1. Solleverò la mia fiaccola-1

2036 Words
1. Solleverò la mia fiaccola Il ponte superiore della RMS Lucania si andava affollando. Il motivo era facile da comprendere: dalla linea dell’orizzonte, che nei sei giorni precedenti non aveva mostrato altro che mare, iniziava a emergere la sagoma azzurrata della costa. Dharya Kayal superò il proprio naturale senso di ritrosia e si unì agli altri passeggeri del transatlantico. Il vento freddo di marzo gli fece svolazzare il soprabito e quasi volare via il turbante, ma la vista, doveva ammetterlo, era superba. In quel momento non aveva idea che il viaggio negli Stati Uniti avrebbe cambiato per sempre la sua vita, rovesciato le sue convinzioni e messo alla prova la sua sanità mentale. «È New York, mr. Kayal?» chiese Bill, la voce rotta dall’emozione. Si era fatto largo fino al parapetto di metallo dipinto di bianco, nominalmente per aprire la strada al suo padrone, in pratica per restarvi aggrappato come una delle scimmiette che, nella gioventù di Kayal, infestavano le rovine dei templi attorno Bombay. «Suppongo. Lo sapremo presto, se avvisteremo la statua». Per il momento la costa sembrava composta di basse isole. Bill si voltò giusto il tempo sufficiente a lanciargli un’occhiata tra l’inebriato e l’attonito. «La vedremo sul serio, eh signore? Non avrei mai creduto, in vita mia, di spingermi così lontano da casa». Per un attimo Kayal fu invidioso della sua innocenza. Bill aveva trentatré anni e da quindici era a servizio dei Northdall, prima come tuttofare, poi come cameriere, infine come valletto di Lord Northdall. Aveva visto Londra, dove il marchese aveva una residenza, e il Norfolk, sede della magione di famiglia, nonché il Lincolnshire, da cui proveniva Lady Northdall e dove era ancora la casa sua e delle sorelle. Era probabile che non si fosse mai allontanato dall’Inghilterra, ma specialmente non aveva mai lasciato “la casata”, intesa come il poderoso insieme di familiari, parenti e servitori che giravano attorno ai marchesi. Kayal era partito dalla sua terra natia, l’India, a vent’anni, sowar [1] dell’Impero. Aveva combattuto in Africa fianco a fianco con il marchese e aveva accettato il suo invito a seguirlo in Inghilterra, consapevole che in India non avrebbe mai potuto essere felice. L’America sarebbe stato il terzo continente in cui metteva piede. «Mai dire mai, Billy. Guarda, dev’essere quella». L’eccitazione, anche tra gli eleganti passeggeri di prima classe, era palpabile. Gli ombrellini delle signore combattevano contro il vento, i signori si tenevano fermo in testa il cilindro con la mano, ovunque si sentivano esclamazioni ammirate. La famosa statua della “Libertà che illumina il mondo” si faceva sempre più definita nel tratto di mare al centro dell’insenatura che la loro nave aveva imboccato. Sulle coste, in lontananza, si scorgevano case di legno o di mattoni rossi e fattorie. I potenti motori dell’ RMS Lucania, che in alto mare spingevano la nave a una velocità media di 22 nodi, cambiarono la tonalità del proprio ruggito. Lassù, sul ponte passeggeri più alto, il rombo costante si avvertiva appena, ma stavano rallentando. «Tra quanto sbarcheremo, mr. Kayal?» chiese Bill, preso da un improvviso scrupolo. «Devo ancora farle i bagagli». «Me li sono fatti da solo, i bagagli» replicò lui. Bill gli lanciò uno sguardo di disapprovazione. «È molto difficile essere il suo valletto». «Fortuna che non lo sei, allora» rise Kayal. «Signore!» «Non immedesimarti troppo, Billy. Al momento posso presentarmi al mondo come il segretario personale di Lord Northdall, ma non sono altro che il maggiordomo». Bill si aggrondò e Kayal aggiunse: «Fiero di esserlo. Non ho alcun desiderio di diventare un borghese». Ma da borghese stava posando, questo era vero. Secondo Northdall, mettere piede in America senza una certa protezione data dalla classe sociale sarebbe stato rischioso. Era un paese che amava classificare le persone sulla base del colore della pelle e la pelle di Kayal non era abbastanza pallida. Quindi, un segretario. Il segretario personale di un marchese, con passaporto britannico e nazionalità inglese, abiti fatti su misura e lettere di credito sufficienti a corrompere chiunque ci fosse da corrompere. Un segretario con un