Capitolo due
Foxfire
Quando il suono del campanello riecheggia in casa, il tizio grande e grosso che mi tiene bloccata a terra si sposta, in modo da non schiacciarmi del tutto sul pavimento di legno. Piuttosto apprezzabile da parte sua. Ammiro questo genere di considerazione, anche da parte di un uomo che ha fatto irruzione in casa mia fingendo di consegnare la pizza.
Il campanello suona di nuovo.
“Beh?” La parola esce soffocata da sotto la mano. “Intendi aprire?”
Sposta la mano. “E tu intendi fare la brava?”
Mi lecco le labbra e il suo sguardo scatta sulla mia bocca. Si sposta di nuovo, e all’improvviso sono consapevole della sua impressionante virilità premuta contro alle mie parti intime. È un ragazzone. Un ragazzone molto grosso.
Oddio, ma stiamo perdendo la testa? Lo fisso. Mandibola forte, labbra serrate. Corpo molto muscoloso premuto contro al mio.
La mia lingua scatta fuori un’altra volta a inumidire le labbra, e i suoi occhi seguono ogni mio movimento. L’arma che tiene nelle mutande mi vibra contro alla gamba.
Cerco di divincolarmi e lui serra la presa, ricordandomi che mi supera di una spanna in altezza e ha molta più forza di me. Potrei gridare, ma la cosa potrebbe mettere in pericolo il tipo della pizza. E sono piuttosto certa che Signor Campione di Wrestling si arrabbierebbe parecchio. Risultato: brutte cose. Per me, per il ragazzo delle consegne, probabilmente per Amber. E niente pizza.
Per qualche motivo, non ho paura di lui. Ha un odore… buono. Con la gente tendo ad affidarmi all’olfatto. Per quanto suoni strano, funziona.
E poi sono Foxfire Hines. Non ho paura di niente, eccetto i serpenti nel water.
Il campanello suona una terza volta.
“Farò la brava” gli dico. “Se mi paghi la pizza. Ma solo perché voglio bene ad Amber. E ho fame.”
“Sul serio?”
“Giurin giurello.” Mi tiene i polsi premuti a terra, ai lati della testa, ma riesco comunque ad agitare il mignolo.
Il tipo mi scruta un momento. Sorrido, tutta dolce e innocente. Affidabile.
Sospira e si alza in piedi. “Non fare stranezze.” Mi punta contro un dito ammonitore. “Non sono qui per farti del male, ma se combini pasticci ti punirò.”
Le mie parti intime hanno un fremito. Non sono eccitata, figurarsi! I capezzoli premono contro al top perché fa freddo. Mi stringo le braccia attorno al busto, non si sa mai.
Il mio gigantesco ospite indesiderato è alla porta a scambiare banconote per un cartone quadrato bianco e rosso. Non gridare è stata la cosa giusta da fare. Il tipo della pizza è la metà di lui, e pare non vedere palestre da un po’. Mister Muscolo invece sembra che ci viva, in palestra, o che dorma su una panca da sollevamento pesi mentre fa ripetute.
“Non dimenticare la mancia” gli dico.
Mi lancia un’occhiataccia e poi mi volta le spalle. Yuppie-dù. Il didietro è sodo come il davanti. Devo essermi fissata un attimo a pensare porcate sul tipo, perché due secondi dopo sta venendo verso di me col cartone in una mano. Con l’altra mi prende per un gomito e mi spinge sul divano.
“Siediti” mi ordina, e io eseguo. Appena il mio sedere tocca il divano, allungo le mani verso la pizza.
“Non così veloce. Prima parliamo.”
“Che punizione crudele e insolita” bofonchio.
Mi lancia un’altra occhiata della serie Ma che diavolo…? e io la ignoro. Ci sono abituata.
“Beh, è insolita. E crudele. Io ho fame!”
“Poi ti do da mangiare. Adesso ho bisogno di farti delle domande.” Appoggia la pizza davanti a me sul tavolino e poi allunga uno stivale sul bordo, tra me e l’oggetto del mio desiderio. Questo ovviamente mette in bella vista il rigonfiamento che ha in mezzo alle gambe, in un’esibizione di un altro potenziale oggetto del desiderio.
No! Cattiva Foxfire!
“La tua amica ti ha parlato di noi. Sono qui per capire quanto sai.”
“Noi? Noi chi?” Con riluttanza alzo gli occhi sul suo viso. Ora che ci penso, ha un aspetto familiare. Un altro dei vicini di Amber? Sembra che tutta la banda di Garrett abiti in quell’appartamento. “Non so neanche come ti chiami.”
