Capitolo uno
Foxfire
Un piccolo pop è l’unico avvertimento prima dell’esplosione della zuppa.
“Accidenti.” Apro di scatto lo sportello del microonde. È rimasta solo mezza zuppa al pomodoro, e l’interno del forno sembra la scena di un omicidio.
Meno male che ho già ordinato una pizza.
Con un sospiro, richiudo lo sportello per non vedere tutti quegli spruzzi rossi. Ho lo stomaco che brontola come se non mangiassi da un giorno. Magari è pure così. A malapena so che giorno è. Il giorno otto dopo la Rottura dell’Inferno, e l’unica cosa che mi tenga collegata al mondo esterno è la mia migliore amica.
A proposito di migliore amica… Clicco sull’unico numero di chiamata rapida. La linea va dritta alla segreteria telefonica e resto di stucco. Amber dovrebbe essere a casa, al riparo, dopo che io stessa l’ho salvata dal suo appuntamento infernale.
Lascio perdere la chiamata e le mando un messaggio: Appena ordinato pizza. Vieni a mangiarne mezza?
Probabilmente è troppo presto per citare il disastroso appuntamento. Conosceva il tipo solo da pochi giorni, ma era il suo vicino. Che imbarazzo. E sì, era un figo, ma da quando in qua essere fighi permette a un uomo di abbandonare una donna sul versante della montagna nel mezzo del primo appuntamento?
Il mio ex è un pezzo di merda, ma nemmeno lui arriverebbe a tanto.
Porta una foto di Garrett. Io ne ho una di Benny e un bel mazzo di freccette… Inizio a scrivere il messaggio, ma poi lo cancello. Al suo posto, scrivo invece: Con gli uomini ho chiuso per sempre. Diamoci all’ingrasso e adottiamo un sacco di gatti.
Ecco. La farà ridere.
Cammino per la casa, notando pile di lettere e rimasugli di cene take-away accumulatisi nel corso dei giorni scorsi. Da quando ho rotto con il mio ex, sono praticamente un’eremita. Benny non è ancora passato di qua, neanche a prendere la sua roba.
Non che lo voglia vedere. Viscido bastardo.
Amber non ha ancora risposto al messaggio. Strano. Sono le sei di sabato sera e di solito la mia migliore amica è a casa, da sola. Come me.
Cavolo, che patetiche. Forse dovremmo davvero prenderci dei gatti.
Le mando un altro messaggio. Non adottare gatti senza di me.
Mia mamma aveva ragione. Gli uomini fanno schifo. Se non vedrò nessun uomo per il resto della mia vita, sarò la donna più felice del mondo. Eccetto per il tipo che porta le pizze. Per lui posso fare un’eccezione.
Quando suonano alla porta, scatto fuori dal salotto e apro, forse con un po’ troppo entusiasmo.
“Quanto ti dev…” Mi si smorza la voce in gola. Guardo in su. E in su. E ancora un pelo più su.
Cacchio, questo ragazzo delle pizze è alto. E ben piazzato. Come The Rock, o roba così. Uno e ottanta e rotti, con spalle quasi troppo larghe per la porta. Capelli rasati. Occhiali da sole… di sera.
Ehi, ragazzone, pensa la volpe che c’è in me, ammiccando. No! Cattiva Foxfire!
“Foxfire Hines?” Sembra un po’ incredulo, come se non riuscisse a capacitarsi che sia davvero il mio nome. Mi succede un sacco di volte.
“Mia mamma è una hippie” dico.
“Cosa?” Inarca di scatto le sopracciglia.
“Il nome. È perché… mia mamma è una hippie. Pensava che fosse carino.”
“Tua mamma.”
“Sì.”
“Il tuo nome è davvero Foxfire.” Sembra quasi rassegnato, come se non potesse credere alla svolta che ha preso la sua vita, con questa consegna alla mia porta. Lo capisco. Io per esempio non ho mai rivolto il mio imperituro desiderio nei confronti di un ragazzo delle pizze. È la serata delle prime volte per entrambi.
“Mi stavi aspettando?” mi chiede.
“Uhm, sì.” Poi, nell’annebbiamento generale causato dal desiderio, mi viene in mente. Ecco cosa mi sta gridando il cervello nel tentativo di farsi sentire al di sopra della libido. “Aspetta… dov’è la pizza?”
~.~
Tank
Foxfire. Ridicolo, cazzo. E la tipa sembra pazza come il nome. Sulla carta è ok: lavora come grafica, buon portafoglio clienti, paga le bollette regolarmente. Abita in una rispettabile casetta di mattoni vicino all’università. Fin qui, tutto bene. Dal vivo è una stramberia con gambe e bocca. Ha i capelli tinti, color arcobaleno, come una specie di cartone animato. E poi è minuta, una specie di folletto con shorts cortissimi e top microscopico. Potrei prenderla e tenerla in mano.
Oh, ed è meravigliosa. Anche con i capelli da pagliaccio.
Questo lavoro potrebbe essere facilissimo, come anche una gran rottura di coglioni.
“Dov’è la pizza?” Si sporge dalla porta e mi guarda. Prima che possa protestare mi faccio strada all’interno, notando l’esplosione di carte su ogni superficie, pouf a sacco abbandonati sul pavimento, acchiappasogni appesi alle finestre e una lampada di lava nell’angolo. La fatina cartone animato abita a La La Land.
