Capitolo Uno

1762 Words
Capitolo UnoCominciò come una giornata di settembre piuttosto comune. Eric King, che aveva guidato il ramo londinese della Nuova Alleanza, si ritrovò a casa a guardare la televisione. Da quando c’era stata la grande rivelazione all’inizio dell’anno, la Nuova Alleanza aveva fatto fatica a restare sulla cresta dell’onda, e gli unici lavori veri che avevano avuto riguardavano le pubbliche relazioni, qualcosa in cui Eric non era bravo. Lui, come la maggior parte degli orsi, si sentiva più a suo agio lontano dai riflettori. Così si ritrovò da solo sul divano a guardare il telegiornale, che era diventato davvero snervante nelle ultime settimane. Continuavano a mandare le stesse immagini di gente all’apparenza comune, mutaforma come lui, che si riversava nei campi di mutaforma a Dover. Sentì un tuffo al cuore. Erano stati loro a causare tutto quello. La Nuova Alleanza, sotto la guida di Henry, aveva organizzato gli eventi che avevano portato a quel disastro. Erano stati fortunati con la piega che aveva preso la situazione nel Regno Unito. Il governo umano era sembrato disposto ad accettare i mutaforma come parte integrante della comunità, ma non tutti i paesi avevano seguito quell’approccio. Infatti, molti della loro specie stavano provando a trasferirsi. La Francia aveva implementato una politica di registrazione obbligatoria per tutti i mutaforma e l’Olanda aveva organizzato un referendum per una legge simile. La gente, esseri umani e mutaforma, aveva paura del futuro. La telecamera inquadrò l’ultimo gruppo di arrivati. Una famiglia di cinque persone che si guardava intorno mentre scendeva dal battello che li aveva trasportati lungo il Tamigi. I bambini sembravano non capire perché lo avessero fatto, per loro era ancora una grande avventura, ma l’espressione della madre non riusciva a nascondere l’incertezza che provava. Negli occhi della donna Eric vide la sua stessa madre. A causa di una trasformazione avvenuta nel momento e nel posto sbagliati, erano stati costretti ad abbandonare la città di York e rifugiarsi a Londra quando lui aveva tredici anni. Se qualcuno avesse guardato lui e suo fratello, non sarebbe mai riuscito a capire che non fossero originari di Greenwich, East London, dove si erano trasferiti allora. Avevano accolto la loro cultura senza problemi, avevano persino assunto il loro accento e adottato lo stile di abbigliamento tipico dei loro coetanei. Avevano fatto tutto il possibile per evitare di dare nell’occhio. Eppure aveva impiegato molto tempo a sentire di appartenere a quel posto e gli eventi recenti gli avevano ricordato la fatica che c’era voluta. Quanto tempo ci avrebbero messo quelle famiglie? Quei ragazzi? Alcuni di loro avevano viaggiato in gruppo, altri erano arrivati da soli. Quanto tempo sarebbe trascorso prima che potessero vivere in pace come avevano fatto prima che la Nuova Alleanza smascherasse il loro segreto e rivelasse la loro esistenza al mondo intero? Soltanto perché il governo attuale era disposto a integrarli nella società non significava che il loro futuro fosse stato stabilito. Non ci sarebbe voluto molto a cambiare l’opinione pubblica, forse soltanto un paio di sfortunati eventi che coinvolgessero i mutaforma, innescati dal movimento antimutaforma guidato da Victor Domnall e che diventava sempre più grande. Con la prossima elezione, tutto poteva cambiare. Fece un respiro profondo. Era troppo tardi per avere ripensamenti sulla loro campagna. Non importava come si sentiva, non si sarebbe tirato indietro. Anche senza il suo aiuto Henry e la sua gente avrebbero trovato qualcun altro disposto a gestire il ramo di Londra. Gli squillò il cellulare e spostò lo sguardo dalle immagini deprimenti trasmesse in