Capitolo IV
Ambedue rimasero paralizzati per qualche istante.
Poi Lampugnani si avvicinò con cautela e lei lo imitò. La luce incerta delle torce confermò i loro timori. Si trattava di un cadavere. Il corpo era rannicchiato contro ciò che non era un masso, ma un grosso ceppo. Aveva addosso un corto cappotto scuro. Il bavero rialzato e la sciarpa che copriva la testa impedivano di scorgere il viso. A giudicare dalle gambe, però, si capiva che era una donna, con tutta probabilità giovane.
"Dobbiamo uscire senza toccare niente e chiamare subito i Carabinieri." suggerì Silvia piatta, con gli occhi fissi su quella povera creatura.
"Sì, hai ragione." convenne il caposquadra e fece scorrere il fascio di luce attorno.
L'anfratto terminava lì. Era molto grande e tutto vuoto, a parte diverse rocce sparse. Le più grosse erano addossate a una parete, come se qualcuno avesse voluto sgombrare quel posto. Silvia si chinò verso il setter, che la guardò con occhi imploranti.
"Bravo, Rufus. Sei davvero tanto affettuoso a farle compagnia, ma adesso devi venire con me."
Il cane dissentì, mugolando.
"Barbara è fuori che ti aspetta. È in pensiero per te. Non vuoi farla preoccupare di più, vero?"
Il setter, finalmente si mosse. Si alzò adagio e, dopo aver rivolto un lungo sguardo mogio alla morta, la seguì.
Nel corridoio che conduceva fuori, incontrarono Stornazzi, Torriani e Vergiò che li interrogarono su cosa fosse successo.
"Usciamo." li liquidò Beppe, laconico.
Non appena furono all’esterno, tutti li attorniarono subissandoli di domande, mentre Barbara abbracciava il suo cane come se non lo vedesse da mesi o fosse reduce da chissà quale pericolo. Come prevedibile, la rivelazione suscitò agitazione e turbamento, subito sedati dall'autorevolezza di Giovanna e Lampugnani, che poi chiamò con la radio la Direzione del Parco.
"Purtroppo in parecchie zone, compresa questa, non c'è segnale." chiarì Davide alla perplessità di qualcuno.
"Ce ne siamo accorti." "Già." notarono lievemente contrariati diversi partecipanti, chiudendo i loro cellulari e mettendoli via.
"I Carabinieri arriveranno al più presto. Hanno chiesto che nessuno si muova e si sono raccomandati di non toccare niente e di non divulgare l'accaduto."
Tutti annuirono.
"Ci metteranno un'eternità a venire qui. Non mi risulta, infatti, che abbiano cavalli." osservò Jacopo Figini impensierito.
"Non ci vorrà molto." obiettò Lampugnani. "Siamo solo a pochi chilometri a nord del Poggio, dove Margherita e Davide andranno a prenderli. Da lì, c'è un sentiero percorribile in jeep che arriva fino a là." Indicò col braccio teso di fronte a sé. "Oltre a quella cortina di alberi."
"Ah! Meno male." replicò l'altro, sollevato.
"Non dovremmo metterci molto." pronosticò Brenda Sanvito con la competenza della sua professione di avvocata.
"Sul serio?" si accertò Barbara.
"Dopo aver preso le generalità di tutti, ci lasceranno liberi di andare. Tratterranno solo chi è entrato nella caverna."
"Ah!" commentò la Castiglioni delusa, rammaricandosi. "Se potessi almeno avvisare Alberto."
"Tranquilla, Babs. Non sono ancora le quattro, arriverai a casa in tempo." la rassicurò Elettra.
"Ma voi starete con me?" verificò apprensiva.
"Ma certamente!" "Di sicuro." garantirono le amiche all'unisono.
I Carabinieri arrivarono dopo una ventina di minuti. Come previsto dalla Sanvito, dopo averli interrogati e aver rinnovato la raccomandazione di non parlare con nessuno dell'accaduto, venne concesso di andarsene alla maggior parte di loro, che furono poi scortati al Diana da Giovanna. Nel frattempo, erano sopraggiunti i tecnici per i rilievi, il medico legale, Nicola Pavan, il giudice Michele Tagliaferri e il Capitano Oreste Galli. Silvia aveva conosciuto questi ultimi, oltre al Maresciallo Capriolo e l'Appuntato Cazzaniga, pochi mesi prima. Aveva apprezzato la loro indubbia professionalità. In particolare, del PM e dell'ufficiale. Sulla soglia dei sessanta, penetranti occhi azzurri, bruno con curata barba brizzolata, Tagliaferri era un magistrato scrupoloso, il cui rigore e rispetto delle regole, affiancati da un'oculata sensibilità umana, avevano come unico obiettivo la giustizia. Lo stesso poteva dirsi del Capitano, dai capelli e baffi argentati benché più giovane di qualche anno. Molto attento ai dettagli, non si accontentava mai di una ricostruzione che non gli quadrasse fino in fondo, malgrado potesse far comodo a chi preferiva una soluzione veloce.
