Elena, - e voi chi siete?
- Sono miss Grant, signora, e questo è mio fratello.
- Miss Grant! - esclamò la giovane donna, attirando la fanciulla presso di sé.
- Signora, che cosa sapete del naufragio di nostro padre? È vivo? Lo rivedremo? Parlate, ve ne supplico.
- Fanciulla cara, Dio mi guardi dal darvi delle speranze che se si dovessero dimostrare fallaci...
- Dite, signora, dite! Sono abituata al dolore e preparata a qualunque notizia.
- Mia cara, si tratta di un filo di speranza; ma, con l’aiuto dell’Innipotenti, potrebbe anche essere che rivedrete un giorno vostro padre.
- Dio, Dio! - non seppe che esclamare la povera ragazza struggendosi in lagrime, mentre il fratello copriva di baci la mano di Lady Elena.
Quando l’accesso di gioia fu consumato, la ragazza cominciò a fare un sacco di domande: lady Elena le raccontò la storia del recupero dei documenti, di come la nave si fosse perduta sulle coste della Patagonia, come il capitano e due suoi marinai avevano raggiunto la terraferma, ed infine il modo con il quale avevano implorato il soccorso da parte di chiunque. Il ragazzo, mentre Lady Helena parlava, la divorava con gli occhi.
La sorella, voleva vedere i documenti recuperati, malgrado Lady Elena le elencasse i dati e le parole che erano state lette o interpretate nei tre documenti scritti in lingue diverse.
- Ora ne sapete quanto me!
- Sì, signora, - rispose la fanciulla - ma avrei voluto vedere la scrittura di nostro padre.
- La vedrete domani, forse. Lord Glenarvan è andato a Londra a sollecitare dall’Armiraglio l’invio di una nave di soccorso e lo attendo da un momento all’altro.
- Davvero, signora, avete fatto questo? Che siate benedetti entrambi!
- Ebbene, trattenetevi dunque al castello fino a domani.
Lady Elena era stata molto prudente nel racconto fatto ai due ragazzi ed aveva taciuto tutto ciò che avrebbe potuto affliggerli maggiormente, ma interrogò la ragazza e conobbe così la semplice e commovente storia dei due fratelli.
Mary e Robert erano i soli figli del capitano Harry Grant, che era vedovo e che, durante i suoi lunghi viaggi, lasciava i ragazzi affidati ad una vecchia cugina. Egli era di Dundee nella contea di Parth, e quindi scozzese. Aveva un piccolo patrimonio guadagnato coi traffici e, animato da spirito di indipendenza rispetto agli invadenti inglesi, aveva pensato di fondare una vasta colonia scozzese in Oceania. Vagheggiava che essa fosse il nocciolo di un futuro Stato indipendente, come quello degli Stati Uniti e dell’Australia, e forse il Governo inglese gli creò quanti più ostacoli poté, ma il capitano Grant non se ne lasciò abbattere e nel 1861, acquistato il Britannia e raccolti dei fondi, partì con un equipaggio di scozzesi.
Le ultime notizie avute sul conto suo e della nave risalivano al maggio del 1862; frattanto la vecchia cugina era morta e i due ragazzi si erano trovati soli al mondo e ridotti a campare, in una dignitosa miseria, del lavoro tenace e coraggioso di Mary.
Mary Grant aveva allora quattordici anni; ella non si ritirò di fronte alla situazione in cui era venuta a trovarsi; si dedicò interamente a suo fratello che era ancora un bambino. Bisognava allevarlo, istruirlo; a forza di sacrifici, di economie, di prudenza e sagacia, lavorando giorno e notte, la sorella riuscì a dare a suo fratello un grado di educazione accettabile. I due ragazzi vivevano a Dundee, in uno stato perenne di miseria. Mary pensava solo a suo fratello, e sperava per lui in un felice avvenire. Per quanto concerneva lei, essa pensava solo al Britannia che era sparito, e a suo padre certamente morto.
Logico quindi che l’avviso sul Temis la colpì e le ispirò una speranza di salvezza per suo padre. Non si doveva esitare.
La sua decisione fu immediata. Anche se avesse dovuto apprendere che il corpo di suo padre era stato ritrovato da qualche parte, questo sarebbe stato meglio che continuare a vivere con l’incertezza della sorte a lui toccata. Pertanto, il giorno stesso i due ragazzi presero il treno per Parth, e la sera si presentarono al castello di Lord Glenarvan.
I due ragazzi dormirono profondamente nella camera messa a loro disposizione ed il mattino seguente passeggiavano nel cortile del castello quando il rumore di una carrozza vi attrasse anche Lady Elena ed il maggiore Mac Nabbs. Era Lord Edward, accigliato, deluso, furioso.
- Ebbene, Edward; e così? - domandò la moglie.
- Quella è gente senza cuore, mia cara! Niente da fare. Mi hanno rifiutato una nave. Si sono rifiutati di spendere dei soldi, in considerazione di quanto era stato speso per la ricerca di Franklin! I documenti non erano sufficientemente chiari e risalivano a due anni. In più dovevano essere prigionieri degli Indiani, e quasi certamente trasportati nell’interno. Come si poteva fare a ritrovare delle persone sperdute in Patagonia; quasi certamente avrebbero dovuto essere sacrificate più persone di quelle che si chiedeva di ricercare e salvare. In più, si ricordavano del progetto del capitano Grant, circa una colonia di scozzesi, e questo apportò il colpo di grazia alle loro richieste di soccorso.
