CAPITOLO NOVE Story Ravil si alzò in piedi. «Chiama Svetlana» disse a Maxim, che estrasse il telefono per inviare un messaggio. «È un'ostetrica che vive nell'edificio. Dovrebbe avere degli antibiotici» mi spiegò. Avevo voglia di abbracciare Oleg. Non per la febbre, anche se mi faceva preoccupare. Ma perché tutto quello che era appena successo in quell’ufficio sembrava importante. Importante per lui. E ancora non ne capivo niente. Ero in parte sollevata e in parte frustrata nel vedere che Oleg non aveva eretto dei muri solo con me ma con tutti quelli che lo circondavano, comprese le persone con cui viveva e cui apparentemente voleva bene. Ravil lo aveva definito fieramente leale, e mi rendevo conto che così era stato anche con me. A un certo punto aveva deciso di diventare il mio fan n
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