+++ Arrivammo nella casa in cui avremmo passato la notte tre ore più tardi. Era subito fuori da una cittadina nei dintorni di Philadelphia, una villetta monofamiliare e un po’ isolata, con la facciata da ripitturare. Carter prese lo zaino e una sacca che doveva essere la sua e andò verso l’ingresso. La chiave era sotto un vaso, come solo nei posti senza criminalità. Lo seguii lentamente, cercando di non affaticarmi la gamba ferita. L’interno era cupo e sapeva di chiuso. La tappezzeria era beige, i mobili scuri. Carter lasciò i bagagli su un divano verdastro e guardò le scale. Durante il tragitto non avevamo quasi parlato. Ero intontita dagli antidolorifici e, ciò nonostante, la coscia mi pulsava. In quanto a Carter... era educato, nient’altro. Immagino che per lui fossi un male necessa