“Tank.”
Tank. Non discuto sulla stranezza del nome. E poi si sa che i membri di una banda si beccano sempre soprannomi cazzuti al rito di iniziazione per entrare nel gruppo. Glielo chiederei, ma dubito che sia propenso a parlarmi della vita da gang. E dato che sembra un armadio, lascerò perdere.
Per ora.
“Va bene, signor Tank…”
“Tank e basta.”
“Tank e basta” mi correggo, e lui chiude gli occhi, frustrato. Eccellente. “Cosa vuoi sapere?”
Fa un respiro profondo. “Oggi hai affrontato Garrett fuori dall’appartamento di Amber. L’hai accusato di essere un lupo mannaro.”
“Sì, e allora?”
“Ho bisogno di sapere cosa ti ha detto Amber di noi.”
“Non mi ha detto niente. Stavamo parlando dell’appuntamento finito male. E fra una cosa e l’altra, ha accennato a voi.”
“Cos’ha detto esattamente?”
“Non posso dirtelo. Andrebbe contro il regolamento tra ragazze.”
“Signorina Hines” ringhia.
“Chiamami Foxfire.”
“Signorina Hines.” La voce diventa ancora più profonda e ringhiante. “Credo tu non capisca la serietà della faccenda. Amber è venuta a sapere alcune cose che ci riguardano, e ha giurato riservatezza al nostro capo, Garrett. Dato che ha parlato, potrebbe trovarsi nei guai.”
“Mi pareva avessi detto che stava bene.”
“Non ci piace che gli esterni parlino di noi. La gravità della punizione dipende da quanto ti ha detto.”
Ancora quella parola. Punizione. Mi piace un po’ troppo.
“Voi motociclisti siete piuttosto fuori di testa.” Non li chiamo banda, perché magari è offensivo. O forse no, perché sono decisamente una banda. Un mucchio di tipi grossi e pericolosi, ricoperti di tatuaggi tutti uguali, che guidano la moto, stanno sempre insieme e seguono una sorta di regolamento da fratelli. Il capo è proprietario di un sacco di attività, e lavorano tutti per lui. Non ho avuto sentore di attività criminale, ma non intendo fare domande al riguardo.
“Dimmi solo quello che ti ha detto Amber.”
Un tintinnio di campanellini ci interrompe.
“È il tuo telefono?” Tank lo afferra prima che annuisca. Ci chiude il pugno attorno e stringe. Quando apre la mano, i pezzi del cellulare cadono sul pavimento.
“Wow” esclamo stupefatta, fissando quello che resta del telefonino.
“Devi iniziare a fare attenzione, signorina Hines. Sono qui per scoprire quello che sai, e nessuno di noi due andrà da nessuna parte finché non sarò soddisfatto.”
~.~
Tank
“Che figata!” squittisce. “Hai spappolato il telefono a mani nude.” Si ferma e arriccia il naso. “Aspetta… era il mio.”
Non posso fare altro che scuotere la testa. “Sì, principessa. Fino a che non avrò quello che voglio, tu non andrai da nessuna parte e non parlerai con nessuno.”
“Posso avere la pizza?”
“Prima parla, poi la pizza.”
“Amber non mi ha detto niente di voi.”
“Hai chiamato Garrett lupo mannaro.”
“Sì, perché vi chiamate così.”
Cazzo. Incrocio le braccia sul petto. “Amber ti ha detto che siamo lupi mannari?”
“Sì.”
“E tu le hai creduto?”
“Beh, sì. Siete una banda. Vi chiamate così. Potete chiamarvi come vi pare, per quello che mi riguarda. I Jet, gli Squali, i Lupi Mannari… le Iguane Pazzoidi… qualsiasi cosa secondo voi vi faccia apparire cazzuti, arrabbiati.”
Mi passo una mano sugli occhi. Questa ragazzina non ha idea di quanto poco manchi perché le prenda a schiaffi quel bel culetto che si ritrova. E il mio cazzo pensa che sia un’idea meravigliosa.
“Quindi è per questo che sei venuto?” dice ridendo. “Per chiedermi cosa so della vostra banda?”
“Dimmi quello che sai.”
“So che andate in moto.” Inizia a contare sulle dita. “Alcuni di voi vivono nell’appartamento vicino ad Amber, la mia migliore amica. Il vostro capo ha tentato di sedurla, in modo miserabile, e l’ha mollata nel mezzo del primo appuntamento.”