valletto, Bill, che un valletto lo era sul serio e che quindi nel ruolo era perfetto. Non ci si poteva aspettare che un indiano con un servitore bianco non attirasse l’attenzione e infatti a bordo dell’ RMS Lucania un po’ di attenzione l’aveva attirata. Durante il viaggio, sei giorni in tutto, Kayal se n’era stato per lo più nella lussuosa cabina di prima classe dotata di salottino. A volte aveva usato la sala di lettura, più spesso la sala del fumo, dove aveva fumato tranciato forte nella sua pipa di radica. Al ristorante aveva cercato di comparire il meno possibile. Si era dimostrato affabile, ma non aveva incoraggiato le conversazioni. Alla signora che aveva avuto la faccia tosta di chiedergli chi fosse e perché stesse andando negli States aveva risposto come concordato: era il segretario personale di un aristocratico e stava andando negli States per occuparsi di certi suoi investimenti. La signora avrebbe continuato a conversare – e senza dubbio a ficcare il naso – ma Kayal si era scusato ed era tornato nella sua cabina. Era una fortuna che ormai fossero arrivati. Era stato un viaggio estenuante. «Quanto sarà alta, mr. Kayal?» chiese Bill, mentre la nave superava la grande statua della libertà con la torcia in pugno. «Credo sui trecento piedi» commentò lui, distrattamente. Finì di caricare la pipa, per poi rendersi conto che il vento gli avrebbe reso molto difficile accenderla. «Sul basamento c’è una placca che recita: “Datemi i vostri stanchi, i vostri poveri, le vostre masse infreddolite desiderose di respirare libere, i rifiuti miserabili delle vostre coste affollate. Mandatemi loro, i senzatetto, gli scossi dalle tempeste e io solleverò la mia fiaccola accanto alla porta dorata”». Bill fece un’espressione dubbiosa. «Che cosa vuol dire?» Kayal si strinse nelle spalle. «In realtà nulla. Mi risulta che i miserabili e i senzatetto non siano poi così benvenuti». «Si riferisce alla gente della terza classe, è vero? Sono un’infinità». Non erano un’infinità, erano solo molto stipati. La prima classe ospitava seicento passeggeri in cabine ampie e lussuose, arredate come piccole camere, rivestite di pannelli di legno e tappezzeria di seta. La seconda classe, dotata di cabine piccole e modeste, ospitava altri quattrocento passeggeri, che venivano tenuti ben separati da quelli di prima. La terza classe offriva delle semplici brande a circa mille passeggeri, che si affollavano nei ponti più bassi della nave, senz’aria, senza spazio e pressoché senza servizi igienici. Là sotto doveva esserci un caldo infame, un rumore assordante e probabilmente si dondolava parecchio. Kayal aveva resistito alla tentazione di andare a guardare, ma se lo sentiva nelle ossa. Il mondo girava così. «Oh sì, sono moltissimi, caro ragazzo» si inserì nella conversazione una signora. Fino a quel momento aveva guardato verso la riva con un piccolo binocolo da teatro. «Ma non devi preoccuparti. Noi scenderemo subito, loro saranno trasferiti su un’isola davanti al porto per i controlli dell’immigrazione». Bill provò ad articolare una risposta, ma dalla bocca gli uscì solo un vago borbottio. «Sei fortunato a viaggiare con un padrone di una certa levatura» continuò la donna, con un sorriso condiscendente, e spostò lo sguardo su Kayal. «Mi scusi per la sfacciataggine, signore, ma con i miei compagni di viaggio ci stavamo chiedendo... quell’indiano così distinto è forse un raja degli stati indigeni?» Kayal si impedì di alzare gli occhi al cielo. Invece puntò sulla donna uno sguardo inespressivo e disse: «Potrei rivelarglielo, ma poi qualcuno del mio seguito dovrebbe ucciderla». La povera impicciona impallidì e Kayal le rivolse un sorriso mite. «Sto scherzando. Sono il segretario di un aristocratico britannico e sono inglese quanto lei. O meglio, no, dato che credo che lei sia scozzese». La donna emise una risatina imbarazzata. «Che senso dell’umorismo atroce! Terrorizzare così una signora!» «Forse in me c’è ancora qualcosa di barbaro» commentò Kayal, abbozzando un sorriso. Spostò la sua attenzione su Bill. «Mi dispiace salutarla, ma il mio valletto aveva appena ammesso candidamente di non aver ancora preparato i miei bagagli. Forza Billy, andiamo». L’impicciona restò lì, in viso l’espressione stupita di chi proprio