- Mio padre! Il mio povero padre! - gridò Mary, precipitandosi ai piedi di Lord Glenarvan, il quale, sorpreso, non sapeva che pensare.
- Sì, - spiegò Lady Elena - questi due ragazzi sono Mary e Robert, i figli del capitano Grant, che l’Ammiragliato condanna ad essere orfani.
- Ah, miss, - rispose confuso Lord Glenarvan, rialzando la fanciulla - mi rincresce; scusatemi; se avessi saputo chi eravate...
Ma oramai il male era fatto. Seguì un silenzio penoso interrotto da singhiozzi; il gruppo era attorniato dai domestici della casa e tutti quegli scozzesi protestavano in cuor loro contro la freddezza del Governo di Londra. Dopo qualche minuto il piccolo Robert insorse gridando:
- Ebbene, andrò io a trovare quella gente, e vedremo se...
- No, no, - lo interruppe la sorella; - piuttosto ringraziamo questi bravi signori per quel che hanno fatto e partiamo insieme. Mi getterò ai piedi della Regina e chissà che essa non sia sorda alla voce di due ragazzi che chiedono la salvezza del loro padre.
Glenarvan scosse la testa ben sapendo quanto fosse difficile avvicinarsi ai gradini del trono; e fu allora che Lady Elena ebbe una grande e generosa idea:
- Sentite, Mary, - disse - sentite quel che sto per dire -. E si avvicinò al marito risoluta, con l’occhio umido ed i lineamenti animati, continuando: - Edward, gettando in mare il suo messaggio, il capitano Grant lo ha affidato alle cure di Dio, e Dio lo ha fatto pervenire a noi. È dunque chiaro che Dio stesso ha voluto incaricarci della salvezza di quei disgraziati.
- Ebbene, che cosa volete dire, Elena? - domandò Lord Glenarvan.
- Voglio dire che dovremmo sentirci felici di iniziare la nostra vita coniugale con un’azione nobile. Ebbene, progettavamo un viaggio in mare col nostro Duncan; quale migliore viaggio che andare alla ricerca di tre disgraziati abbandonati dal loro paese?
Lord Glenarvan strinse tra le braccia la sua ardita sposa mentre i due ragazzi le baciavano le mani e i servitori attorno, commossi ed entusiasti, agitavano le braccia gridando:
«Hurrà!»
Decisa la spedizione, non era più il caso di perdere neppure un’ora e Lord Glenarvan spedì il giorno stesso al capitano Mangles l’ordine di condurre il Duncan a Glasgow e di prepararlo ad un viaggio nei mari del Sud. La nave aveva due alberi ed una velatura sufficiente per sfruttare il vento, ma soprattutto contava sui centosessanta cavalli della sua macchina, capaci di imprimere una velocità di diciassette miglia all’ora. John Mangles non ebbe quindi che da pensare agli adattamenti interni.
John Mangles era quel che si dice un uomo in gamba.
La sua prima preoccupazione fu quella di aumentare le stive dove sistemare la maggiore quantità di carbone possibile. Altrettanto fu fatto per le provviste di vitto; egli arrivò sino ad accantonarne per due anni; dato che non mancava di soldi, acquistò un cannone girevole che permettesse di raggiungere un bersaglio distante sino a quattro miglia. Insomma, era un marinaio che se ne intendeva. Quantunque comandasse uno yacht da crociera, egli era considerato uno dei migliori Skipper di Glasgow; aveva trent’anni, dai lineamenti un po’ rudi, ma ispiranti coraggio e bontà. Egli era cresciuto nel castello della famiglia Glenarvan, che lo aveva educato facendo di lui un eccellente marinaio. Egli dette prove di energia e sangue freddo in diversi viaggi di lungo corso. Quando Lord Glenarvan gli offrì il comando del Duncan John accettò con gioia, dato che egli voleva bene come ad un fratello al suo benefattore.
Il capitano, pur occupandosi dell’approvvigionamento del suo naviglio, non dimenticò di sistemare gli appartamenti di Lord e Lady Glenarvan; nonché le cabine dei due ragazzi Grant. In più il capitano si assunse l’incarico di insegnare il mestiere di marinaio al giovane Robert Grant.
Il secondo, Tom Austin, era un vecchio marinaio degno di tutta fiducia. L’equipaggio del Duncan contava venticinque uomini tutti della contea di Dumbarton, gente provata ed affiatata.
Aggiungeremo il maggiore Mac Nabbs, cinquantenne, temperamento obbediente, sempre d’accordo con tutti.
Ora il Duncan, attraccato al molo di Glasgow, vicino al grande piroscafo Scotia in partenza per Calcutta, monopolizzava la curiosità generale ed era visitato ogni giorno da folle di curiosi.
Lord Glenarvan, dal momento in cui il suo progetto fu reso noto, aveva ricevuto delle osservazioni in merito alle fatiche ed ai pericoli del viaggio. Egli non ne tenne assolutamente conto, e si apprestò a lasciare il suo castello. D’altronde, molti lo biasimavano tra quanti lo ammiravano sinceramente.
L’opinione pubblica, però, si schierò a favore del Lord scozzese, e tutti i giornali, salvo i «governativi», commentarono in modo sfavorevole la presa di posizione dell’Armiraglio in questo affare. Il Lord fu insensibile sia alle lodi che alle critiche. Pensava soltanto che in quel momento stava facendo unicamente il suo dovere.