Capitolo Due

1552 Words
Capitolo DueAlexander Broderick si trovava in cima alle scale serpeggianti al centro della sua abitazione di Kensington mentre ammirava la sua proprietà. La festa era iniziata alle otto in punto, e gli invitati continuavano ad arrivare. Le feste che organizzava per Halloween erano una tradizione antica, anche se erano cambiate diventando sempre più maestose nel corso del tempo. Un centinaio di anni prima, si era limitato a invitare pochi amici e conoscenti, tutti vampiri, come lui. Ormai quell’evento era diventato sempre più importante e popolare. L’eternità era un periodo davvero lungo da trascorrere da soli. Bramava il cambiamento, non importava quanto il suo Sire lo avesse scoraggiato in passato. Ovviamente, da quando Julius aveva preso il controllo del Concilio, aveva altro per la testa e non aveva il tempo di controllare la vita sociale di Alexander. Alexander viveva per quelle feste, perché gli concedevano l’occasione di uscire dall’ombra e vivere in maniera normale. Anche se alcuni ospiti notavano le stranezze di quell’abitazione, le accettavano come se fossero parte della magia di Halloween. Inoltre, aiutava che fiumi di alcol scorressero per tutta la notte. Quella sera era l’unica notte dell’anno in cui tutto ciò che era considerato bizzarro diventava accettabile. Prese un respiro profondo e chiuse gli occhi. Tante persone. Tanti profumi. Le sue feste non erano una scusa per trovare nuove prede. No, poteva nutrirsi quando desiderava, ma la varietà del genere umano ai suoi piedi era difficile da ignorare. Ogni vampiro presente quella sera doveva sentirsi allo stesso modo. Sorrise quando immaginò le oscenità che si celavano dietro quelle pareti. Sesso, sangue e rock 'n' roll . Ridacchiò a quel pensiero. Ovviamente, avrebbero cercato di non dare nell’occhio. C’erano delle regole da rispettare se volevano evitare di destare sospetti. Non potevano uccidere. Anche Alexander aveva intenzione di unirsi alla festa ma, prima di tutto, adorava il suo ruolo di padrone di casa. In particolar modo, si dilettava a intrattenere conversazioni con i nuovi arrivati. Prima cercava di capire come avessero ottenuto un invito, e poi li portava a parlare di altri argomenti che lo interessavano. Era un intenditore. Alexander collezionava informazioni per arricchire la sua conoscenza sulla psiche umana esattamente come chi amava scoprire di più sui vini, sulla politica o anche sugli sport. Zeitgeist, come lo definivano i tedeschi, “lo spirito del tempo”. Attraverso il sapere altrui arricchiva la sua conoscenza. Non appena cominciò a scendere con passo felpato le scale, cercò di comportarsi in maniera normale, quindi meno aggraziato del solito. Doveva fare conversazione e non andare a caccia! Era quella una delle prime lezioni che aveva imparato quando aveva cominciato a invitare gli umani alle sue feste. Se si avvicinava a loro in maniera furtiva ed elegante, si spaventavano con più facilità. Il suo amico Michael gli fece un cenno del capo per salutarlo quando si avvicinò. Il vampiro più giovane non era il tipo che perdeva tempo. Aveva già trovato due femmine disposte a trascorrere insieme quella che lui definiva “una serata piacevole”. Tutti avevano dei talenti, e il suo era l’arma della seduzione. Alexander stava per continuare per la sua strada quando una presenza lo colse alla sprovvista. Non era certo di che cosa fosse. Osservò velocemente la sala e notò che tutti gli invitati erano impegnati. Nessuno lo stava fissando. Tornò in cima alle scale, in uno scatto repentino impossibile da notare per l’occhio umano, e fissò in basso per capire chi lo avesse colpito in quel modo. Non appena la porta di ingresso si aprì, entrarono due donne. Una era piuttosto normale, non diversa dalle donne con cui Michael era appena salito al piano di sopra. L’altra, invece… Una femmina spettacolare. Il suo abito lungo era diverso dai costumi succinti della altre. Rosso sangue… già sufficiente da attirare anche il vampiro più solitario. La chioma nera le ricadeva sulle spalle, ondeggiando a ogni passo. Il viso era perfetto, come quello di una bambola di porcellana. E le curve… il suo corpo era così sinuoso che fremette dal desiderio. Sebbene diverse, le due ragazze appena arrivate non potevano avere più di venticinque anni, più giovani dell’età delle sue solite partner. Si appoggiò sulla ringhiera con entrambe le mani, e poi trovò la forza di lasciarla andare quando il legno scricchiolò sotto la sua presa. La Notte di Tutti i Santi erano concesse parecchie cose, ma distruggere l’arredamento con la sua forza sovraumana avrebbe spinto i presenti a porsi delle domande. Alexander si concentrò sulle ragazze ancora indecise nell’atrio, provando a sentire la loro conversazione. Nel frattempo, uno dei camerieri si avvicinò per offrire loro da