Maggiore Età-3

2122 Words
La Medica lo guardò intensamente e lo abbracciò forte, poi se ne andò senza dirgli niente, ma gli parve che la sua espressione fosse un po’ più luminosa. Quando rientrò nella stanza di Astrea, gli sembrò diversa. La finestra era spalancata, un’aria profumata e calda permeava tutto l’ambiente inondato di luce. Lei era sempre a letto, seduta con la schiena sorretta da cuscini, ma si era cambiata. Indossava una camicia da notte, senza maniche, in crêpe di seta azzurro polveroso con fiorellini blu e guarnizioni di pizzo sangallo bianco. I lunghi capelli erano raccolti lateralmente e alcune ciocche ricadevano morbidamente sul petto. Il suo viso pareva aver ripreso un po’ di colore e anche i dolorosi segni delle pene patite si erano leggermente attenuati. I genitori di Astrea lo accolsero con gioia. “Vedi come sta meglio oggi!” gli fece notare Elizabeth Laergan, indicando prima la figlia sorridente e poi gli schermi degli apparecchi di fianco al letto, che mostravano andamenti più vivaci. “Il Kuracist Lytton ha detto che ora possono occuparsi con più efficacia delle sue ferite, che quindi guariranno velocemente. Sì, la mia bambina è proprio migliorata!” si associò entusiasta Maximilian Laergan, che verificò poi ridendo. “Ares, non ti dispiace fare tu compagnia ad Astrea, vero? Noi vorremmo andare a fare colazione.” Il dottor Laergan prese sotto braccio la moglie, andandosene subito. Appena si chiuse la porta, Ares rimase per un attimo a contemplarla, mentre sorridendogli radiosa gli tendeva le braccia. Corse quindi da lei, si sedette sulla sponda del letto e si perse nel suo profumo e nel suo caldo abbraccio. “I tuoi mi odieranno.” suppose dopo un certo tempo, riemergendo dalle sue braccia. “E perché?” si sorprese lei, aggrottando graziosamente le sopracciglia. “Perché, dopo un anno che non sei stata con loro e con tutto quello che hai passato, credo che vorrebbero stare sempre con te e invece io sono qui ... di continuo.” chiarì lui, dispiaciuto. Lei emise un rapido sospiro, lo avvicinò a sé e lo ammonì sorridendo. “Non essere sciocco! Loro lo sanno che se non fosse stato per te ...” “Se non fosse stato per me, tu non ti saresti mai trovata nelle mani di Halyster. Non avresti mai subito tutto quello che ti ha fatto.” ricordò, sgomento. Lei lo guardò intensamente negli occhi, esortandolo con decisione. “Non devi pensare questo! Assolutamente. Non è stato a causa tua che il Despota mi ha rapito. E non è stata colpa tua se mi ha fatto del male.” “Ma ...” “Ssst. NO! Non è così. E mi devi giurare, come io ho giurato a te, che non ti verranno mai più in mente idee strampalate come questa.” lo pregò risoluta. Lui abbassò lo sguardo. Era convinto di quanto aveva detto. “Ma ... è vero ... se non ...” Astrea gli mise due dita sulle labbra e lo scongiurò accalorata. “Ares, per favore. Ragiona. Nessuno di noi è privo, per fortuna, di affetti, di persone che lo amano e che lui ama. E se non persone, progetti ... idee … scopi, come Holly. Nel suo delirio, il Tiranno crede che questa sia una debolezza. E tu, pensando in quel modo, lo assecondi. È come se dicessi che non vale la pena amare.” “Oh, no. Non penso questo. Non ho paura per me, ma per te. Non voglio che tu ...” ribatté lui con enfasi. “Sì, lo so. È questo che intendevo. La paura che chi amiamo possa soffrire è ancora più grande e intollerabile di quella di star male noi stessi. Lo so bene. È questa paura, che ci può portare a rinunciare al bene che ci viene dato per proteggere chi amiamo.” Annuì, pensando a Zoran e Drystan. “Ma gli affetti, ciò che amiamo non sono la nostra debolezza. Halyster ha torto. E tutto quello che è successo lo dimostra pienamente. L’Amore ha trionfato. L’Amore è una Forza invincibile. La nostra Forza. E tu mi devi giurare, che non penserai mai più il contrario.” Astrea gli stava tenendo il viso tra le mani e lo guardava intensamente, in attesa. “Giuro.” affermò finalmente persuaso, suggellando poi con un lungo bacio la sua promessa. “Ciò non toglie,” riprese lui dopo diversi