“Kane, non avere tanta fretta di andartene,” esclamò Anne Wright.
Kane fece una smorfia e guardò l’orologio sulla parete. Accidenti, lui e Gabe avevano in mente di portare Magna a vedere un nuovo film e di approfittarne per fare una piccola vacanza. Gli altri due sarebbero venuti a prenderlo a momenti.
Con un sospiro rassegnato, Kane si allungò verso il camice bianco pulito appeso accanto alla porta del suo studio. Aveva gettato quello che aveva indossato per tutto il giorno nel cesto della biancheria sul retro e appeso quello nuovo meno di trenta secondi prima.
Speriamo che sia una cosa veloce, pensò con un’altra occhiata all’orologio mentre indossava diligentemente il camice bianco.
“Cos’è successo questa volta? Frattura, slogatura, taglio o mal di gola?” esclamò mentre percorreva il corridoio verso il banco della reception dove sedeva Anne.
“Nulla di tutto ciò. Ha appena chiamato Marty dello Yachats State Park. Dice che sta portando qui una donna che ha trovato sulla spiaggia. Sembra scossa e disorientata,” disse la donna, leggendo l’appunto che aveva scritto.
Entrambi sollevarono lo sguardo quando dei fari lampeggiarono attraverso la finestra. Se non altro, Kane non avrebbe dovuto aspettare a lungo.
Marty scese dal posto di guida del pickup bianco con lo stemma dello Yachats State Park sulla portiera e corse al lato del passeggero. Prima che raggiungesse l’altra portiera, tuttavia, essa si aprì e una giovane donna scese. Costei si appoggiò per un attimo al furgone, il linguaggio del corpo che tradiva la necessità di un appoggio, probabilmente per via di vertigini, dolore o nausea.
Kane non riusciva ancora a vederla in volto, ma la donna indossava una giacca scura dei ranger. Era di altezza media, aveva la pelle chiara e i capelli lunghi e scuri. Marty le mise una mano sotto il gomito, anche se ora la donna pareva più ferma sulle gambe.
“Cosa pensi? Droga o alcol?” chiese sarcastica Anne.
“Potrebbe trattarsi di trauma cranico, ipotermia o – peggio ancora – aggressione,” mormorò distrattamente Kane.
Marty aprì la porta della clinica alla donna e lei mormorò un ringraziamento mentre oltrepassava la soglia. Guardò Kane negli occhi e all’improvviso lui si sentì a disagio. La donna si incamminò lentamente verso di lui.
Marty la seguì da vicino. “L’ho trovata che camminava sulla spiaggia. Si chiama Tonya Maitland,” disse quando raggiunsero il banco.
“Maitland? Non è…?” cominciò a chiedere Anne prima di osservare incuriosita Tonya.
“Ho bisogno di parlare con lei, dottore,” disse Tonya, ignorando Marty e Anne.
“Anne avrà bisogno che lei compili alcuni documenti,” cominciò a spiegare Kane.
Tonya scosse la testa. “Cosa sa della Strega del Mare?” chiese sottovoce.
Kane si irrigidì. Guardò la donna per un istante, la mente carica di possibilità. Poi annuì e aprì una porta che conduceva al suo studio. Rivolse un cortese cenno del capo a Marty.
“Marty, da qui in poi ci penso io. Anne, non dovevi andare a prendere Bobby a casa di tua madre?” chiese Kane.
Anne lo guardò sorpresa. “Sì, ma–” Guardò Tonya e tentennò.
“Qui ci penso io. Meglio che tu non faccia tardi,” disse lui.
“D’accordo – se sei sicuro.” Anne, dal canto suo, non sembrava sicura.
“Sicurissimo. Ci sono qui Magna e Gabe, nel caso avessi bisogno di aiuto,” rispose Kane mentre un altro paio di fari lampeggiava attraverso la finestra e lui riconosceva il furgone di Gabe che entrava nel parcheggio.
“Ah, ottimo. D’accordo, allora mi sento meno in colpa ad abbandonarti,” rispose Anne.