"Buongiorno, dottoressa Milani." la salutò l'ufficiale.
"Buongiorno, Capitano." ricambiò lei, mormorando poi. "Fino a poco fa lo era."
"Già." convenne lui. "So che l'ha già fatto col Maresciallo Capriolo, ma le dispiacerebbe dirmi dettagliatamente come si sono svolti i fatti?"
Galli ascoltò in silenzio, limitandosi solo a qualche domanda sul comportamento del cane. "La ringrazio. Vorrei ora sentire cosa ha da dirmi la signorina Castiglioni." Portò la mano guantata alla visiera e fece per allontanarsi.
"Capitano." lo fermò. "Potrei tenerle compagnia?"
"A me o a lei?" indagò l'altro con un sorrisetto.
"A entrambi." confermò Silvia, con espressione eloquente.
Barbara raccontò in modo piuttosto disordinato quanto era successo. Alla fine, proprio quando il carabiniere stava per congedarsi, Babs aggiunse. "Adesso che ci penso, c'era qualcosa di … come dire … familiare."
"In che senso? E dove?" appurò Galli.
"Nella grotta, ma non saprei dire cosa. Ho la sensazione di aver visto qualcosa di … noto, che avevo già visto. Non so proprio cosa fosse, però. Mi dispiace."
"Si ricorda, se era per terra, da qualche parte nella caverna o sul cadavere?"
Barbara guardò in alto, come a volersi concentrare meglio, mentre accarezzava la testa Rufus, seduto al suo fianco. Poi riportando lo sguardo su di loro, scosse la testa.
"Se la sentirebbe di rientrare …"
"Là? Là dentro?!" si terrorizzò la donna.
"Verrei io con te, se vuoi." propose Silvia con delicatezza.
"Davvero?"
Le porse la mano, che Barbara prese dopo qualche esitazione.
Il setter si mosse con lei, attaccato alle sue gambe. "Rufus può venire?"
Pur riluttante, il Capitano annuì. Già a metà del passaggio si notava che la caverna era stata ben illuminata.
"Spegnete qualche lampada, per favore, e fatevi un attimo da parte. Vorrei che la signorina rivedesse la scena originale."
Mentre gli uomini eseguivano, Barbara si diresse lentamente verso il cadavere con gli occhi fissi su un punto. Avvicinandosi, seguita dal cane, lasciò la mano di Silvia che la assecondò. I rilievi non erano stati ancora ultimati e il cadavere era nella stessa posizione. Mentre il setter si accucciava di nuovo ai piedi del corpo, arrivata all'altezza della testa, la Castiglioni si chinò adagio. Quindi con la punta delle dita prese un lembo della sciarpa.
"Signorina, non può …"
Galli fermò con un gesto l'obiezione di uno dei tecnici. Per lunghi secondi, Babs rimase immobile con lo sguardo puntato sul tessuto leggero. Poi con due dita dell'altra mano lo colpì per scrollare la polvere. Non appena apparvero tonalità che all'origine potevano essere verdi, azzurre e viola, Barbara lanciò un grido e indietreggiò, boccheggiante.
Silvia subito le fu accanto. "Cosa …"
"No … No … No, non è vero … Non può …."
"Signorina … Signorina … " la chiamò Galli. "Si è ricordata qualcosa?"
La donna sembrava ipnotizzata: gli occhi fissi sulla stola che era ricaduta dov'era.
"Le foto al corpo le avete fatte tutte?"
I tecnici con le macchine fotografiche annuirono.
"Bene. Scoprite il viso." ordinò il Capitano.
Silvia abbracciò Barbara per le spalle e cercò di voltarla, ma lei resistette.
"AAAAHHHH! NO! NO! NO! AAAAHHHH! CLELIA! CLELIA! NOOOOOO!" urlò la donna disperata, divincolandosi e lanciandosi verso il corpo.
Con prontezza, un paio di militi la bloccarono. Lei continuò a gridare, piangendo.
Silvia era raggelata, come pure i presenti.
Tutti quanti sapevano chi era la morta. Clelia Giusti, diciassette anni, sorella minore di Alberto, scomparsa dal primo gennaio. La sua immagine aveva popolato le pagine dei giornali per settimane.
"Portatela fuori." comandò il Capitano.
"NO! NO! NO! NON LA VOGLIO LASCIARE! NOOOO!"
"Vieni, Barbara. Vieni con me. La vedrai dopo." la esortò Silvia, abbracciandola di nuovo.
Lei prima si oppose e poi si rifugiò tra le sue braccia, piangendo a dirotto. Non appena furono all'aperto, Elettra e Porzia si avvicinarono allarmate per lo stato dell'amica che, singhiozzante, balbettava parole sconnesse.
Interrogarono con lo sguardo Silvia, che si fece forza. "Il … corpo è di … Clelia."
"COSA?!!" "NO! NON È VERO!"