televisione. Prese il telecomando e abbassò il volume. Quando parli de diavolo… «Henry. Che cosa posso fare per te?» gli chiese dopo aver risposto. «Eric. Ho un lavoro per te,» disse. C’erano altre voci in sottofondo ma Eric non capì che cosa dicessero. «Di che cosa si tratta?» Eric chiuse gli occhi e strinse il naso tra le dita. Ormai c’era dentro. Non importava che cosa pensava del risultato della campagna, non poteva fare marcia indietro, poteva soltanto aiutare a gestire il danno. «Vorrei che ti unissi all’Alpha Squad.» Ci fu silenzio, come se tutti gli altri aspettassero la risposta di Eric con il fiato sospeso. Eric aprì di nuovo gli occhi. In televisione c’era il giornalista. Alpha Squad? Lui? Non sapeva che cosa dire. Se era quello che voleva Henry, allora doveva accettare. «L’addestramento comincia lunedì,» aggiunse Henry. «Pensavo che fosse soltanto una trovata pubblicitaria inventata da quel politico che abbiamo incontrato, Oliver Teese.» «Anche se fosse così, credo che sia fondamentale per noi avere uno dei nostri all’interno del team, non pensi?» chiese Henry. Eric fece una smorfia, perché odiava che l’altro uomo avesse ragione. «Vero. D’accordo, come vuoi. Lo farò.» Una voce attutita mormorò di nuovo qualcosa in sottofondo ma Eric non capì le parole esatte. «Oh, Gail si chiede se tuo fratello potrebbe essere interessato. Abbiamo bisogno di tutto l’aiuto possibile.» Eric sospirò. Adam aveva la reputazione di essere un combinaguai. Aveva ventisei anni e non aveva mai avuto un lavoro stabile. «Mandami i dettagli. Gli parlerò,» mormorò Eric. «Grazie. Sapevo di poter contare su di te,» disse prima di agganciare. Eric tornò a sedersi e alzò di nuovo il volume della televisione quando vide un volto familiare. Oliver Teese, il politico. «Allora il suo nuovo ruolo come Segretario degli Affari dei Mutaforma è una novità anche a livello internazionale. Come intende tranquillizzare gli elettori a proposito degli ultimi sviluppi?» La reporter si voltò verso Oliver Teese e piegò le mani. «Be’, l’ho detto sin dall’inizio e lo ripeterò, i mutaforma non rappresentano una minaccia per la gente. Ho avuto il privilegio di incontrarli sin da subito.» «Vuole dire che sapeva della Nuova Alleanza ancora prima che la rivelassero al pubblico?» chiese la reporter. Il politico le rivolse un sorriso misterioso e agitò una mano. Il suo atteggiamento mise a disagio Eric. Un bugiardo per omissione. «La cosa importante da ricordare è che abbiamo tutto sotto controllo. Siamo conosciuti per la nostra tolleranza e per essere una nazione accogliente, e le cose non cambieranno. Ovviamente, dato che facciamo parte dell’Unione Europea, i cittadini degli altri stati hanno il diritto di spostarsi, e non vogliamo limitare questa libertà o impedire ai mutaforma di trasferirsi qui.» La reporter si voltò verso la telecamera. «Certo, la libertà di spostarsi si applica a tutti i cittadini dell’Unione.» Tornò a guardare Oliver Teese. «Esatto, ma è importante che tutti capiscano che non stiamo riservando un trattamento speciale a nessuno. Chiunque arrivi qui dovrà accettare i requisiti stabiliti dalla libertà di spostamento.» «Quindi i migranti europei dovranno sostenersi economicamente da soli durante la loro permanenza?» chiese la reporter. «Esatto. I nuovi residenti dovranno dare prova di avere uno stipendio o un capitale che permetta loro di restare qui o di essere alla ricerca di un lavoro.» «Che mi dice delle accuse di Victor Domnall e del suo gruppo, che sostiene che quest’afflusso di mutaforma alla fine giocherà a loro favore e che diventeranno più numerosi della popolazione umana?» Oliver Teese ridacchiò. «Consiglierei alla gente di non seguire le idee sensazionaliste e bizzarre di quell’uomo. I numeri di