Quando mi volto, mi sta puntando contro una pistola. È grossa e ha una doppia canna. “Allontanati dal computer” dice. “Non voglio farti del male.”
Sento il cuore balzarmi in gola. Alzo le mani e indietreggio. L’aria innocua e disinvolta è sparita, sostituita dalla freddezza di un vero soldato.
Chi diavolo è questo qua, e cosa vuole? Tutt’a un tratto la sicurezza dell’edificio non mi sembra così eccelsa. Forse c’è davvero gente che vuole impossessarsi dei dati della ricerca. Se riuscissi ad arrivare al corridoio, potrei far scattare l’allarme. Devo aver mosso gli occhi in quella direzione, perché lo vedo scuotere la testa.
“Non ci pensare nemmeno.”
Sento ribollire e poi gelare il sangue. “Cosa intendi fare?”
“Quello che devo. Niente di più e niente di meno. Fai come dico e non avrai niente di cui preoccuparti.” Mentre parla, tiene sempre l’arma puntata contro di me. Resto ferma, passando in rassegna mentalmente ogni oggetto presente che potrebbe tornarmi utile come arma. Nella cella frigorifera ci sono fiale di malattie infettive, ma se gliele getto addosso corro un grosso rischio. Con la pistola puntata contro di me, l’intruso si avvicina al computer e aspetta.
“Ancora qualche minuto e poi me ne vado. Ma il laboratorio è stato imbottito di esplosivi. Quindi sarà meglio che te la svigni alla svelta anche tu.”
Sento il ghiaccio scorrermi nelle vene. “Cosa? No.” Sussulto. “Stai bluffando.”
“Io non bluffo mai.”
Mi gira la testa e afferro lo schienale della sedia per mantenere l’equilibrio. “Ma perché lo fai? Questa ricerca potrebbe salvare delle vite.” La mia mente sta vorticando, cercando di elaborare un modo per recuperare i dati e portarli fuori da questo posto prima che salti per aria.
“È quello che ti hanno detto per convincerti a lavorare qui?” La calma che emana è quasi inquietante. Un’intelligenza tranquilla che mi trattiene dall’etichettarlo come pazzo.
Come ho fatto a scambiarlo per una guardia? Quando sposta gli occhi su di me, vedo che mi ero sbagliata: non sono azzurri. Hanno una strana tonalità giallastra. O forse è uno scherzo della luce.
“Ti hanno mentito.”
“No, è la verità. Lo so. Lavoro su questo progetto da metà della mia vita. E sono vicinissima a una scoperta fondamentale.” Non posso trattenermi dal voltarmi verso la stampante e prendere la risma di documenti. “Ti prego, le mie scoperte avranno un enorme significato per la gente. Parlo di gente senza speranza…” Un singhiozzo mi sale alla gola a interrompermi. In genere non manifesto emozioni. Mi sa che è la minaccia nella quale mi trovo a sortire questo effetto.
Lui fa un leggero passo avanti e mi scruta in volto per un momento. “Che cos’hai scoperto?”
“Le cellule su cui sto lavorando… sono resistenti alle malattie. E non solo. Si rigenerano pure. Ho quasi finito di estrarre la sequenza del DNA. Quando avrò terminato, potrò sostituirla.”
Vedo un leggero movimento nella sua espressione, ma non sono in grado di interpretarlo. “E poi?”
“Poi… userò le cellule per aiutare la gente. La gente che sta male. La gente che soffre di malattie debilitanti e letali, che non ha altre opzioni. Questa scoperta aiuterà un sacco di persone.” Mi interrompo, vedendo che le luci lampeggiano un’altra volta.
Si riaccendono un secondo, come trattenendo il fiato. Poi si spengono del tutto e ci troviamo avvolti dal buio. Vedo solo quel poco che èilluminato dal bagliore verde del segnale ‘Uscita’ sopra alla porta. La giovane guardia non si è mossa, e mi rendo conto che è tutto parte del piano. Il suo bel viso appare quasi esausto nella tenue luce emanata dagli schermi dei computer.
“Mi spiace” dice.
Qualcosa scatta in me. Corro verso la porta. Lui mi è addosso in un lampo e le sue braccia mi afferrano da dietro. Apro la bocca per urlare, ma lui soffoca il grido con una mano. Mi viene in mente che non ha usato la pistola. Perché?