non si aspettava di essere piantata in asso. A Bill dispiacque allontanarsi dal ponte e dallo spettacolo dell’ingresso in porto, ma era chiaro che mr. Kayal non voleva farsi importunare da quella signora smorfiosa. Gli succedeva parecchio, forse perché la gente di una certa classe sociale pensava che fosse suo diritto ficcare il naso in ogni curiosità in cui si imbattesse. E mr. Kayal era una curiosità, poco ma sicuro. Esotico, elegante di natura, per quel viaggio aveva superato se stesso. Dal fine cappotto di lana pettinata, al panciotto di velluto, alla larga cravatta di seta, tutto in lui faceva pensare a un ricco borghese. Persino il turbante, tocco etnico difficile da ignorare, aveva un aspetto costoso e ordinato, di un sobrio verde bottiglia dai sottili bordi dorati e color vinaccia. In quanto al suo eloquio, a un orecchio britannico suonava come quello delle classi più alte, educate da precettori privati o in esclusivi collegi. Solo dopo aver parlato con lui per un certo tempo si coglieva un lievissimo accento straniero, e Bill era quasi sicuro che fosse una scelta deliberata. L’aveva sentito parlare anche in un cockney indistinguibile da quello di uno scaricatore di porto, o in un passabilissimo inglese del Norfolk. Dato che mr. Kayal era la persona più insolita che Bill avesse mai incontrato, nonché il suo capo, Bill l’aveva studiato con attenzione. Era coetaneo del marchese, ossia si avviava verso i quarantacinque anni, e come il marchese era alto e snello. Mentre il primo aveva lineamenti nobili e aquilini, molto britannici, mr. Kayal aveva il viso angoloso, la pelle olivastra, gli occhi nerissimi e una folta barba scura e ben curata, che gli copriva la parte inferiore del viso senza nasconderne la forma. Piaceva alle donne, Bill avrebbe potuto testimoniarlo in tribunale. Nei suoi paraggi le cameriere assunte da poco arrossivano e le signore della buona società iniziavano a civettare. Forse erano le spalle larghe, il fisico prestante, lo sguardo magnetico o forse il modo in cui riusciva ad assumere un’espressione impenetrabile. Le donne adoravano il mistero. Insomma, piaceva alle donne e Bill avrebbe potuto testimoniarlo in tribunale, cosa che per fortuna non si era mai rivelata necessaria, almeno per il momento. In futuro chissà, perché comunque la servitù sapeva bene che al virilissimo mr. Kayal le donne non interessavano. Era stato corteggiato, blandito, tentato un po’ in tutti i modi, ma l’unica persona che l’avessero visto invitare in camera sua era un giovane biondo, che era entrato vestito da donna, questo sì, ma al mattino se n’era andato in normali panni da uomo. La servitù aveva notato tutto e non aveva commentato nulla, anche perché era chiaro che mr. Kayal non gradiva parlare dell’argomento. La madre di Bill, Dio l’avesse in gloria, avrebbe trovato scandaloso che un uomo come lui fosse a capo dell’intera servitù di casa Northdall. Fin dall’infanzia, in chiesa non avevano mancato di insegnargli che certi appetiti contro natura erano esecrabili, peccaminosi, vili. Ma mr. Kayal non aveva nulla di esecrabile, peccaminoso o vile. Era un superiore giusto, appena un filo troppo meticoloso, che non tollerava pressapochismo o pigrizia, ma era sempre attento al benessere dei suoi sottoposti. Pretendeva impegno, ma concedeva momenti di libertà. E a parte quel singolo episodio, accaduto ormai cinque anni prima, il riserbo di mr. Kayal sulle sue faccende private era stato completo. In una casa in cui tutti vivevano a contatto non era cosa da poco. La servitù, per esempio, sapeva molto della vita intima del padrone. Northdall dormiva quasi sempre con sua moglie e la signora aspettava il terzo figlio. Mr. Kayal era sempre stato riservatissimo. Fino al giovanotto biondo. Poi il giovanotto biondo era partito per gli Stati Uniti e mr. Kayal era tornato a essere un mistero. Forse non aveva nessuno, forse aveva incontri occasionali con i ragazzi che incrociavano in certe vie di Londra, in attesa di gentiluomini generosi e pronti a sovvenzionarli. Bill sperava di no. Sperava che la vita privata di mr. Kayal non fosse così squallida, perché se c’era un uomo che si meritava il meglio, quello era lui. Contro natura o meno.
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