Ambedue abbracciarono l'amica, intanto che Silvia faceva cenno a Cinzia Gambitta. "Hai qualcosa per calmarla?"
"A dire il vero, sì. Ho portato un po' di tutto. Sai, per ogni evenienza. Ma sono una veterinaria, non posso …"
"Sì, capisco. … Aspetta un attimo."
Silvia scappò dentro la grotta. "Dottore … Dottore … Per piacere, la signorina Castiglioni sta male. Può aiutarla?"
"Vengo subito."
Mentre i due medici si occupavano della Castiglioni, Elettra andò decisa da Lampugnani. "Dobbiamo assolutamente chiamare Alberto Giusti. Deve venire qui subito."
"Ma … "
"E dai, Beppe! Fra qualche ora lo sapranno tutti. Vuoi che il fratello venga informato dalla radio?" rimarcò Margherita.
"No, ma non so se possiamo."
"Vado a chiedere." si offrì Silvia, tornando dopo qualche minuto con l'assenso di Tagliaferri e Galli, oltre che con Rufus che lei aveva convinto a fatica a seguirla.
Il Grand Cherokee di Giusti arrivò a tutta velocità dopo mezz'ora. Assieme a Lampugnani e al Maresciallo Capriolo, Silvia lo stava aspettando sulla strada bianca dove erano fermi i veicoli degli inquirenti. Sceso in gran fretta, il giovane uomo si precipitò dall'unica persona che conosceva.
"Dottoressa Milani! Cosa è successo?! Mi dica, presto! Mi hanno detto che Barbara sta bene, ma non è che …"
"No, no. Stia tranquillo. Non le è successo niente."
"Ma allora …" Fece scorrere lo sguardo sbigottito sulle vetture, fermandolo sul milite. Poi, smarrito, interrogò Silvia. "Cosa ci fanno qui i Carabinieri?!"
Lei si girò verso Capriolo, chiedendogli tacitamente di intervenire. Il trentacinquenne castano la raggiunse subito. Salutò portandosi la mano alla visiera e lo informò con voce neutra. "Mi duole comunicarle che è stata trovata sua sorella."
"Clelia? Davvero?!" si accertò sbigottito con un accenno di distensione, che diventò quasi subito palese sollievo. "Aaah! Finalmente! E dov'è? Sta bene? Non le hanno fatto del male, vero?"
La loro silenziosa afflizione mutò la sua espressione in sgomento. "L'hanno … L'hanno violentata?" paventò col fiato sospeso.
Tutti distolsero lo sguardo. Sul suo volto affascinante si dipinse una disperata incredulità. "Ha detto «mi duole» …"
Il Maresciallo chinò appena il capo.
"No. No. No." continuò a ripetere, mentre prendeva a camminare nervosamente avanti e indietro, come un animale in gabbia, passandosi le mani tra i capelli e scuotendo il capo. Giusti si fermò infine davanti al milite. "Mi dica che non è vero. Che non è …"
Di nuovo, l'uomo abbassò la testa.
Giusti si coprì il viso con le mani. Riemerse dopo lunghi istanti, terreo. "Dov'è?"
Non appena Barbara vide Alberto, gli corse incontro. Si abbracciarono, piangendo. Lo sfogo del loro dolore si interruppe quando venne portato fuori il corpo in un sacco nero. Il giovane uomo si staccò lentamente da lei per avvicinarsi poi titubante alla salma.
"La voglio vedere." richiese freddo al Capitano.
Al suo cenno, i tecnici che la trasportavano, la appoggiarono a terra e aprirono la cerniera, mostrando il volto.
Giusti cadde in ginocchio. La fissò a lungo immobile e muto. Sollevò quindi con delicatezza un angolo della sciarpa. "La stola della mamma … Eri così dispiaciuta che si fosse rovinata. Ooh Clelia … Musetto mio. Cosa ti hanno fatto?" Poi si gettò sul suo corpo, singhiozzando e chiamandola disperato.
Dopo diversi minuti, Barbara si avvicinò e, chinandosi, gli appoggiò la mano sulla spalla, invitandolo a lasciarla. Alberto parve non sentirla. Lo esortò affettuosamente più volte, prima che lui si alzasse.
Giusti prese il fazzoletto dalla tasca dei pantaloni, se lo passò sulla faccia devastata dal dolore e quindi, ricomponendosi a fatica, si rivolse al Capitano. "Vorrei portare la mia fidanzata a casa." Girò subito la testa verso il cadavere e poi la voltò di nuovo verso l'ufficiale. "E dare degna sepoltura a mia sorella al più presto possibile."
Galli abbozzò un assenso. "La chiamerò domani per aggiornamenti."
Elettra si avvicinò a Barbara. "Porzia verrà con te. Porterò io Phoenix e Altair in scuderia."
La Castiglioni le rivolse un’occhiata riconoscente e, dopo aver salutato tutti con un cenno, si allontanò con Alberto, l'amica e Rufus.
"Potete andare anche tutti voi." concesse Galli. "Tenetevi comunque a disposizione."