Capitolo Cinque

1709 Words
Capitolo CinqueIl primo giorno di addestramento era andato bene. Almeno era quello che aveva pensato Eric. Quando si ritrovò seduto attorno a un tavolo in una cucina con il resto delle reclute, uno di loro in particolare non riuscì a fare silenzio. «È stato divertente, non è vero? Mi chiedo cos’altro faremo,» disse Thomas Blackwood. Eric lo osservò in silenzio, perché preferiva restare sullo sfondo. Il lupo sembrava più entusiasta di Adam. Bentley non era d’accordo. «Sai, non siamo in un campeggio di boy scout. Nonostante quello che vi abbiano fatto credere, questo posto non è sempre stato così. Su questo campo sono morti bravi uomini.» Thomas si strinse nelle spalle. «Non fare così soltanto perché ti ho battuto nella corsa a ostacoli. Infatti, ti abbiamo decimato tutti e tre, non è vero, ragazzi?» Adam rise. «Ed è successo dopo aver sistemato gli ostacoli mentre tu sei rimasto fermo a guardare, giusto?» Eric fece spallucce. I mutaforma avevano dominato la gara e allora? «Che mi dite del maggiore? È davvero speciale,» disse Thomas. Eric tese le orecchie. Se avesse detto qualcosa di poco rispettoso, gli avrebbe staccato la testa. «Farai meglio a ricordare che è il nostro superiore,» intervenne Bentley, ma il suo tono condiscendente non rispecchiava le sue parole. Non era sembrato colpito da nessuno, specialmente non da lei. «Ehi, qualcun altro ha fame?» domandò Adam. Tutti si voltarono verso di lui. «Voglio dire, siamo qui da un giorno e non ho visto ancora nessuno del personale della cucina.» Bentley si strinse la testa tra le mani. «Stai scherzando, vero?» Adam gli lanciò un’occhiataccia. «Che vuoi dire?» «Personale della cucina… da dove comincio?» mormorò. Eric restò seduto a guardare. Il suo fratellino sapeva prendersi cura di se stesso. Inoltre, Eric sapeva dove volesse andare a parare Bentley, ma Adam aveva ancora molto da imparare. «Questo non è un hotel. Se hai fame, fa’ qualcosa.» Adam aprì la bocca ma la richiuse senza dire niente. «Sono certo che il maggiore e quella piccola volpe, Callahan, non stiano morendo di fame,» disse Cooper. Lui e la sua boccaccia non avevano ancora imparato niente. Le flessioni extra che si sarebbe guadagnato gli avrebbero fatto bene. Era il più debole del gruppo. «Quello che fa il maggiore Williams non ti riguarda. Siamo ancora cadetti e non ci siamo guadagnati il diritto di essere serviti,» borbottò Bentley. «D’accordo. Allora, chi ha fame?» chiese di nuovo Adam. Bentley si strinse nelle spalle, mentre Eric e Blackwood annuirono. Anche Cooper era affamato ma nessuno fece niente. Alla fine Eric si alzò e andò ad aiutare il fratello, che aveva già cominciato a guardare nel frigorifero. Non c’era molto, soltanto uova e pane. Anche la credenza era vuota. «Finalmente qualcosa in cui sono esperto,» mormorò Adam prima di cominciare a preparare qualcosa. Eric non poté fare a meno di ridacchiare. Suo fratello non aveva mai avuto un lavoro fisso, ma aveva lavorato nella cucina di una caffetteria durante il liceo. Aveva resistito due settimane prima di alzare il dito medio al capo durante una lite che si era scatenata per stabilire chi avrebbe dovuto lavare i piatti. Proprio quando Adam cominciò a friggere le uova, la voce del soldato Callahan li interruppe. «Tutte le reclute sono chiamate a rapporto nell’ufficio del maggiore uno alla volta. Scegliete voi l’ordine.» Eric pensò che il momento dell’annuncio non potesse essere casuale. Controllò la stanza e vide una piccola luce rossa all’interno di un interfono. Un umano non se ne