Luca incrociò le braccia, poi annuì. «Credo tu sia un’ottima scelta, Umberto.» Questi fece un passo indietro, ma continuò a fissare Matteo, che lo ignorò.
Lo sguardo del mio futuro sposo passò su Raffaele, abbandonando a quel punto qualsiasi cortesia che aveva tenuto nascosto il mostro dentro di lui. Gli si avvicinò così tanto che mio cugino fu costretto a piegare la testa all’indietro per restituire lo sguardo. Raffaele cercò di mantenere la sua espressione arrogante e sicura di sé, ma sembrava un cucciolo di chihuahua che tentava di impressionare una tigre del Bengala. Lui e Luca avrebbero potuto benissimo appartenere a due specie diverse.
«Fa parte della famiglia. Lo vuoi davvero accusare di avere un interesse per mia figlia?»
«Ho visto come guardavi Aria» dichiarò Luca, senza distogliere lo sguardo da mio cugino.
«Come una pèsca succosa che desideravi cogliere» saltò su Matteo, che si stava divertendo un mondo.
Gli occhi di Raffaele corsero a mio padre, in cerca di aiuto.
«Non negarlo. Riconosco il desiderio quando lo vedo. E tu vuoi Aria» ringhiò Luca. Mio cugino non rispose. «Se ti scopro di nuovo a guardarla in quel modo, se ti trovo in una stanza da solo con lei o se mi accorgo che le hai sfiorato anche solo la mano, ti ucciderò.»
Raffaele arrossì. «Tu non fai parte dell’Organizzazione. Nessuno verrebbe a raccontarti qualcosa, nemmeno se la violentassi. Potrei addestrarla per te.» Mio Dio, taci. Non vedeva la luce omicida negli occhi di Luca? «Potrei persino filmarla.»
Prima ancora che riuscissi a sbattere gli occhi, il mio futuro marito buttò Raffaele a terra e lo tenne giù con un ginocchio contro la schiena, un braccio torto all’indietro. Raffaele lottò e imprecò, ma Luca lo stringeva saldamente. Con una mano afferrò il polso di mio cugino, mentre con l’altra estrasse un coltello dalla giacca.
Mi cedettero le ginocchia. «Adesso vattene» ordinai a Gianna in un sussurro, ma lei non mi diede retta.
Non guardare, Aria.
Tuttavia, non potei farne a meno. Papà avrebbe sicuramente fermato Luca, ma l’espressione di nostro padre era piena di disgusto mentre fissava Raffaele. Gli occhi del mio futuro sposo cercarono quelli di papà: mio cugino non era un suo picciotto. Non era nemmeno nel suo territorio. L’onore imponeva che ottenesse il permesso del Consigliere… e quando mio padre annuì, Luca abbassò il coltello e tagliò a Raffaele il mignolo. Sentii le urla risuonarmi nelle orecchie e vidi tutto nero. Mi misi un pugno in bocca per soffocare qualsiasi suono. Ma non Gianna che, prima di rimettere, emise uno strillo che avrebbe risvegliato un morto. Se non altro, si era voltata e l’aveva fatto lontana da me. Il suo vomito scivolò giù per i gradini.
Al di là della porta regnava il silenzio. Ci avevano sentite. Afferrai mia sorella per le braccia quando la porta segreta fu spalancata, rivelando il viso furioso di nostro padre. Alle sue spalle c’erano Cesare e Romero, entrambi con le pistole spianate. Quando ci videro, rimisero le armi nelle fondine sotto le giacche.
Gianna non piangeva. Lo faceva raramente, ma era pallida e si era appoggiata addosso a me. Se non avessi dovuto sostenerla, anche le mie gambe sarebbero crollate. Però dovevo essere forte per lei.
«Naturale» sibilò papà guardando Gianna con severità. «Avrei dovuto immaginare che avresti combinato un nuovo guaio.» Me la strappò dalle braccia e la condusse in salotto, dove le mollò un sonoro ceffone.
Feci un passo verso nostro padre per proteggerla, ma lui sollevò di nuovo la mano. Mi preparai per lo schiaffo, ma Luca afferrò il polso di papà con la sinistra. Nella destra stringeva ancora il coltello che aveva usato per tagliare il dito di Raffaele. Entrambe erano sporche di sangue. Spalancai gli occhi. Papà era il padrone di casa, il nostro padrone. L’intervento di Luca era un’offesa al suo onore.
Umberto estrasse il pugnale e papà posò la mano sulla sua pistola. Matteo, Romero e Cesare impugnarono le loro armi. Raffaele era rannicchiato sul pavimento, ripiegato sulla sua mano, i suoi piagnucolii erano l’unico rumore nella stanza. C’era mai stato un fidanzamento di sangue?
«Non volevo mancarle di rispetto» iniziò Luca con calma, come se tra New York e Chicago non stesse per scoppiare una guerra. «Ma Aria non è più una sua responsabilità. Ha perso il diritto di punirla quando l’ha fatta diventare la mia fidanzata. Ora lei è un problema mio.»