“Calmati.” Mi riporta indietro. Sono più piccola di lui, e devo dire che è anche spaventosamente forte. “Non voglio farti del male. Voglio solo saperne di più sul dottor Smyth. Dove si trova adesso? Qui nella struttura?” Ha un odore caldo di pino e terra. Forse è segno che sono stata rintanata qui dentro per troppo tempo, ma la sensazione delle sue braccia attorno mi fa sentire bene. È come se mi stesse abbracciando, non intrappolando né bloccando. E non sono spaventata come forse dovrei. Ma non posso lo stesso permettere che mi rovini la ricerca. Mi leva lentamente le dita dalla bocca.
“Non so niente. Ti prego... mi hanno assunta solo qualche mese fa!”
“Però oggi l’hai visto?”
Annuisco.
“Era con qualcuno?”
“Un uomo di una certa età, un finanziatore. Don Santiago. Aveva un sacco di guardie del corpo” aggiungo. “Tipo una decina. Uomini armati. Una milizia.” Non so se glielo dico per spaventarlo o perché ho bisogno di raccontarlo a qualcuno, vista la bizzarria della cosa.
Il giovane mi fa girare in modo da trovarsi faccia a faccia con me. Mi stringe entrambi gli avambracci con presa salda ma non esagerata. Qualcosa nella sua vicinanza mi riporta in vita il corpo: i capezzoli si inturgidiscono e sento l’eccitazione scorrere tra le gambe. Ma è da pazzi essere attratti da un criminale.
“Sono nell’edificio?”
Scuoto la testa. “No, penso che se ne siano andati.”
“Dove? Smyth ha un ufficio qui?”
“Per favore…”
“Rispondimi!” dice con rabbia.
“No! Non so dove lavori. In genere ci interfacciamo al telefono o in videoconferenza.” Lo scruto nel buio. Ha due occhi che sembrano vecchi, confronto al viso giovane. Chiunque sia questo ragazzo, ha vissuto un’esistenza difficile.
“Come ti chiami?”
“Dottoressa Zhao. Layne.” Aggiungo il nome sperando che mi veda come una persona, non come un anonimo topo da laboratorio. Mi lecco le labbra. Per un istante il suo sguardo si posa su di esse. Lo vedo indeciso.
“Va bene, Layne.” Mi gira e mi blocca entrambi i polsi dietro alla schiena. “Adesso vieni con me.”
~.~
Sam
Il respiro spaventato di Layne mi angoscia mentre la spingo avanti, tenendole i polsi con una mano. Dopo averla vista così infervorata nel tentativo di convincermi delle sue ragioni, un po’ mi aspetto che tenti di scappare. Ma tiene invece la testa bassa e fa come le dico. Forse è sotto shock. O sta prendendo tempo. Ovviamente è furba.
La dottoressa Layne Zhao. Layne. Il nome mi tintinna nella testa come una melodia. Ha un profumo dolce, da gelsomino. A quanto pare è passato un sacco di tempo da quando ci ho provato con una femmina, perché il mio lupo è impazzito quando l’ho afferrata, e mi sono trovato la testa piena di immagini di lei carponi per terra e io che la prendevo forte da dietro.
Cristo. Sto perdendo il controllo. Non posso permettere alla pazzia della luna di impossessarsi ancora di me. Non posso. Se voglio chiudere l’operazione, devo mantenere sembianze umane. Non posso permettere che il buio abbia il sopravvento.
La spingo velocemente lungo il corridoio, strisciando il suo badge per aprire la porta. La vedo inclinare la testa verso la videocamera subito sopra e disegnare con le labbra la parola aiuto.
Peccato che una semplice manomissione abbia permesso di impostare una registrazione che prosegue in loop all’infinito. E poi ho già sedato i due che monitorano l’ingresso. La sicurezza è serrata, ma nessun sistema è impenetrabile. Sarà complicato uscire con un ostaggio, ma fin qui tutto bene.
Gli ostaggi non rientrano tanto nel mio stile, ma se sta dicendo la verità su Smyth e Santiago, allora lei è il collegamento più vicino che ho a loro. Insieme alla chiavetta piena di dati che quasi mi scotta nella tasca dei pantaloni.