Kane e Tonya si scambiarono occhiate insospettite mentre Anne recuperava la borsetta dal cassetto accanto alla scrivania e si alzava. Marty si era recato alla porta e la aprì per Magna e Gabe al loro avvicinarsi.
Non appena Magna entrò nella clinica, Kane si illuminò dentro. Lei gli sorrise quando i loro sguardi si incrociarono e le labbra di Kane si mossero involontariamente in risposta. Distolse lo sguardo per guardare Gabe, sentendosi più in grado di gestire la situazione ora che il suo migliore amico era lì.
Kane fece un sorriso rassicurante a Anne quando questa gli rivolse un’occhiata interrogativa mentre salutava lui e Tonya. La donna ricambiò il sorriso e si incamminò verso l’uscita.
“Ciao, Magna. Ciao, Gabe,” li salutò Anne.
“Ciao, Anne. Com’è andata la giornata?” rispose Magna con voce amabile.
“Come sempre. Raffreddori, punti, tossi, asma,” rispose lei.
“Già, viene da chiedersi perché lui abbia studiato così tanto per fare quello che le mamme sanno fare senza pensarci due volte,” scherzò Gabe.
“Te lo ricorderò la prossima volta che avrei bisogno di punti. E non userò l’anestesia,” ribatté Kane.
“Bella battuta, Gabe. Confermi per la settimana prossima?” chiese Marty.
“Sì, giovedì, se per te va bene. Il tempo è molto buono negli ultimi tempi. Voglio fare tutti gli esami possibili prima che volga di nuovo al peggio,” rispose Gabe.
“Ci vediamo, allora,” disse Marty, rivolgendo un cenno del capo a Kane e un breve sorriso a Magna. “Buona serata.”
“Sicuramente. Quel nuovo film di cui parlano tutti è al cinema, ora. Andremo a Portland o a Seattle a vederlo. Non abbiamo ancora deciso,” commentò Gabe.
“Spero che vogliate andare all’ultima proiezione. Dovrete farmi sapere com’è. Ormai non vado più spesso al cinema,” disse Marty.
“Certo,” rispose Gabe.
Kane aspettò che la porta si fosse chiusa completamente prima di esalare il profondo sospiro che aveva trattenuto. Ora, Tonya stava fissando Magna con un’espressione di meraviglia, curiosità e un’abbondante dose di inquietudine. Kane si schiarì la voce quando Gabe lo guardò con un sopracciglio inarcato.
“Credo che sia meglio andare nel mio studio,” suggerì. “Gabe, puoi chiudere a chiave la porta e spegnere la luce in sala d’attesa?”
“Va bene,” disse Gabe, guardando incuriosito Tonya.
Kane fece cenno a Tonya di precederlo. Si allungò a toccare la mano di Magna quando lei lo oltrepassò. Lei lo guardò con un’espressione turbata.
“Andrà tutto bene,” mormorò Kane.
Tonya si voltò e si fece da parte. Kane si rese conto che la donna non sapeva esattamente dove andare e lui le indicò la porta in fondo al corridoio.
“Sempre dritto,” spiegò.
La donna annuì e si incamminò lungo il corridoio. Kane seguì Magna, appoggiandole una mano in fondo alla schiena. Tonya lo osservò guardingo mentre tirava indietro una delle due sedie di fronte alla scrivania per Magna. Le fece cenno di prendere posto sulla seconda sedia, ma Tonya scosse la testa. L’uomo sospirò e fece il giro per sedersi dall’altra parte della scrivania. Lei rimase in piedi con le spalle al muro. Si sentiva meno vulnerabile e più in controllo, così.
“D’accordo, che sta succedendo?” chiese Gabe.
Kane trasse un respiro profondo. “La signora Maitland è una delle persone scomparse di cui hanno parlato in televisione. Ha una domanda riguardante la Strega del Mare,” disse in tono ingannevolmente calmo.
“Porca troia,” borbottò Gabe, lo sguardo fisso sul viso pallido di Tonya.