“Tutto qui?”
“Tanti di voi hanno tatuaggi della luna sulle nocche delle mani.” Fa una smorfia. “Lupi mannari e luna piena. Molto originale. Avete anche il Club Eclipse. Vi attenete alla perfezione al tema, ve lo concedo. Ecco.” Alza le mani in aria. “È tutto quello che so. Sei venuto per ricattarmi? Perquisirmi?”
“Non ci piace la gente che ficca il naso nei nostri affari.”
“Beh, a me non piacciono gli stronzi che frequentano la mia amica. Non me ne frega niente se Garrett l’Uomo-Lupo è proprietario della metà degli edifici qua intorno. Non può trattare così la mia amica.”
Inarco un sopracciglio. “Altrimenti?”
Si sporge in avanti e mi punta un dito in faccia. “Lo finisco.”
Trattengo un sorriso. Lei agita il dito e fingo di morderglielo. Tira indietro la mano di scatto con un gridolino. Finalmente. Un pelo di paura.
“Molto divertente.” Incrocia le braccia sul petto, imitando la mia postura.
“Garrett non farebbe mai del male ad Amber.”
“Ci sono un sacco di modi per fare del male” dice Foxfire. “Solo uno di questi è fisico.”
Piego la testa di lato. “Hai ragione. Vedo che non sei una minaccia per la nostra organizzazione. Non vogliamo causare guai, ma come hai detto, Garrett è proprietario di un sacco di roba, e non vuole che girino cattive voci sul suo conto.”
“Beh, mi spiace che Garrett tremi tanto di paura; non mi ero resa conto che fosse così sensibile.”
Sta di nuovo insultando il mio alfa. Se fosse mia, finirebbe piegata sulle mie ginocchia così velocemente che… cavolo, mi girerebbe la testa. Non ho mai avuto tanta voglia di sculacciare qualcuno in vita mia. “Bada a come parli.”
“Bada a come parli tu.” Mi fulmina con lo sguardo.
Incredibile. “Sei alta un metro e una banana e pensi di potermi mettere sotto?”
“Sono alta un metro e sessantacinque!”
“Sì.” Sbuffo. “Con un tacco dodici.” Non so perché sto cercando di farla innervosire. Il mio compito potrebbe benissimo essere finito. Garrett magari vorrà che chiami un succhiasangue per cancellarle la memoria, ma potrebbe bruciarle il cervello. Non penso che se lo meriti. Anche se ha un gusto pessimo per la tinta dei capelli.
“Non posso crederci, tu… tu…”
“Attenta.” Pazzesco che debba mettere in guardia una ragazzina, dissuaderla dal mettersi a discutere con me. Il mio lupo potrebbe mangiarsela in un boccone. Non che lo farebbe davvero. Sono più interessato a mangiarla in un altro modo. Dopo averle scaldato un po’ quel bel culo.
Diventa rossa in viso.
“Siediti, Foxfire” le ordino.
Lei crolla immediatamente sul divano. Molto reattiva. L’atteggiamento intrepido è tutta sbruffoneria. E come biasimarla? Vive da sola, la sua migliore amica è un avvocato stakanovista e bacchettone. È sabato sera e la principessa di La La Land è a casa da sola.
“Ovviamente abbiamo fatto un errore.” Garrett probabilmente non vorrebbe lasciar correre tanto facilmente, ma non permetterò a nessun succhiasangue di toccarla. Possiamo trovare un altro modo per farla stare zitta. Non che sappia qualcosa, ma nonostante faccia tanto la saputella, la ragazza ha effettivamente cervello. Se Garrett continua a ronzare attorno ad Amber, potrebbe metterci davvero poco a scoprire la verità.
“Devo fare una telefonata. Mangia la pizza.” Apro il cartone e la lascio lì, portandomi in un angolo appartato per parlare con il mio alfa. Si sentono un paio di squilli e poi parte la segreteria.
“Ehi, capo” dico abbassando la voce. “Sono a casa della ragazza. Non sa niente. Pensa che siamo una banda di motociclisti e che ci facciamo chiamare Lupi Mannari.” Faccio un respiro profondo. Vorrei dire che secondo me dovremmo lasciarla in pace, ma qualcosa mi mette un freno alla lingua. Il mio lupo. Vuole restare con lei ancora un po’.
“La tengo d’occhio fino a che non mi richiami, vedo se riesco a farle dire qualcos’altro.”