CAPITOLO TRE

1192 Words
CAPITOLO TRE Sam aprì gli occhi di soprassalto. Davanti a sé vide il cielo, e poi volse lo sguardo direttamente sul tronco di un'enorme quercia. Chiuse e riaprì gli occhi svariate volte, chiedendosi dove si trovasse. Si rese conto di poggiare la schiena su qualcosa di morbido: sembrava molto comodo; guardandosi intorno comprese di trovarsi coricato su un mucchio di muschio, a terra nella foresta. Poi guardò dietro di sé, e vide dozzine di alberi che si ergevano alti sopra di lui, ondeggiando mossi dal vento. Man mano che familiarizzava con quello che aveva intorno, si accorse di un sommesso gorgoglio, voltò la testa per capire che cosa fosse e vide un ruscello che scorreva proprio a pochi metri di distanza. Sam si alzò e continuò a guardarsi intorno, spostando lo sguardo in ogni direzione, assimilando ogni cosa. Era nel profondo della foresta, solo, e l'unica luce visibile filtrava tra i rami degli alberi. Si accorse di indossare ancora la medesima armatura da battaglia che portava al Colosseo. Non c'erano rumori intorno, gli unici suoni erano il gorgolio del ruscello, il canto degli uccelli ed i versi lontani di qualche animale. Sam comprese, con sollievo, che il viaggio nel tempo aveva funzionato. Si trovava chiaramente in un altro luogo e in un'altra epoca—sebbene non avesse alcuna idea di dove fosse e di che anno fosse. Sam si controllò rapidamente il corpo e si rese conto di non avere ferite di rilievo; era ancora tutto intero. Era terribilmente affamato ma poteva sopportarlo. Innanzitutto, doveva capire dove si trovasse. Verificò se aveva ancora qualche arma. Purtroppo, nessuna di esse aveva fatto il viaggio insieme a lui. Era di nuovo da solo e dotato soltanto della forza delle proprie mani nude. Si chiese se fosse ancora dotato dei suoi poteri di vampiro. Concentrandosi, gli parve di sentire una forza innaturale corrergli nelle vene: probabilmente aveva conservato i suoi poteri. Ma, in fin dei conti, non poteva esserne sicuro fino al momento in cui li avesse dovuti usare. E quel momento arrivò ancora prima di quanto pensasse. Sam sentì un ramo spezzarsi, e si voltò per vedere un grosso orso andargli incontro, con un incedere lento e aggressivo. Il ragazzo restò immobile. L'animale gli indirizzò un'occhiata minacciosa, mostrò le sue zanne e ringhiò. Un istante dopo, scattò, caricando dritto verso di lui. Sam non aveva il tempo e neppure un posto in cui scappare. Non aveva altra scelta, comprese subito, che affrontare l'animale. Ma stranamente, invece di venire sopraffatto dalla paura, Sam sentì la rabbia attraversare tutto il suo corpo. Era furioso con quell'animale. Era infastidito per essere stato attaccato, persino prima di aver avuto una possibilità di riprendersi. Allora, senza pensarci, anche Sam caricò, preparandosi a incontrare l'orso in battaglia, nello stesso modo in cui avrebbe fatto contro un umano. Sam e l'orso si scontrarono a metà strada. L'orso balzò contro di lui, e Sam fece lo stesso. Il ragazzo sentì la forza scorrergli nelle vene, facendolo sentire invincibile. Appena si scontrò con l'orso a mezz'aria, si rese conto di avere ragione. Afferrò l'animale per le spalle, lo abbrancò con violenza e lo scaraventò via. L'orso volò all'indietro in mezzo agli alberi, a dozzine di metri di distanza schiantandosi contro un albero. Sam restò lì e ruggì contro l'orso: fu un ruggito potente, ancora più forte di quello dell'animale. Sentì i muscoli e le vene gonfiarsi. L'orso si rimise in piedi lentamente, ancora traballante, e guardò Sam, comportandosi come se fosse sotto shock. Zoppicava mentre camminava, e, dopo aver compiuto alcuni passi incerti, all'improvviso abbassò la testa, si voltò e corse via. Ma Sam non l'avrebbe lasciato andare così facilmente. Ora era fuori di sé, e sentiva che nulla al mondo avrebbe potuto fermare la sua