sarebbe mai accorto, ma lui vide la lente della videocamera. Li osservavano. Ovviamente. Niente in quel posto era come sembrava. Adam scrollò le spalle e continuò a cucinare. «Andate prima voi, io sono occupato.» I due umani non sembravano averne voglia, ma Blackwood si alzò. «D’accordo, vado io. Mi chiedo di che cosa si tratti.» Eric gli fece segno di sedersi. «Vado io. Voi mangiate prima.» Il lupo fece spallucce e tornò a sedersi. «Se preferisci.» A dire il vero, era così. Se si trattava dello stesso tipo di allenamento base che aveva fatto con la Nuova Alleanza, era arrivato il momento delle valutazioni individuali. Forse il maggiore aveva preparato dei test per ogni recluta e voleva parlarne con loro. In ogni caso, era felice di poter stare un po’ da solo con lei. Non importava quanto fosse affamato. Non riusciva a spiegarselo, ma aveva bisogno di stare con lei. Il suo orso interiore glielo ordinava. «Avanti,» rispose Janine quando bussarono alla porta. Le valutazioni individuali erano importanti, ma c’era una persona che moriva dalla voglia di vedere. Eric King. Ovviamente fu lui il primo. Trattenne il respiro e lo osservò entrare nell’ufficio. I suoi movimenti erano molti aggraziati per una persona della sua statura. Lo faceva di proposito? Comunque, sarebbe stato meglio affrontare la conversazione il prima possibile, così sarebbe passata alla prossima recluta. «Siediti,» gli disse. Il cadetto King – aveva provato a pensare a lui in quei termini, anche se sembrava inappropriato – si accomodò. La scrivania e la sedia sembravano minuscole accanto a lui. Il cuore cominciò a batterle forte. Il mutaforma non smise di osservarla e incrociò le dita, in attesa di altre istruzioni. Nonostante Callahan avesse fatto quelle osservazioni su di lui, e anche lei fosse preoccupata, aveva accettato gli ordini senza problemi. Era tutta una farsa? «Ho un paio di domande per te, e dovrai essere onesto.» Janine finse di cercare la lista che aveva preparato prima, ma in realtà voleva soltanto evitare il suo sguardo. «Certo, Signora.» La sua voce aveva un effetto intenso su di lei. Era così vicino ma irraggiungibile. Non vedeva l’ora che quella tortura finisse. Lo guardò negli occhi e poi tornò a concentrarsi sul questionario. «Perché sei qui?» chiese, intrecciando le dita. «Ci ha convocato lei,» rispose. Janine scosse la testa. Non rendere la situazione ancora più difficile! «Mi riferisco all’Alpha Squad.» Eric fece una pausa e si soffermò sulle sue labbra. Il suo cuore smise di battere e cercò di mantenere un’espressione fredda. Sei mia, disse una voce nella sua testa, anche se sembrava più un ringhio. Janine continuò a fissare l’uomo davanti a lei. Stava impazzendo. «Come avrà letto nel mio file, sono stato coinvolto dalla Nuova Alleanza. Voglio soltanto fare la differenza, Signora.» L’hai già fatta . Sono qui per farti mia, disse la voce di prima. Janine rabbrividì e cercò di resistere al bisogno di grattarsi. Che cos’era quella voce? «Dimmi a parole tue qual è lo scopo dell’Alpha Squad. La sua missione, per così dire…» Eric continuò a fissarla con espressione calma. «Per aiutare le forze dell’ordine con le questioni riguardanti i mutaforma.» Janine annuì e prese nota. «In termini concreti, per quale ragione siamo qui?» «Ad esempio, per i crimini tra mutaforma o tra mutaforma e umani. Potremmo investigare meglio sui mutafroma in questione. Potremmo creare un ponte tra la comunità dei mutaforma e il governo degli umani.» Janine scrisse così in fretta che il risultato fu a malapena comprensibile. Tuttavia, se