“Che stai facendo?” Sbatte le palpebre e punta gli occhioni luccicanti su di me. Per niente spaventata. Un uomo che è il doppio di lei è appena entrato a forza in casa sua, e lei mi sta chiedendo della pizza. La maggior parte delle donne avrebbero già sclerato.
Questa no.
Come ho detto: La La Land.
“Devo parlarti” le dico.
“Ok.” Poi aggiunge con tono speranzoso: “Hai lasciato la pizza in macchina?”
“Niente pizza. Si tratta di Amber.”
“Amber?” Solleva la testa di scatto e inspira rumorosamente.
“Signorina Hines, farai meglio a sederti.”
Con mia sorpresa, si lascia cadere sull’unico posto decente della casa dove potersi accomodare: un divano vecchio e consumato. Ha risposto immediatamente all’ordine. Se facesse parte del branco, direi che è una lupa esuberante ma remissiva.
Magari in fin dei conti il compito sarà facile.
“È successo qualcosa? Amber è nei guai?”
“Non ancora. Se collabori, andrà tutto bene.”
“Cosa?” sussurra, il volto che impallidisce all’istante. L’odore della sua paura riempie la stanza e il mio lupo solleva la testa. Perché la cosa non gli piace per niente.
Ora tocca a me inspirare rumorosamente. Il mio lupo non bada mai gli umani. Neanche le femmine carine con i capelli strani.
“Non sono qui per farti del male.” Ma perché poi le ho promesso una cosa del genere? Dovrei intimidirla. Il mio lavoro è entrare qui, capire cosa sa la femmina e tenerla sotto controllo. Tenere al sicuro il mio branco. Facile. Ma adesso il mio lupo è tutto agitato all’idea che si spaventi. Ridicolo. Da quando in qua si interessa più dei sentimenti degli umani che della sicurezza del branco?
“Vorrei che la cosa fosse rapida e indolore, ma dipende da te. Amber ti ha parlato oggi pomeriggio. Devo sapere cosa ti ha detto.”
Mi fissa.
“Sarà tutto più facile, se fai come ti dico” aggiungo.
Irrigidisce immediatamente la schiena. “È una minaccia?”
“Signorina…”
“Hai fatto del male ad Amber? Dov’è?” Si è alzata in piedi adesso, e la voce è cresciuta di tono, trasformandosi in un grido. Questo folletto alto un metro e una banana sembra quasi volermi sfidare. E il mio lupo… pensa che sia addirittura più carina da arrabbiata.
“Sarà meglio che tu non l’abbia toccata, amico” sibila Foxfire. “L’ho detto a quel deficiente di Garrett e lo dico anche a te. Quando si tratta di Amber, state alla larga.”
Mi sta sfidando. Ha anche chiamato deficiente il mio alfa. O è pazza o si vuole suicidare.
“Signorina Hines…”
“Dico sul serio.” Mi pianta un dito nello stomaco, e il mio lato dominante sale in superficie. Le afferro il polso e la tiro in avanti, facendola ruotare all’ultimo minuto per premerle la schiena contro di me, il mio corpo chino in avanti, il naso affondato nei suoi capelli color arcobaleno. Sento il suo odore: shampoo alla fragola, inchiostro di stampante, un pizzico di incenso hippie e un odore selvatico che mi sfugge: è familiare ma non riesco a distinguerlo con precisione.
Lei cerca di divincolarsi, ma è in trappola: un esserino minuto, ma con tutte le curve al posto giusto. Il mio uccello sceglie questo infelice momento per scattare sull’attenti.
“Lascia che ti dica come andranno le cose, dolcezza” le sussurro in un orecchio. “Io farò le domande. Tu mi darai le risposte. E se farai la brava, per te e per la tua amica andrà tutto bene. Siamo intesi?”
“Lasciami andare.” Fa un passo indietro e sbatte con violenza un piede contro al mio. Dato che è scalza e io indosso stivali da motociclista, probabilmente è lei a farsi male. La sollevo da terra e quasi mi becco una pedata sull’uccello. La sposto di lato all’ultimo momento e il calcio mi arriva alla coscia.
“Aiuto, assassinio! Stupro!” grida Foxfire. Le metto una mano sulla bocca e lei mi morde. Il mio lupo decide che è innamorato.
Nel giro di pochi secondi ci ritroviamo sul pavimento, la mia mano ancora premuta sulla sua bocca, il peso del mio corpo che blocca a terra il suo. Secondo il mio lupo, una posizione di indubbio interesse per fare un sacco di cose. E il mio uccello è d’accordo con lui.
La faccio ruotare in modo da trovarmi faccia a faccia con lei. Ha il petto che si alza e riabbassa rapidamente: il suo odore è pieno di paura, ma gli occhi lanciano fiamme.
“Basta così.” Cerco di assumere un tono autoritario, quello che userei per richiamare agli ordini un piccolo branco di lupi. “Intendi collaborare o devo legarti?”
Lei fa dei versi contro il palmo e ne escono parole che assomigliano molto a Vaffanculo. Sono sul punto di dirle che mi piacerebbe un sacco assecondarla, ma in quella suona il campanello. È arrivata la maledetta pizza.
Forse non sarà così facile.