furia. Ed era furioso. L'orso l'avrebbe pagata. Balzò in avanti, e fu felice di scoprire di essere più veloce dell'animale. Nell'arco di pochi istanti, gli fu dientro e, con un singolo balzo, atterrò sulla sua schiena. Immediatamente si chinò e gli perforò il collo con i suoi canini. L'orso emise un urlo lancinate, dimenandosi con tutte le sue forze, ma Sam non mollò la presa. Inserì le sue zanne ancora più in profondità, e, nell'arco di pochi istanti, sentì l'orso cadere sulle ginocchia sotto di lui. Finalmente, smise di muoversi. Sam restò sopra l'animale, bevendo, sentendo la sua forza vitale scorrergli nelle vene. Infine, smise si succhiare e si leccò le labbra, ancora grondanti di sangue. Non si era mai sentito così rinfrescato. Era esattamente il pasto di cui aveva bisogno. Sam si stava rimettendo in piedi, quando sentì un altro rametto spezzarsi. Guardò per cercare di capire di che cosa si trattasse, e lì, in piedi, nella radura della foresta, vide una ragazza, forse di 17 anni, che indossava un sottile abito bianco. Lei se ne stette lì, con un cestino, guardandola scioccata. La pelle di lei era bianca traslucida, e i lunghi capelli castani chiari incorniciavano grandi occhi blu. Era bella. Guardò Sam, che, a sua volta, era rimato paralizzato. Il ragazzo comprese che doveva aver paura di lui, paura che forse intendesse attaccarla; si rese conto che doveva avere uno sguardo cattivo, in piedi sopra il cadavere dell'orso, con la bocca sporca di sangue. Lui non voleva spaventarla. Perciò, saltò giù dall'animale, e le si avvicinò. Con sua grande sorpresa, la ragazza non diede segno di essersi spaventata né tentò di allontanarsi. Piuttosto, continuò a guardarlo, senza mostrare alcun timore. “Non preoccuparti,” le disse. “Non intendo farti del male.” Lei sorrise. Il che lo sorprese. Non solo era bella, ma era davvero intrepida. Come poteva essere? “Naturalmente non lo farai,” lei disse. “Sei uno di noi.” Fu il turno di Sam di essere scioccato. La seconda cosa che lei aveva detto, lui sapeva che era vera. Aveva percepito qualcosa nello stesso istante in cui l'aveva vista per la prima volta, e ora lo sapeva. Era una dei suoi. Una vampira. Ecco perché non aveva paura. “Bella presa,” lei disse, indicando l'orso. “Un po' disordinata, non ti pare? Perché non scegliere un cervo?” Sam sorrise. Non solo era graziosa — era anche divertente. “Forse ci proverò la prossima volta” lui le disse. La ragazza sorrise. “Ti spiacerebbe dirmi in che anno siamo?” le chiese. “O il secolo, almeno?” Lei si limitò a sorridergli, e scosse la testa. “Penso che tu debba scoprirlo da solo. Se te lo dicessi, ti rovinerei tutto il divertimento, no?” A Sam lei piaceva. Era bella. E si sentiva a proprio agio intorno a lei, come se l'avesse conosciuta da sempre. La ragazza fece un passo in avanti, porgendogli la mano. Sam la prese, e fu conquistato dal tocco della sua pelle liscia e traslucida. “Sono Sam,” lui disse, stringendole la mano a lungo. Lei esplose in un sorriso ancora più grande. “Lo so,” lei disse. Sam era confuso. Come poteva saperlo? L'aveva incontrata prima? Non riusciva a ricordare. “Mi hanno mandata per te,” lei aggiunse. Improvvisamente, si voltò e cominciò a dirigersi verso un sentiero che si inoltrava nella foresta. Sam si affrettò a raggiungerla, presumendo che lei volesse essere seguita. Nella fretta di non perderla di vista, non fece molto caso a dove metteva i piedi e, con suo grande imbarazzo, inciampò in un ramo; la sentì ridacchiare nel momento esatto in cui lo fece. “Allora?” lui la pungolò. “Non hai intenzione di dirmi il tuo nome?” Lei ridacchiò di nuovo. “Per la verità, ho un nome formale, ma raramente lo utilizzo,” rispose. Poi si vltò a guardarlo, in attesa che lui la raggiungesse. “Se vuoi saperlo, tutti mi chiamano Polly.”
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