cui stiamo parlando sono irrilevanti rispetto alla popolazione umana di questo paese. Non c’è assolutamente alcun rischio che i mutaforma superino gli essermi umani. Gli ultimi dati di Dover mostrano che i migranti mutaforma sono circa un migliaio negli ultimi tre mesi.» «D’accordo, quindi paragonati ai dati sull’immigrazione comune…» disse la giornalista. «Paragonati a quei numeri in pratica sono inesistenti,» la interruppe Oliver Teese. «Be’, è tutto per adesso. Grazie per essere stato con noi, signor Segretario. Adesso diamo la linea a Rachel Kinley, che si trova nel campo di Dover.» Eric spense la televisione. Tutta quella storia aveva portato quell’uomo ai piani alti. Prima nessuno conosceva Oliver Teese. Eric aveva preso un appuntamento con il suo ufficio soltanto perché a quel tempo era stato il Membro del Parlamento. Guardandolo adesso sarebbe stato impossibile immaginarlo. Sembrava aver ricevuto un addestramento sui media durante i mesi precedenti alla sua promozione ed era diventato davvero abile. Scosse la testa. Una volta un politico… Prese il cellulare e compose il numero di Adam. Era mezzogiorno, un po’ presto per il suo fratellino, ma non vedeva l’ora di affrontare quella conversazione. Probabilmente Adam gli avrebbe detto di infilarsi su per il culo il suggerimento di unirsi all’Alpha Squad, ma almeno avrebbe potuto dire a Henry di averci provato. Era il massimo che ci si poteva aspettare. Eric si svegliò presto di domenica. Non era costretto a farlo, dato che il viaggio verso il Galles, dove si sarebbe tenuto l’addestramento per l’Alpha Squad, non era lungo. No, era stato qualcos’altro a svegliarlo. La tensione? I dubbi? Per sua grande sorpresa, Adam aveva accettato di unirsi alla squadra. Forse la promessa di uno stipendio regolare lo aveva attirato o magari aveva pensato che fosse un lavoro di classe. Comunque, sarebbe arrivato quella mattina e avrebbero guidato insieme verso il Galles. L’addestramento sarebbe stato difficile. Eric lo sapeva già ed era pronto. Lo stesso valeva per Adam? Soltanto il tempo lo avrebbe detto. Controllò i bagagli per la decima volta e poi andò a preparare un caffè, ma qualcuno bussò alla porta del suo appartamento, interrompendolo. «Adam.» Eric salutò il fratello con un abbraccio veloce e una pacca sulle spalle. «Ehi, fratello. Sei pronto?» Gli rivolse un sorriso enorme. Sembrava entusiasta. Una volta scoperto il duro lavoro che lo aspettava, di sicuro avrebbe cambiato idea. Eric si strinse nelle spalle. «Stavo preparando il caffè. Ne vuoi un po’?» Adam annuì e posò il borsone a terra prima di seguirlo in cucina. Bevvero la prima tazza in silenzio ed Eric osservò il fratello minore con diffidenza. Perché era tanto allegro di domenica mattina così presto? Era sempre stato un ribelle e aveva avuto difficoltà ad accettare le autorità. Era per quella ragione che Eric non lo aveva coinvolto nella Nuova Alleanza prima della grande rivelazione. «Ci vorranno quattro ore per arrivare,» disse Eric mentre versava il resto del caffè in un thermos. «Giusto. Viaggio in auto!» esultò Adam. Eric lo studiò. Adam era davvero giovane quando la sua famiglia si era trasferita in città e non gli era mai piaciuta molto l’aria aperta. I campi dell’addestramento erano utilizzati dai SAS, oltre ad altri rami delle forze armate. Poiché erano orsi, avevano un vantaggio naturale, ma sarebbe stato comunque arduo. Eric scosse la testa. Presto Adam lo avrebbe capito e avrebbe resistito una settimana al massimo. «Allora andiamo,» esclamò. «Prima arriveremo, più tempo avremo per esplorare.» Adam annuì e prese il thermos, lasciando Eric a scuotere di nuovo la testa. Sarebbe stato un viaggio interessante.
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