minuti. “che i tuoi genitori possano seccarsi per ...” Non riuscì a finire la frase: lei lo aveva tacitato nel solito modo tanto efficace, quanto gratificante. “Ma Ares, loro lo sanno cosa proviamo l’una per l’altro. Lo sanno da molto tempo e senza che avessi bisogno di dirglielo. E ancora più di me, sapevano che tu mi amavi sul serio, che eri solo un po’ spaventato.” La guardò sorpreso. “Il giorno del Saggio, prima della Cena di Gala, mia madre mi ha parlato. E mi ha detto che vedeva nei tuoi occhi un amore sincero, che stava a me aiutarti a riconoscerlo. Che capiva il mio stato d’animo, che comprendeva la mia ... paura di ... soffrire ...” Il petto di Astrea ebbe un sussulto, prima di aggiungere. “... di nuovo. Ma che non dovevo rinunciare a te, al nostro sentimento per ... quello.” Le strinse forte la mano che teneva tra le sue e gliela baciò con trasporto. “E ieri, quando mi hanno vista respirare di nuovo, mi hanno detto, tutti e due, guardandosi con un affetto che non avevo mai visto, che non avevo mai notato prima, che erano sicuri che ci saremmo amati così profondamente e a lungo come si amano loro fin dal primo giorno. Ares, i miei genitori lo sanno che è stato grazie a te se … che è stato il tuo calore, i tuoi abbracci, i tuoi baci … il tuo amore a darmi la forza, prima di arrivare qui e poi di alimentare nuovamente la mia fonte di energia vitale. Yolhair ne era convinto fin da subito. La sua preoccupazione era che tu non ti riprendessi in tempo, che non fossi nelle condizioni di .... Oh Ares, hai rischiato seriamente di morire. Fare due viaggi di Teleportazione a così breve distanza l’uno dall’altro è pericolosissimo, comunque! Farli senza la preparazione necessaria, è folle e portando poi un’altra persona con sé è ... È incredibile che tu sia riuscito ad arrivare ancora vivo.” Gli accarezzò il viso, ansimante e guardandolo con apprensione. “Se tu sei arrivata viva, perché ti ho dato l’energia sufficiente per sopportare il viaggio, non poteva essere diversamente per me. Ero così concentrato su di te che, quando sono atterrato in quel posto, non ho sentito assolutamente nessun effetto e dopo ... avevo un solo pensiero in mente. Portarti qui in tempo.” Nei baci che si scambiarono, Ares avvertì crescere dentro di lui un’energia così potente e luminosa, che tutti i suoi crucci si dissolsero. “Che giorno è oggi?” si informò lei dopo parecchio, allentando appena l’abbraccio. Le accarezzò il viso con dolcezza, rispondendo. “È il due agosto, amore.” Astrea si irrigidì, rizzandosi di scatto sul busto, e ripeté stupefatta. “Il … due?!” Lo guardò a occhi sbarrati, come se le avesse dato la notizia peggiore della sua vita, e poi aggiunse sconvolta. “Ma allora ... allora ieri ... ieri era il primo!” Lui, che si era spaventato per quella reazione inattesa, fece un mezzo sorriso compiaciuto, confermando in tono delicatamente ironico. “Eh sì, visto che, di solito, dopo l’uno viene in due …” Lei prima aggrottò le sopracciglia, lanciandogli un’occhiata di leggero rimprovero, e poi cambiò espressione: i suoi occhi si velarono e si preoccupò angustiata. “Ma ieri ... ieri era il tuo compleanno. Diventavi maggiorenne e io ... Io non ti ho fatto nemmeno gli auguri e ...” Trasalì e lo guardò afflitta. “E ... E io non ho ... Non ho neppure il tuo regalo.” concluse, lasciandosi sfuggire un singhiozzo. La strinse tra le braccia e, baciandole ripetutamente il viso, affermò. “Amore mio, ieri è stato il più bel compleanno della mia vita e tu mi hai fatto il regalo più meraviglioso che potessi mai ricevere.” Al suo tacito interrogativo, lui rispose con uno sguardo innamorato e, prima di baciarla con crescente trasporto, mormorò con intensità. “Te.” Qualche minuto dopo, si scostò di poco e prese a osservarle il viso, pensieroso. “Tesoro, cosa c’è? A cosa stai pensando?” verificò lei, accarezzandogli i capelli. Le prese la mano e, baciandogliela, confessò assorto. “Stavo pensando a quanto sono fortunato. L’anno scorso, nel periodo del mio compleanno, tu sei entrata nel mio cuore e mi hai salvato