Portare questa donna con me non ha niente a che vedere con il mio lupo che sta ululando perché la protegga, perché ha paura che non riesca a uscire prima che gli esplosivi facciano saltare tutto per aria.
Le luci si riaccendono e il mio ostaggio torna in vita, dimenandosi nel tentativo di liberarsi dalla presa.
Impreco, non voglio farle male. Ruota la testa e mi dà un colpo sul naso con la fronte, una mossa tanto sorprendente quanto sexy.
Sento lo scricchiolio del setto nasale e allento la stretta. Lei si divincola e parte di corsa lungo il corridoio.
Il mio lupo interpreta la mossa come un dannato gioco, e prima che possa filtrare la mia reazione si lancia dietro di lei. La blocco a terra, dove cadiamo entrambi in scivolata. Il suo flebile uff me lo fa venire duro contro alla morbida curva del suo culo. Una gocciolina di sangue cade dal mio naso sul suo collo, e devo cacciare indietro con sforzo le scuse che mi sono salite alle labbra.
È stata lei a spaccarmi il naso, per l’amor del cielo.
Mi stacco: ho più paura di perdere il controllo che di lasciarla scappare. Posso sempre riprenderla. Grazie alle mie doti da mutante, il naso ha già smesso di sanguinare e le ossa stanno tornando al loro posto. Sono grato al miracolo che ogni volta mi permette di guarire solo perché ricordo benissimo cosa significa essere troppo deboli perché si rimarginino le ferite.
Layne si mette carponi.
Le afferro le caviglie e la tiro indietro. Lei mi prende ancora una volta di sorpresa, ruotando e lanciando il suo corpo contro al mio, come a bloccarmi con la schiena a terra. Ovviamente non cedo, grazie alla mia forza da mutante, quindi va a finire che me la trovo a cavalcioni, con le braccia strette attorno al collo.
Ma ciaaaao, Layne, pensa il mio lupo, con tono suadente. La mia erezione preme contro al calore del suo inguine. Sento che mi infila la mano in tasca, alla ricerca della chiavetta con i dati.
Donna sveglia.
Le afferro il polso per fermarla, poi le infilo un braccio attorno alla vita. Non ho intenzione di tirarla più vicina, ma succede. Ok, forse l’intenzione c’era.
Perché sto perdendo la lotta contro il mio lupo.
Cielo, vorrei che non fosse così dannatamente attraente. Ha le guance arrossate, e cazzo, sono lentiggini quelle che ha sul naso?
Il mio lupo ansima e mi fa avvicinare il naso al suo collo. Mi ci vuole tutto il mio sforzo per controllarmi e non tirare fuori la lingua per assaggiarne il sapore.
“Dottoressa Zhao, mi piacerebbe un sacco ballare il mambo orizzontale con te ancora per un po’, ma non abbiamo tempo. Dobbiamo uscire di qui prima che questo posto salti per aria.”
Le lacrime le salgono agli occhi e l’effetto sulle mie viscere è devastante.
Il mio lupo arretra, l’aggressività del tutto impantanata.
“Ma la mia ricerca...” Sembra davvero distrutta.
Ma dai…
Wow. Questa qui si cura più della sua ricerca che della propria vita. Che cosa… affascinante.
“Se vuoi che la tua ricerca venga conservata, allora devi venire con me, capito?” Le sventolo la chiavetta davanti agli occhi. Meschino da parte mia dato che non ho nessuna intenzione di restituirle i dati, ma devo portarla fuori da questo edificio prima che esploda. Me la levo di dosso, mi alzo rapidamente in piedi e ricomincio a spingerla lungo il corridoio.
Sembra accettare la mia logica, perché stavolta cammina rapida insieme a me. “Dove stiamo andando?”
“Fuori. Sto cercando di metterti in salvo, dottoressa.”
“In salvo da cosa? Sei tu quello con la pistola e gli esplosivi.”
Scelgo di non rispondere. Non abbiamo proprio tempo per spiegarle che si trova dalla parte sbagliata della ricerca etica. Non penso che abbia la minima idea di cosa stia realmente accadendo in questi laboratori.