bere. «Grazie,» mormorò quella divinità bruna. La voce di un angelo. La bionda non disse nulla, ma mandò giù lo champagne e rimise il bicchiere sul vassoio del cameriere. Alexander capì subito che tipo fosse. Una sorta di cacciatrice tra gli umani che sapeva ciò che voleva. Restò paralizzato mentre attendeva che la donna in rosso facesse la sua mossa. La bionda si fiondò sulla pista e fece cenno all’amica di seguirla, ma la donna dalla voce angelica rifiutò l’invito. «Vai pure. Io farò un giro prima,» rispose l’angelo medievale, sorseggiando lo champagne. Alexander sorrise e chiuse gli occhi. Forse i suoi sensi lo stavano ingannando quella sera, ma avrebbe potuto giurare di poter percepire il suo profumo anche da lontano. Un vampiro affamato era in grado di annusare la preda anche a un miglio di distanza, ma lui non aveva fame. Non di cibo almeno. Non appena aveva messo piede in casa sua, l’aria era cambiata. Sapeva di doverla avere prima di chiunque altro. Aveva intenzione di conoscerla e scoprire tutto su di lei. Portarla in camera e farla sua. Desiderava inebriarsi della sua essenza. Doveva. Il suo istinto non gli diede altra scelta. Non ebbe bisogno di aprire gli occhi per sapere che non si fosse mossa. Riusciva a percepirla. Comunque, non appena aprì gli occhi, capì di non essere l’unico ad averla notata. Una dozzina di occhi si era spostata su di lei. Anche loro riuscivano a sentire il suo odore? Alexander scese di corsa, quasi dimenticandosi di usare i trucchi che conosceva bene per apparire più umano. Per fortuna, gli altri vampiri che l’avevano notata non si erano ancora fatti avanti. Aveva intenzione di essere lui il primo. Doveva assicurarsi che fosse al sicuro. Era casa sua, dopotutto. La sua festa. Non era il tipo che si lasciava intimorire dagli altri. Tuttavia, più si avvicinava a quella donna, più si sentiva incerto. Non era un essere umano come gli altri, era molto di più. «Spero che si stia divertendo,» mormorò non appena la raggiunse. Un’espressione sorpresa apparve sul volto della ragazza non appena lo vide. «Chi, io?» «Sì, signorina...» «Uhm... mi chiamo Cat.» «Abbreviazione di Catherine?» le chiese, incantato da quelle pozze verdi che lo fissavano. Aveva un’aria così vulnerabile con il cuore che le batteva forte e il viso rosso per l’imbarazzo. Starle così vicino lo mise a dura prova. Avrebbe avuto più facilità ad allontanarsi dal suo pasto persino dopo settimane di digiuno. Quella donna era diversa, anche se non sapeva perché. «Suppongo di sì. Sta per Catherine,» balbettò. Non voleva ipnotizzarla, almeno non di proposito. Era già sotto il suo controllo? Com’era possibile? «Volevo sapere se si stesse divertendo,» ripeté la prima domanda. «Oh, sì.» Catherine sollevò il calice e sorrise. «Ammiravo la casa. Davvero stupenda e unica.» Quelle parole gli concessero la possibilità di portarla via dagli sguardi famelici degli altri vampiri. «Le piacerebbe fare un giro?» le chiese con un sorriso, cercando di non mostrare i canini affilati. Catherine non rispose subito, ma continuò a fissarlo. Sperava che non fosse ancora sotto l’influenza dei suoi poteri, perché desiderava una conversazione vera con quella donna e non un interrogatorio. «Dammi del tu, per favore. Non dirmi che questo posto è tuo,» rispose alla fine. Era soltanto nervosa? Era possibile? Alexander le fece l’occhiolino nel tentativo di ottenere la sua fiducia. «Okay, non te lo dirò.» «Porca puttana.» Catherine si coprì subito la bocca. «Scusa.» «Non devi scusarti. Comunque, la mia offerta è ancora valida. Se ti va di fare un giro…» mormorò Alexander. Lo fissò negli occhi, causando la stessa sensazione bizzarra che aveva provato non appena aveva messo piede in casa sua. Doveva averla e scoprire tutto il possibile su di lei. Bramava la sua mente, l’anima e il corpo. «Mi dispiace, ma non mi aspettavo di parlare subito con il proprietario. Sì, mi piacerebbe molto fare un giro,» rispose Cat, raddrizzando le spalle. Doveva essere davvero nervosa. Non sapeva da che cosa dipendesse, ma quella reazione fu di suo gradimento. Forse anche lui era apparso un po’ nervoso all’inizio. Era sciocco. Viveva da secoli e aveva sedotto tante donne bellissime. La creatura al suo cospetto aveva un odore delizioso, ma perché era così agitato? Le offrì il braccio, che lei accettò con riluttanza. Non appena lo sfiorò, sentì la pelle sotto lo smoking andare a fuoco. «Cominceremo dal piano di sotto,» la informò. Non appena Alexander la accompagnò lontano dagli ospiti immortali, conducendola nel salone, sentì gli occhi di tutti puntati addosso. La gelosia era l’emozione più potente al mondo. Forse la sua testa stava cercando di comunicargli qualcosa. Forse quella festa era diversa dalle altre e rischiava di giocare con il fuoco.
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