dall’abisso di disperazione dov’ero caduto e quest’anno ti ho ritrovata: la tua vita e il tuo amore. Non c’è più niente che possa desiderare, non può esserci niente di più bello ... E, allora … Ecco, ti sembrerà strano, ma mi stavo chiedendo per il mio prossimo compleanno ... cosa ...” si interruppe. Lei gli sorrise con tenerezza, rivolgendogli poi una rapida occhiata maliziosa, velata d’imbarazzo. “È ancora lunga la strada da fare. Ci sono ancora tante ... cose, da scoprire ... insieme.” Non comprese a cosa si riferisse. Gli capitava a volte di apprezzare molto quanto lei gli diceva, senza però capirne subito, fino in fondo, il significato. Anche quella volta fu così. La guardò con amore e, prima di baciarla di nuovo, sussurrò appassionato. “Non vedo l’ora.” Benché sembrasse rincuorata, non gli sfuggì il persistere del suo rammarico e quindi suggerì. “Non appena starai veramente bene, andremo alle Scintille Incantate e festeggeremo, oltre al nostro anniversario, anche il mio compleanno. Cosa ne pensi? Ti farebbe piacere?” Lei sorrise, assentendo. “Allora non voglio più vedere questo viso triste. D’accordo?” “Sì, intesi.” Mentre Ares era di nuovo perso nelle sue braccia, bussarono alla porta. A fatica e lentamente, si staccò da lei e andò ad aprire. “Mira, Safìr! Che magnifica sorpresa vedervi già qui.” li salutò festoso. Dopo che Mira ebbe salutato Astrea, abbracciandola, Safìr si avvicinò a lei e prese la mano che gli porgeva, accennando un galante baciamano, mentre le sorrideva complimentandosi di trovarla così bene. Lei arrossì leggermente lusingata di quell’attenzione. Il giovane uomo allungò quindi verso di lei il braccio che teneva dietro la schiena, porgendole un magnifico mazzo di fiori. Astrea restò qualche istante a bocca aperta, esclamando poi entusiasta. “Che meraviglia. Sono bellissimi. Grazie Safìr. Grazie Mira.” La visita fu volutamente breve e la coppia si congedò con la promessa che sarebbero tornati nel pomeriggio. Ares prese il suo Segno e fece apparire un vaso di cristallo pieno d’acqua, dove mise l’omaggio floreale. “Sono veramente splendidi! I più belli che abbia mai visto.” osservò sincero. “Ares, ti dispiace prendermi una cosa dal guardaroba, per favore?” domandò Astrea, con voce morbida. Lui aprì l’armadio e vide il Manjusha, la scatola Portasegreti che le aveva regalato per East-Star. “È questa che vuoi?” si accertò sorridendo. Al suo assenso gliela porse e lei la depositò in grembo. Astrea la accarezzò, guardandola amorevolmente, rivelando. “Ne sentivo proprio la mancanza.” Quindi chiarì, guardandolo. “Ieri ho chiesto a Daisy di portarmela e lei è venuta apposta, poco prima che tu tornassi.” Aperto il coperchio, assunse di colpo un’espressione contrariata. “Oh, no. Accidenti!” si contrariò. “Non è che per caso questo ti farebbe comodo?” insinuò lui malizioso, mentre le porgeva il suo bell’anello. “Oh, amore! Ma è fantastico! Sei meraviglioso, come al solito! Ci hai pensato, nonostante … tutto.” lo gratificò gioiosa, gettandogli le braccia al collo. “L’avevo visto su una sporgenza della parete rocciosa poco distante da te. E, prima di portarti via, l’ho preso. So quanto è importante per te.” Lei gli diede un bacio veloce, troppo veloce si rammaricò lui, come premio e poi infilò l’anello all’anulare destro, ammirando compiaciuta i bagliori blu cobalto sprigionati dalla sfera sfaccettata di tanzanite che l’Uroboros stringeva tra le sue spire argentee. Lo puntò quindi all’interno del cofanetto, mormorando poche parole. All’istante, apparvero le cose che lui le aveva regalato: un bocciolo essiccato di rosa rosso cupo, il primo fiore che le aveva dato, una singola rosa e un bouquet di rose blu, ancora fresche e profumate, un pacchetto di lettere legato con un nastrino celeste, una scatolina metallica rettangolare, il Musichiere, e un globo d’oro. Astrea prese la sfera dorata e la rosa blu che, dopo aver richiuso la scatola, odorò profondamente, mentre teneva stretto il piccolo sole nell’altra mano.
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