Papà abbassò lo sguardo sull’anello al mio dito, poi chinò la testa. Luca gli lasciò andare il polso e gli altri uomini nella stanza si rilassarono un po', ma non riposero le armi. «È vero. Ma per come la vedo io, Aria vivrà sotto il mio tetto fino al matrimonio e dato che l’onore mi impedisce di alzare le mani su di lei, dovrò trovare un altro modo per farmi obbedire.» Guardò torvo Gianna e la colpì per la seconda volta. Poi si rivolse a me. «Quando ti comporterai male, Aria, sarà tua sorella a essere punita al tuo posto.»
Strinsi le labbra, gli occhi pieni di lacrime. Non guardai papà né Luca, finché non riuscii a trovare un modo per nascondere l’odio che provavo per loro.
«Umberto, accompagna Gianna e Aria in camera loro e assicurati che ci restino.» Lo scagnozzo rinfoderò il coltello e ci fece cenno di seguirlo. Superai mio padre, trascinandomi dietro mia sorella a testa bassa. Si irrigidì mentre scavalcavamo il sangue sul parquet e il dito tagliato che giaceva abbandonato lì vicino. Lanciai un’occhiata a Raffaele, che si stringeva la ferita ancora sanguinante. Aveva le mani, la camicia e i pantaloni coperti di sangue. Gianna ebbe un conato, come se stesse per vomitare di nuovo.
«No» le dissi con voce ferma. «Guardami.»
Lei distolse lo sguardo dalle chiazze e incrociò il mio. Gli occhi erano pieni di lacrime e il taglio sul labbro superiore aveva cominciato a sanguinare, sporcandole il mento e la camicia da notte. Le strinsi la mano più forte. Sono qui per te. I nostri sguardi uniti sembravano l’unica àncora di salvezza, mentre Umberto ci scortava fuori dalla stanza.
«Donne» ci catalogò mio padre in tono sprezzante. «Non riescono neanche a sopportare la vista di un po' di sangue.» Sentii lo sguardo di Luca trapassarmi la schiena prima che la porta si chiudesse. Mentre ci affrettavamo dietro a Umberto, lungo il corridoio e su per le scale, Gianna si pulì il labbro sanguinante. «Lo odio» borbottò. «Li odio tutti.»
«Shh.» Non volevo che parlasse in quel modo davanti a Umberto. Teneva a noi, ma era uno scagnozzo di mio padre in tutto e per tutto.
Quando feci per seguire Gianna in camera sua, lui mi bloccò. Non potevo lasciarla sola. E nemmeno io volevo restarci. «Hai sentito quello che ha detto tuo padre.»
Lanciai un’occhiataccia a Umberto. «Devo aiutare Gianna a medicarsi il labbro.»
Lui scosse il capo. «È una cosa da niente. Voi due insieme in una stanza siete sempre la promessa di guai in arrivo. Ritieni saggio irritare ulteriormente tuo padre questa sera?» Lo scagnozzo chiuse la porta di Gianna e mi spinse, con gentilezza, verso la mia camera, accanto a quella di mia sorella.
Entrai, per poi voltarmi verso di lui. «Una stanza piena di adulti rimane a guardare un uomo che picchia una ragazzina indifesa: dev’essere il famoso coraggio degli uomini d’onore.»
«Il tuo futuro marito ha fermato tuo padre.»
«Gli ha impedito di colpire me, non Gianna.»
Umberto mi sorrise come se fossi una bambina sciocca. «Luca può anche dettare legge a New York, ma qui siamo a Chicago e tuo padre è Consigliere.»
«Tu ammiri Luca» replicai incredula. «L’hai visto tagliare un dito a Raffaele e lo stimi.»
«Tuo cugino è fortunato che “la Morsa” non gli abbia tagliato qualcos’altro. Il tuo futuro marito si è comportato come ogni uomo avrebbe fatto.»
Forse nel nostro mondo.
Umberto mi diede un colpetto sulla testa come se fossi un gattino adorabile. «Vai a dormire.»
«Starai di guardia davanti alla mia camera per assicurarti che non esca di nuovo di nascosto?» gli domandai con aria di sfida.
«Sarà meglio che ti ci abitui. Adesso che Luca ti ha messo l’anello al dito, vorrà essere certo che tu sia sempre protetta.»
Chiusi la porta sbattendola. Vigilata. Luca avrebbe controllato la mia vita persino da lontano. Avevo creduto che fino al matrimonio la mia esistenza sarebbe continuata come al solito, ma come avrei potuto quando tutti sapevano che cosa significava l’anello al mio dito? Il mignolo di Raffaele era un segnale, un avvertimento. Luca aveva avanzato le sue pretese su di me e le avrebbe fatte rispettare a sangue freddo.
Quella notte non spensi la luce, temendo che l’oscurità mi riportasse alla mente immagini di sangue e arti recisi. Ma tornarono comunque.