aveva capito qualcosa dalla sua interazione precedente con quell’uomo, non avrebbe avuto bisogno di appunti per ricordarsi le sue parole. Di sicuro le avrebbe analizzate quella notte a letto. «Molto bene. Allora sei qui perché credi che l’Alpha Squad ti permetterà di fare la differenza?» Janine aspettò la sua risposta ma anche di sentire la voce di prima. «Sì, assolutamente.» Non ci fu altro. Lo guardò velocemente. Sembrava determinato, ma c’era qualcosa nei suoi occhi che le diceva che non fosse del tutto convinto della sua risposta. Nemmeno lei lo era, ma per il momento bastava. Gli fece qualche altra domanda sul suo passato, sul posto in cui era cresciuto, sulle sue abilità e su quali pensava che fossero le sue debolezze e i punti di forza. La voce misteriosa sembrava scomparsa. Poi le squillò il cellulare con un tempismo impeccabile. «Per adesso è tutto, scusami,» disse, indicando il cellulare. Eric – no, il cadetto King – annuì e cominciò ad andare via. «Signora, il Segretario degli Affari dei Mutaforma è al telefono. Vuole un aggiornamento sulla squadra,» spiegò Callahan. «Nessun problema, passamelo.» Janine guardò Eric andare via. Era andata bene, no? Sperava di essere riuscita a nascondere il suo disagio. Nel frattempo una voce che aveva sentito soltanto attraverso i telegiornali rispose al telefono. «Maggiore Williams? Sono Oliver Teese. Lei è a capo dell’Alpha Squad, dico bene?» «Segretario Teese, non mi aspettavo la sua telefonata! Sì, signore, lo sono. L’addestramento è appena cominciato, però…» «Non si preoccupi, speravo di ricevere aggiornamenti regolari durante l’addestramento. Questa iniziativa è importante per me, quindi mi aspetto di essere sempre informato.» Fantastico. Se Oliver Teese fosse riuscito nel suo intento, si sarebbe ritrovata a riportare i fallimenti dell’Alpha Squad al generale Stone mentre raccontava a Teese che stava facendo del suo meglio. Che cosa poteva andare storto? «Qualsiasi cosa per aiutarla, Signore.» «Fantastico. Perché non mi dice qual è stata la sua prima impressione?» chiese. Janine si strinse il volto tra le mani. Non era quello il modo in cui le piaceva gestire gli addestramenti. «Come ho detto, è ancora presto. C’è molto lavoro da fare prima delle valutazioni. Sarò in grado di darle maggiori informazioni alla fine della prima fase,» spiegò. Oliver Teese sospirò. Ovviamente non era soddisfatto dalla risposta. «Non devo ricordarle che adesso riporta a me, giusto? L’Alpha Squad è un mio progetto e voglio sapere come procede.» Janine alzò gli occhi al cielo. Un suo progetto. «Capisco, Signore, ma non ho nemmeno avuto l’opportunità di valutare i cadetti singolarmente. Fare un report sulla loro performance sarebbe prematuro.» «D’accordo, ma spero di poter contare su di lei. Quando avrà qualcosa da riferirmi lo farà subito, giusto?» insistette. Janine si passò una mano tra i capelli. «Certo, Signore.» «D’accordo, aspetterò una sua telefonata.» Teese riattaccò e qualcuno bussò alla porta. «Sono Blackwood. Posso entrare?» chiese il cadetto. «Soltanto un momento,» rispose Janine, premendo il pulsante di chiamata per il soldato Callahan. «Sì, Maggiore?» rispose. «Potresti portarmi un bicchiere d’acqua, per favore?» Mise giù il telefono e prese la scheda di Blackwood. Tra la sua attrazione per Eric e le richieste dei politici, l’Alpha Squad si stava rivelando più complicata di quanto avesse previsto. Per non parlare della voce strana che aveva sentito. E quello era soltanto il primo giorno.
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